La Torcia Umana: Arrivano le storie classiche – Recensione Marvel Masterworks

Pubblicato il 22 Dicembre 2015 alle 11:15

Arrivano le storie classiche della Torcia Umana da tempo introvabili! Non perdete le avventure di Johnny Storm con l’esordio di criminali del calibro di Wizard e di Trapster, firmate da Stan Lee, Larry Lieber e Jack Kirby!

Negli anni sessanta Fantastic Four era la collana di maggior successo della Marvel, non solo a causa dell’importanza innegabile del Favoloso Quartetto che diede vita all’Universo Marvel ma pure per l’inventiva dei loro autori, i mitici Stan Lee e Jack Kirby. Sin dal principio, i lettori furono colpiti in particolare dalla Cosa e dalla Torcia Umana e il Sorridente decise di sfruttare il riscontro del gruppo ideando un serial dedicato a Johnny Storm.

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Naturalmente, gli altri componenti del team apparivano in numerose occasioni ma le vicende erano imperniate sul più giovane e scapestrato componente dei Fab Four. Essendo un teenager, poteva risultare coinvolgente agli occhi dei ragazzi che erano già stati conquistati dall’Uomo Ragno. A differenza di Peter Parker, però, Johnny non è timido, non è un nerd, non ha problemi con i compagni di scuola e ha successo con le ragazze. Tuttavia, c’erano i presupposti per narrare avventure interessanti.

La serie fu pubblicata su Strange Tales e per alcuni anni ebbe un’ottima accoglienza. Questi episodi erano da tempo introvabili e Panini Comics li ripropone in un volume della collana Marvel Masterworks che include i nn. 101-117 del comic-book. Avrete quindi modo di assistere ai primi passi di Johnny Storm nella sua attività di giustiziere solitario. Nella maggior parte dei casi, infatti, Johnny tende ad agire per conto suo, cercando di affrancarsi dalla guida di Reed e dall’influenza della sorella maggiore Sue. E spesso si mette nei guai.

Stan Lee, coadiuvato dal fratello Larry Lieber, imposta quindi le caratteristiche basilari della serie. Johnny non sempre si trova nel Baxter Building ma, almeno all’inizio, abita nel sobborgo di Glenville in compagnia di Sue e tenta di vivere come un adolescente qualsiasi, frequentando le superiori e avendo una storia con la sua girlfriend ufficiale, Doris Evans. Ma non mancano i criminali. Il primo villain è il dimenticato Distruttore e il Sorridente gli contrappone poi tanti criminali, cercando di ideare uno specifico pantheon di avversari, diversi da quelli presenti in Fantastic Four.

Alcuni si riveleranno importanti. E’ il caso del geniale e perfido Wizard che esordisce nel n. 105 e che diventerà uno dei più acerrimi nemici di Reed Richards; o del farsesco Pete l’Uomo Colla, presente nel n. 104 e più noto come Trapster. Altri, invece, come l’Acrobata, il Pittore, lo Stregone, l’Uomo d’Amianto, sono caduti nel dimenticatoio. La serie della Torcia Umana da un lato è assimilabile a quelle Marvel dello stesso periodo ma è al contempo più classica e convenzionale.

Il concetto dei ‘supereroi con super problemi’ è quasi del tutto assente e le avventure sono dominate dal contesto supereroico. Non esistono vicissitudini private, come nel caso del coetaneo Peter Parker, e anche i battibecchi ricorrenti tra Johnny e Doris risultano in fondo irrilevanti ai fini delle trame. Forse fu per questo motivo che la serie non ebbe lunga vita, almeno se paragonata alle altre della Casa delle Idee.

Non significa però che le storie siano poco valide. Lee a volte scrive testi da solo, in altre collabora con vari sceneggiatori. Tra essi vanno citati Robert Bernstein, H.E. Huntley, Ernie Hart e soprattutto il misterioso Joe Carter. Quest’ultimo è citato nei credits dei nn. 112-113, relativi alle macchinazioni della Bomba Vivente e dell’Uomo Pianta. Secondo alcuni, Carter era nientemeno che Jerry Siegel, uno dei padri di Superman, che si firmò con uno pseudonimo per evitare problemi con la DC. Non ci sono tuttavia certezze al riguardo.

In effetti, la saga della Torcia Umana a tratti fa più pensare alle serie DC che a quelle dell’innovativa Marvel dei sixties. Le atmosfere sono da b-movie fantascientifico, come nel caso del n. 103 ambientato nella minuscola Quinta Dimensione o del n. 109 imperniato sulle magie dell’inquietante Stregone. E pure dal punto di vista dei disegni, Strange Tales sembra più tradizionale.

Jack Kirby illustra i primi episodi ma le chine di Dick Ayers smorzano il vigore e il dinamismo delle matite. E’ lo stesso Ayers che poi disegnerà la maggior parte degli albi, risultando efficace ma poco innovativo per gli standard dell’epoca. Non mancano però collegamenti al Marvel Universe che stava entusiasmando i lettori. Nel n. 115 appare, per esempio, l’Uomo Ragno, sovente in combutta con Johnny, e i due se la vedranno con l’Uomo Sabbia. Nel n. 116, Johnny deve affrontare la Cosa, mentalmente controllato dal perfido Burattinaio; nel n. 107 c’è Sub-Mariner. Sono tutti riferimenti agli eventi della collana madre Fantastic Four.

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Nel volume c’è inoltre il n. 114 che ha un’importanza innegabile. E’ la prima apparizione moderna di Capitan America. L’episodio precede il leggendario n. 4 di Avengers che rappresentò l’ingresso ufficiale di Steve Rogers nella Silver Age. La story-line riguarda gli intrighi dell’Acrobata, uno dei villain ricorrenti di Strange Tales, che compie crimini fingendo di essere Cap, da tutti creduto morto durante la Seconda Guerra Mondiale. Con questa storia Lee chiarisce che in passato è esistito Capitan America e imposta le premesse che porteranno al suo ritorno nei mesi successivi.

Nel libro c’è pure il secondo annual di Strange Tales che propone un team-up tra la Torcia Umana e l’Uomo Ragno alle prese con la dimenticata Volpe. I testi sono dell’onnipresente Stan e i disegni di Kirby, assistito alle chine da Steve Ditko. In pratica, si tratta dei tre autori che hanno impostato le basi del Marvel Universe. Questo volume è quindi un pezzo di storia dei comics e non può mancare nella libreria di un fan della Casa delle Idee.

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