Star Wars: L’attacco dei Cloni – Recensione

Pubblicato il 15 Dicembre 2015 alle 01:20

Molti sistemi stellari hanno dichiarato la loro intenzione di staccarsi dalla Repubblica che ritengono corrotta. Il Movimento Separatista, guidato dal Conte Dooku, Jedi decaduto, costituisce una minaccia sempre più pericolosa. Padmé, senatrice ed ex-Regina di Naboo, giunge su Coruscant per votare contro la fondazione di un esercito della Repubblica. Viene così posta sotto la protezione di due vecchi amici: il Maestro Jedi Obi-Wan Kenobi e il suo allievo padawan Anakin Skywalker.

L'attacco dei cloni

Le aspre critiche che avevano accolto La Minaccia Fantasma resero George Lucas insicuro circa l’Episodio II e chiese aiuto allo sceneggiatore Jonathan Hales. Seppur non privo di difetti e ancora soffocato dalla cgi, il film restituì comunque al pubblico un’avventura dal tono più adulto con Anakin cresciuto e finalmente l’inizio di quella Guerra dei Cloni di cui si parlava nel capostipite della saga (tradotta in italiano con l’incomprensibile Guerra dei Quoti). Insomma, almeno a livello concettuale, era quello che i fan avrebbero voluto vedere nell’Episodio I.

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L’avvio del film è promettente, un attentato ai danni della senatrice Padmé, cacciatori di taglie che vogliono la sua testa, Obi-Wan e Anakin versione buddy movie alla Arma Letale in uno spericolato inseguimento nei trafficatissimi cieli di Coruscant, un locale malfamato e una mutaforma a cui viene amputato il braccio armato da Obi-Wan come farà nella cantina di Una Nuova Speranza. Jar Jar Binks in panchina. Una curiosità: se nell’episodio precedente, nel seguito di Padmé figurava una sconosciuta Keira Knightley. Qui tocca a Rose Byrne.

Poi la storia si divide in due linee narrative e rallenta. Obi-Wan intraprende un’indagine sulle tracce di Jango Fett, tentativo maldestro di Lucas di resuscitare quel Boba Fett eliminato male e troppo in fretta ne Il Ritorno dello Jedi. Per poter rilanciare il personaggio nel prequel bisogna fare marcia indietro e Boba diventa il clone-figlio di Jango, che risulta molto più potente. Mostrare Boba da piccolo, oltretutto, lo priva della sua aura di mistero, lo smitizza e viene anche diluito nell’esercito di cloni che ha Jango come matrice. L’unicità di Boba in quanto clone non modificato sembra un semplice pretesto per non creare incongruenze con l’età del personaggio piuttosto che un tentativo di conservarne l’integrità.

Quand’era assistente di Coppola, Lucas fu in lizza per dirigere Apocalypse Now. Il viaggio di Obi-Wan è vagamente ispirato a quello del capitano Willard in Vietnam che arriva a confrontarsi con il colonnello Kurtz, disertore impazzito per gli orrori che ha dovuto sopportare e fondatore di una propria legione in Cambogia. Obi-Wan ha invece a che fare con un Jedi decaduto, passato al Lato Oscuro della Forza. Si tratta del Conte Dooku, interpretato da Christopher Lee, leggendario Dracula cinematografico a cui il nome del Sith rende omaggio.

Ancora una volta è l’Italia a fornire gli scenari per il florido Naboo. Sulle sponde del lago di Como ha inizio la love story tra Anakin e Padmé, sentimento pericoloso e compromettente per entrambi. Le divertenti schermaglie amorose a cui ci avevano abituati Han Solo e Leia lasciano qui il posto a stucchevoli dialoghi romantici. Se Natalie Portman è sempre più adorabile, Hayden Christensen, nel ruolo di Anakin, è inespressivo ed impostato. Un personaggio col quale non si riesce ad empatizzare fino in fondo neanche quando compie il suo primo passo verso il Lato Oscuro della Forza sterminando i predoni Tusken che hanno ucciso sua madre.

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Lo scontro sulla catena di montaggio dell’esercito droide separatista è la scena d’azione più bella e complessa del film durante la quale R2-D2 sfodera degli inediti razzi che gli permettono di volare. La battaglia finale è fin troppo abbondante. Si parte da un tributo ai peplum con i nostri eroi alle prese con enormi bestie aliene nell’arena di Geonosis, poi la carica dei Jedi contro le forze separatiste che avrebbe forze richiesto un afflato registico più epico, l’arrivo dell’esercito di Cloni e il consueto scontro con le spade laser a cui prende parte un inedito Yoda saltellante.

Se la precedente trilogia presentava un conflitto nel quale era piuttosto chiaro da che parte stare, l’intenzione di Lucas nei prequel è quella di proporre una guerra più nebulosa nella quale tutti sembrano stare dalla parte del torto. Non a caso, John Williams usa l’iconica Marcia Imperiale per accompagnare la maestosa sequenza finale dell’esercito dei cloni che è però al servizio della Repubblica. Nonostante tutto, la dicotomia guerra-amore funziona piuttosto bene e lo spettacolo visivo tiene ancora per i capelli un film che scontenta ancora buona parte dei critici ma riconcilia la saga almeno con lo zoccolo duro dei fan.

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