Star Wars: La Minaccia Fantasma – Recensione

Pubblicato il 14 Dicembre 2015 alle 00:45

La tassazione sulle rotte commerciali spinge l’avida Federazione dei Mercanti a porre un blocco navale sul pacifico pianeta Naboo che diventa presto un’invasione. Il maestro Jedi Qui-Gon Jinn e il suo allievo padawan Obi-Wan Kenobi riescono a salvare la benevola Regina Amidala dall’esercito di droidi della Federazione. Durante la fuga, sono costretti a naufragare sul desertico pianeta Tatooine dove incontrano un bambino di nome Anakin Skywalker. Qui-Gon è convinto che si tratti dell’eletto destinato a riportare equilibrio nella Forza.

La Minaccia Fantasma

Sedici anni. Tanta fu l’attesa dei fan di Star Wars per La Minaccia Fantasma, primo episodio della trilogia prequel. In quel lungo lasso di tempo la trilogia classica aveva raggiunto lo status di una vera e propria religione arricchita dall’universo espanso multimediale. Per George Lucas, scrivere e dirigere i prequel significava dare un antefatto alla Bibbia. La Minaccia Fantasma uscì nelle sale con il peso di aspettative troppo alte da parte del pubblico ma il regista ci mise del suo per irritare i fan.

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Lucas aveva atteso che la tecnologia digitale gli permettesse di ricreare fedelmente i mondi da lui immaginati. Ne risultò un film caricò di ambientazioni e personaggi in cgi che toglieva molta tangibilità e realismo al contesto. Come se non bastasse, decise di partire da troppo lontano nel raccontare le origini di Anakin Skywalker, il futuro Darth Vader, portando sullo schermo una guerra che aveva solo lontanamente a che fare con i più importanti conflitti futuri.

Se la trilogia classica reggeva sulla semplicità di una guerra tra l’eroica Alleanza Ribelle e il malvagio Impero Galttico, qui il pubblico si trova alle prese con tassazione di rotte commerciali, franchigie, dibattiti in Senato e burocrazia in un intreccio difficile da comprendere per i piccoli spettatori nonostante il tono del film sia costruito su misura per loro.

Liam Neeson e Ewan McGregor, in piena ascesa, sono i due eroici Jedi che devono affrontare i poco minacciosi droidi della Federazione dei Mercanti in una serie di scontri piuttosto ripetitivi e poco esaltanti. La Reggia di Caserta fornì gli interni per il Palazzo Reale di Naboo, sede della Regina Amidala, una giovanissima Natalie Portman. La doppia identità della sovrana che veste i panni dell’ancella Padme Naberrie, suo vero nome, è facilmente intuibile. Curiosamente, l’attrice che interpreta la Regina durante uno scambio d’identità è l’allora sconosciuta Keira Knightley.

A inizio film conosciamo Jar Jar Binks, il primo personaggio nella storia del cinema ad essere realizzato completamente in cgi, interpretato in motion capture da Ahmed Best, divenne anche il più odiato della saga. Un incrocio tra Pippo e uno stereotipo razziale, pretesto solo per irritanti e puerili gag slapstick.

Come accadde nel capostipite della saga, durante la produzione in Tunisia, il set venne distrutto da una terribile tempesta. Su Tatooine ritroviamo finalmente le ambientazioni tangibili della trilogia classica anche se popolate da tantissime creature in digitale come il rigattiere Watto e Sebulba, scorretto campione delle Podraces.

Com’è noto, Lucas non è molto bravo a comunicare o a dirigere gli attori e il suo ritorno alla regia ebbe ripercussioni negative sulla caratterizzazione dei personaggi. In particolare, il piccolo Anakin Skywalker, interpretato da Jake Lloyd, risultò troppo perfettino e respingente per il pubblico con tutti i suoi “Ooops!” che lo rendono quasi più irritante di Jar Jar Binks. Anche le sue origini fecero discutere. Anakin è nato da un’immacolata concezione e nel suo sangue scorrono i midichlorian, particelle simbionti della Forza. Ricondurre un elemento mistico come la Forza ad un fattore biologico fece inorridire i fan della saga.

Il regista riversò nel film tutta la sua passione per i motori e la Formula 1 e la scena madre è proprio la corsa con gli “sgusci” che diventa fondamentale per i protagonisti attraverso dei forzosi pretesti narrativi. In effetti la sequenza è spettacolare ed è uno dei momenti che riscatta almeno in parte la pellicola.

Su Coruscant, pianeta metropoli e capitale della galassia, ha sede il Consiglio dei Jedi presieduto da Yoda, d’aspetto troppo diverso rispetto al pupazzo originale, e da Mace Windu, un già carismatico Samuel L. Jackson, la cui importanza sarebbe cresciuta negli episodi successivi. Dopo qualche lentezza e bega burocratica si arriva finalmente alla battaglia finale che segue quattro linee narrative.

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Anakin ed R2-D2 attaccano la nave principale della Federazione dei Mercanti in una battaglia stellare che non pulisce neanche i piedi ai due assalti alla Morte Nera dei film precedenti. Lo scontro tra i gungan e l’esercito di droidi è solo il pretesto per altre gag di Jar Jar. La sequenza in cui Padme e i suoi uomini catturano il vicerè della Federazione dei Mercanti si basa su un semplice ma efficace bluff molto vecchia scuola. La scena più memorabile resta lo scontro con le spade laser che vede Qui-Gon e Obi-Wan affrontare Darth Maul, uno dei più bei villain della saga, sotto le note di Duel of the Fates composta da John Williams.

Com’era prevedibile, il film registrò incassi stratosferici ma la delusione fu cocente. Troppo lontano nel tono e nei contenuti dai canoni a cui erano stati abituati i fan. Lucas realizzò un’opera autoriale, tutto sommato onesta, ma le avventure del piccolo Anakin, con Jar Jar Pippo e le corse degli Sgusci sembrano un’idea che avrebbe potuto rendere meglio come serie animata.

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