Star Wars: Il Ritorno dello Jedi – Recensione
Pubblicato il 13 Dicembre 2015 alle 00:26
Luke Skywalker torna su Tatooine per strappare l’amico Han Solo dalle grinfie del malvagio Jabba the Hutt. Nel frattempo, l’Impero ha iniziato la costruzione di una nuova Morte Nera ancor più potente della precedente. Mentre Luke si prepara allo scontro finale con Darth Vader per diventare un Cavaliere Jedi, i suoi compagni vanno incontro ad una terribile trappola.
Il successo de L’Impero colpisce ancora ebbe alcuni risvolti amari per George Lucas che continuava a sbandierare con fierezza il suo spirito indipendente. Nei due film di Star Wars che aveva diretto e prodotto aveva inserito i titoli di testa alla fine delle pellicole, scelta inconsueta all’epoca. Per il primo film gli era stato permesso, per il secondo venne multato. L’associazione registi fece causa per questo ad Irvin Kershner, che aveva diretto L’Impero colpisce ancora. Alan Ladd Jr., sostenitore di Lucas presso la Fox, diede le dimissioni quando il suo contratto venne messo in discussione.
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Irritato, Lucas portò la sua nuova idea per un film d’avventura alla Paramount Pictures. Si trattava de I Predatori dell’Arca Perduta e fu diretto da Steven Spielberg. Il regista de Lo Squalo e E.T. – L’Extraterrestre era la prima scelta di Lucas anche per dirigere l’episodio conclusivo della trilogia di Star Wars ma non fu possibile. In seguito alla persecuzione subita, Lucas aveva infatti abbandonato le associazioni dei registi e degli sceneggiatori e non potè ingaggiare l’amico Steven. Ripiegò così sul gallese Richard Marquand che lo aveva ben impressionato con il thriller La cruna dell’ago, tratto dal romanzo di Ken Follett.
L’Episodio VI della saga fu intitolato La Vendetta dello Jedi ma Lucas lo cambiò poco prima dell’uscita nelle sale con Il Ritorno dello Jedi poiché ritenne che la vendetta non è degna di uno Jedi. Il film viene considerato il meno riuscito della trilogia e le prime motivazioni del malcontento sono da ricercare nella storia che, secondo lo sceneggiatore Lawrence Kasdan, avrebbe dovuto prendere una piega diversa rispetto alle scelte più buoniste e commerciali di Lucas.
Perno della vicenda è ancora il rapporto padre-figlio tra Luke e Darth Vader. Il protagonista veste ora di nero a simboleggiare la transizione avvenuta attraverso i primi due film nei quali indossava prima dei vestiti bianchi e poi grigi. La crescita del personaggio, ora adulto e sicuro di sè, è evidente fin da subito e la sua intenzione è quella di redimere Darth Vader nonostante Yoda e Obi-Wan lo ritengano impossibile. Dello stesso parere il malvagio Imperatore Palpatine, interpretato dall’attore scozzese Ian McDiarmid, un diavolo tentatore che vuole invece sedurre Luke per portarlo al Lato Oscuro della Forza.
Sia Harrison Ford che Kasdan pensavano che Han Solo dovesse morire all’inizio del film lasciando il posto a Lando Calrissian che sembrava essere stato inserito ne L’Impero colpisce ancora proprio per questo scopo. Lucas, invece, decise di far restare in vita Han, si dice, per favorire lo sfruttamento commerciale del personaggio. Tuttavia il suo arco narrativo nel film non riserva gli stessi momenti iconici che lo hanno reso memorabile nei precedenti.
Lucas aveva deciso che Luke e Leia fossero fratello e sorella fin dall’inizio della trilogia. Tuttavia, guardando Il Ritorno dello Jedi, si ha la sensazione che il colpo di scena in tal senso sia un tentativo per cercare di ricalcare in chiave minore la sconvolgente rivelazione de L’Impero colpisce ancora circa il fatto che Darth Vader fosse il padre di Luke. In questo caso, il legame di parentela tra Leia e Luke non avrà alcun autentico risvolto nel prosieguo del film e sembra servire solo per risolvere senza drammi il triangolo sentimentale con Han.
Uno degli aspetti più criticati è la sovrabbondanza di pupazzi ed esseri in costume. Si rivelano comunque funzionali per l’atmosfera horror del palazzo di Jabba the Hutt, il viscido gangster lumacone che costringe Leia in un costume da schiava. La sottomissione quasi bondage della donna verrà riscattata con la più tipica delle leggi del contrappasso quando Leia strangolerà Jabba con la stessa catena.
Spettacolare lo scontro di Luke contro il Rancor, mostro gigante mosso in stop-motion, e lo scontro sul galeone a vela presso il Pozzo di Carkoon che si rifà ai vecchi film di pirati, a cominciare dallo splendido funambolismo del protagonista sul trampolino per scampare alle fauci del Sarlacc, lo squalo della situazione. Per la disperazione dei fan, nella battaglia trova una fine ingloriosa e immeritata il cacciatore di taglie Boba Fett che verrà resuscitato nell’universo espanso recentemente cancellato dalla Disney.
Sulla luna boscosa di Endor si svolge l’adrenalinico inseguimento con i motospeeder, una delle sequenze più divertenti del film. Qui fanno il loro ingresso gli Ewoks, una tribù di orsetti. Amati e odiati dal pubblico, gli Ewoks scaturiscono dall’animo intenerito di papà Lucas che aveva da poco avuto una bambina e sono la sua versione degli Ent, gli alberi viventi de Il Signore degli Anelli, la natura che distrugge le macchine dell’industria.
Se il tema ecologico era stato però centrale fin dall’inizio nell’opera di Tolkien, Lucas non lo aveva mai affrontato direttamente e gli Ewoks sembrano stonare nel contesto della storia fin qui narrata. Successivamente gli orsetti divennero comunque i protagonisti di film, serie animate e fumetti. Wicket, l’Ewok principale, è interpretato dal nano Warwick Davis che sarebbe stato poi il protagonista di Willow, fantasy diretto da Ron Howard da un soggetto dello stesso Lucas.
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La scelta di inserire una seconda Morte Nera appare ripetitiva, tuttavia le dinamiche dell’attacco sono diverse e la grande battaglia finale è ricca di sequenze mozzafiato. Molti ritennero blasfemo che fosse Lando e non Han a pilotare il Falcon nello scontro decisivo. Il duello con le spade laser tra Luke e Darth Vader non può invece reggere il confronto con le più elaborate coreografie dell’episodio precedente ma il momento di redenzione di Vader che si rivolta all’Imperatore salvando la vita al figlio è l’apice emotivo del film.
Tra gli assolutismi dei Jedi e dei Sith, convinti che dal Lato Oscuro non ci sia ritorno, vince l’umanità di Anakin Skywalker, salvato dal figlio Luke. Con un po’ di coraggio in più, Il Ritorno dello Jedi avrebbe potuto essere un terzo capolavoro. Nonostante qualche fragilità resta comunque la conclusione avvincente della più celebre trilogia nella storia del cinema.