Heart of the Sea – Le origini di Moby Dick – Recensione

Pubblicato il 9 Dicembre 2015 alle 23:47

1850, Nantucket. Lo scrittore Herman Melville incontra Thomas Nickerson, uno dei superstiti della baleniera Essex, affondata dall’assalto di una balena bianca. La nave era comandata dall’arrogante ed inetto capitano George Pollard, appartenente ad una famiglia facoltosa, in contrasto con il più umile e competente primo ufficiale Owen Chase. Dalle terribili vicissitudini dei naufraghi, Melville trarrà spunto per scrivere un caposaldo della letteratura mondiale: Moby Dick.

Heart of the sea

Romanzare una storia reale da cui è stato tratto un romanzo. Ron Howard sembra il regista più adatto per raccogliere una sfida simile. Non solo ha realizzato trasposizioni da romanzi piuttosto difficili come la trilogia letteraria di Dan Brown (Il Codice da Vinci, Angeli e Demoni e il prossimo Inferno) ma è anche uno dei migliori in assoluto a prendere vicende reali e a trasformarle in avvincenti spettacoli cinematografici (Apollo 13, A Beautiful Mind, Cinderella Man, Frost/Nixon, Rush). Raccontare “la storia dietro la leggenda” è un fenomeno in voga ad Hollywood in un periodo di destrutturazione del mito e di forte tendenza, talvolta stucchevole, al realismo.

In questo caso si tratta dell’affondamento della baleniera Essex ad opera di una balena bianca che ha fornito a Melville lo spunto per Moby Dick. Chris Hemsworth, il Thor cinematografico, è il primo ufficiale Owen Chase che dimostra rispetto verso la sovrastante forza della natura mentre Benajmin Walker, nel ruolo del Capitano Pollard, ha la presunzione di poterla domare. Lo scontro tra due figure carismatiche è ricorrente nella cinematografia di Howard, come in Rush, sempre con Hemsworth, e in Frost/Nixon, ma stavolta il conflitto è sviluppato per sommi capi.

Il resto del cast, che deve fare a meno di una presenza femminile, è lasciato molto in disparte e i personaggi secondari restano appena abbozzati nonostante degli interpreti di ottimi livello come Cillian Murphy, lo Spaventapasseri del Batman nolaniano, e il giovane Tom Holland, il prossimo Spider-Man cinematografico, la cui controparte anziana è interpretato dal fantastico caratterista Brendan Gleeson.

Howard si concentra soprattutto sullo spettacolo visivo e la tangibile ricostruzione scenografica. Il regista prende lo spettatore e lo butta sul ponte di legno della Essex mentre la balena bianca attacca la nave in una maestosa sequenza catastrofica da antologia. Poi però la balena sparisce e il film diventa una risaputa avventura di sopravvivenza con tutti i cliché del caso: i naufraghi devono resistere agli stenti per giorni sulle scialuppe, l’approdo su un’isola deserta, il cannibalismo e tutta la solita trafila.

A gravare sul film è soprattutto il retorico messaggio ecologista con la macellazione delle balene presentata attraverso dettagli splatter per far inorridire il pubblico. Banale anche il pistolotto finale sull’avidità che spinge l’uomo ad ogni genere di efferatezza. L’epilogo è inoltre salvifico e buonista.

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