Batman Returns di Tim Burton
Pubblicato il 1 Giugno 2015 alle 14:30
Nel 1989, subito dopo l’incredibile successo di Batman, il kolossal di Tim Burton, la Warner voleva produrre immediatamente un sequel da iniziare a girare già nel ’90.
Il regista, tuttavia, aveva dei dubbi ed era restìo a realizzare un film solo per motivi commerciali affermando che sarebbe tornato su Batman solo se la sceneggiatura avesse offerto qualcosa di nuovo ed eccitante. In attesa di ulteriori sviluppi, si dedicò allora al progetto Edward mani di forbice che si sarebbe rivelato un altro successo.
Il regista si convinse definitivamente a realizzare il sequel quando la Warner gli concesse maggior controllo creativo. Burton capì allora di poter avere un approccio più autoriale al materiale originale e di poter sviluppare tematiche e contenuti più inerenti alla sua visione. Bob Kane, creatore di Batman, venne naturalmente riconfermato come consulente creativo.
Sam Hamm, sceneggiatore del primo episodio, scrisse un soggetto che contemplava la presenza del Pinguino e di Catwoman come villains. Burton non ne fu soddisfatto e chiese una seconda stesura a Daniel Waters che lo aveva impressionato con lo script della black-comedy Heathers. Waters diede alla storia una forte impronta di satira sociale e politica, eliminò il procuratore distrettuale Harvey Dent, che non aveva un ruolo determinante, e Robin, prima ipotizzato come leader di una gang di strada e poi come giovane meccanico di colore. Jon Peters e Peter Guber, produttori del primo film, divennero produttori esecutivi. Il budget stanziato era di 80 milioni di dollari.
Dopo il suicidio di Anton Furst, premio Oscar per la scenografia nel primo film, Burton si affidò a Bo Welch, che aveva lavorato con lui in Beetlejuice ed Edward. Welch ridisegnò Gotham combinando diversi stili architettonici, dal fascista all’espressionismo tedesco passando per il russo e il futuristico in stile World’s fair. Per Gotham Plaza, dove si svolgevano molte delle scene principali, si ispirò al Rockefeller Center. In tono con la presenza del Pinguino e la sua gelida tana acquatica nello zoo, Welch ammantò di neve la città in pieno clima natalizio.
Il vero cattivo del film sarebbe stato il viscido industriale Max Shreck, inesistente nel fumetto, un omaggio al quasi omonimo attore che interpretò il Nosferatu di Murnau nel ’22, una delle pellicole che hanno maggiormente influenzato la cinematografia di Burton.
In contrapposizione alla figura di Bruce Wayne, miliardario che indossa la maschera da pipistrello per fare giustizia, lo Shreck ideato da Sam Hamm è un vampiro moderno che intende costruire una falsa centrale elettrica destinata in realtà a succhiare energia da Gotham.
Interpretato da un maestoso Christopher Walken, Shreck appare proprio come una sorta di conte Dracula, coi capelli bianchi, il volto pallido e gli occhi ombrati, illuminato in maniera inquietante dalla fotografia di Stefan Czapsky che pure aveva collaborato con Burton in Edward e, a proposito di succhiasangue, aveva lavorato in Stress da vampiro con Nicholas Cage.
Ispirandosi alla mascotte di una marca di sigarette, Bob Kane e Bill Finger crearono il Pinguino nel ’41 sulle pagine di Detective Comics. Oswald Chesterfield Cobblepot, questo il suo vero nome, aveva un aspetto tracagnotto e un naso allungato a becco, indossava un frac, un monocolo ed era armato di ombrelli che potevano sparare o emettere gas nocivi.
Il personaggio è stato stravolto all’inizio degli anni ’90 proprio in seguito alla reinterpretazione in Batman returns per poi tornare ai connotati originali. Ladro e gangster autoproclamatosi gentleman del crimine, è un appassionato di ornitologia proprietario del night-club Iceberg Lounge copertura dei suoi loschi traffici.
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Waters decise di accentuare la componente freak del personaggio rendendolo un emarginato, figura assai cara a Tim Burton e ricorrente nella sua cinematografia. Oswald è figlio deforme di una coppia di aristocratici che, terrificati dal suo aspetto, lo gettano ancora in fasce nel fiume di Gotham City la notte di Natale. Proprio come accade a Mosé, che ha a sua volta ispirato le origini di Superman, la culla del bimbo viaggia sulle acque fino allo zoo dove viene tratto in salvo dai pinguini, di cui assumerà le caratteristiche proprio come accade a Tarzan, salvato invece dalle scimmie.
Danny DeVito non solo dimostrò una fisicità perfetta per il ruolo ma tirò fuori forse l’interpretazione più grande della sua carriera, esaltata dal make-up inquietante di Stan Winston e imprigionato in un costume scomodo che favoriva l’irascibilità del personaggio, ripudiato dalla nobiltà di Gotham e divenuto dapprima fenomeno da baraccone e poi leader del Circo del Triangolo Rosso, una pericolosa gang criminale. Tra gli accessori fumettistici che andarono a completare il Pinguino, una varietà di ombrelli dagli usi più svariati e il veicolo a forma di paperella su cui si muoveva.
Risalito in superficie, il Pinguino, viene manovrato da Shreck che sfrutta la compassione della città per il povero mostro ripudiato con lo scopo di farlo eleggere sindaco per autorizzare la costruzione della sua centrale elettrica.
Qui la componente satirica è fortissima, sia per l’ascendente che il personaggio pubblico ha nei confronti dei cittadini volubili, sia per gli intrallazzi elettorali, con la banda del Triangolo Rosso che saccheggia Gotham per screditare il sindaco in carica. Una figura politica non così lontana da molte di quelle reali.
L’idea di candidare alle elezioni il Pinguino risale ad un episodio della serie tv anni ’60 nella quale il criminale era interpretato dal grande Burgess Meredith (l’allenatore ebreo Mickey nella saga di Rocky).
Nella sceneggiatura mancava un piano finale per il Pinguino. Lo sceneggiatore Wesley Strick ideò inizialmente l’ibernazione della città, che sarebbe poi stato utilizzato nel quarto film della serie, e poi lo sterminio dei primogeniti, vendetta del reietto che intende far subire ai gothamiti le sue stesse sofferenze. La marcia dei pinguini armati di missili è la scena più maestosa e favolistica del film. Sul set, l’esercito era composto da veri pinguini, attori in costume, animatroni e creature in cgi.
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Catwoman, alias Selina Kyle, creata invece nel ’40 sempre da Kane e Finger, era un’abile e bellissima ladra di gioielli che aveva intrecciato un ambiguo rapporto tra conflitto etico e attrazione sentimentale con Batman. Waters decise di mantenere questa tensione tra i due personaggi ma rese Selina una figura di emancipazione femminile partendo da una donna che doveva essere al punto più basso della società.
Com’era accaduto a Sean Young per Vicki Vale nell’episodio precedente, l’attrice scelta per il ruolo, Annette Bening, dovette rinunciare, stavolta a causa di una gravidanza. La parte andò a Michelle Pfeiffer che prese lezioni di kickboxing per approcciarsi al personaggio. Remissiva segretaria di Shreck, Selina è lo stereotipo della donna vessata e repressa.
Quando scopre i piani del suo superiore, o per meglio dire, del suo padrone, lui la scaraventa giù da una finestra e lei viene resuscitata da un branco di gatti randagi. Idea questa che, due anni dopo, ricorrerà nel cinecomic Il corvo, tratto dal fumetto di O’Barr dei primi anni ’80, dove il protagonista, pure ucciso dalla malavita, viene riportato in vita appunto da un corvo per vendicarsi.
Liberando la sua aggressività, il suo lato animalesco e sensuale, Selina indossa il costume di Catwoman trasformandosi in una figura conturbante e seducente rimasta nell’immaginario popolare come icona sexy-fetish ai limiti del sadomaso.
Vennero realizzati sessanta “catcostumi” da mille dollari l’uno. A testimoniare le analogie di design tra Edward mani di forbice e Batman returns, l’aspetto del costume risulta quasi la versione al femminile del personaggio interpretato da Johnny Depp, con cuciture e artigli da felino al posto di borchie, cinghie e lame. Burton caratterizza Catwoman giocando anche con il folklore. Selina viene uccisa ben otto volte (sollevando il dilettevole dilemma su quante siano le vite dei gatti: sette o nove).
La sua ricomparsa nell’epilogo è stata aggiunta in postproduzione con l’uso di una controfigura.
Michael Keaton tornò ad interpretare Batman, stavolta in un costume rinnovato, più comodo e flessibile di quello del primo film.
Questo episodio permetteva dei nuovi approfondimenti sul personaggio a partire dalla relazione con Selina, non più una figura femminile che getta luce nell’oscurità del vigilante mascherato come accadeva nel primo film. É invece una donna dalla doppia identità, come lui, ma i cui propositi di vendetta vanno in contrapposizione alla rettitudine morale di Batman.
Due emarginati che trovano un punto in comune proprio nella loro diversità. I duelli tra i due personaggi che alternano spettacolari mosse di arti marziali a momenti erotici sono la parte più genuina di tutta la trasposizione.
Batman si oppone alla Banda del Triangolo per le strade di Gotham e, nei panni di Bruce, affronta Shreck sul campo degli affari. Quando il Pinguino riesce ad incastrare il Cavaliere Oscuro per l’omicidio della Principessa del Ghiaccio, ragazza immagine di Gotham, salta di nuovo fuori lo spirito volubile dei cittadini.
Stavolta Batman sfoggia un aliante che si apre direttamente sulla sua schiena come le ali di un pipistrello, la batmobile può trasformarsi in bat-razzo per diventare più veloce e sfuggevole e, in linea con l’ambientazione “polare”, nel finale l’eroe sfreccia nelle fogne con il Batboat.
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Sottolineato dalla colonna sonora di Danny Elfman della durata di ben 95 minuti, il film uscì il 19 giugno del ’92 ed incassò 266 milioni di dollari, 145 in meno dell’originale, conquistando due nomination agli Oscar. Questa prima saga cinematografica di Batman ha un percorso molto simile a quella di Superman.
In entrambi i casi, il primo episodio aveva incassato di più. Ma soprattutto, il sequel, pur entusiasmando critica e pubblico che lo ritennero migliore del precedente, sollevò perplessità nei confronti dei fans del fumetto.
L’approccio autoriale di Burton risulta invadente filtrando i personaggi attraverso un’ottica fiabesca e grottesca che sovrasta il tono epico e mitico dell’opera originale. A farne le spese è proprio Batman che, nonostante le premesse, finisce per essere eclissato dai tre villains non solo per l’interpretazione sontuosa degli attori ma anche per una caratterizzazione più interessante.
Sembra quasi che, affascinato dalle figure del Pinguino e di Catwoman, Burton si sia limitato a dare al Cavaliere Oscuro il ruolo di comprimario e non di protagonista.
Come Superman II, dunque, il film riesce a mantenere un equilibrio precario che gli episodi successivi della quadrilogia andranno definitivamente ad alterare.