Hunger Games: Il canto della rivolta parte 2 – RECENSIONE

Pubblicato il 24 Novembre 2015 alle 11:40

Anche il franchise di Hunger Games opta per la divisione in due parti del capitolo finale. La scelta avrà pagato?

Non sono un grande estimatore delle divisioni. Già con Harry Potter l’esperimento era stato discutibile, lo stesso si è rivelato per Hunger Games. Il canto della rivolta parte 1 era palesemente un film “mozzato”, lento e volutamente diluito. La seconda parte avrebbe dovuto essere il clou della saga e così è stata.

LA STORIA

Katniss si sta riprendendo dall’attacco di Peeta che sembra aver subito il lavaggio del cervello a Capitol City. Intanto i ribelli tentano l’avanzata verso Capitol City, passando prima per il distretto 2. Il triangolo amoroso tra Katniss, Peeta e Gale continua senza sosta, con la ragazza divisa tra l’amore (?) per Gale e l’affetto per Peeta.

La presidente Coin e Plutarch continuano ad escogitare una strategia per sconfiggere il presidente Snow. Katniss, come sempre, non si attiene agli ordini e si autoinveste della missione di assassinare il leader di Capitol City.

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COMMENTO

La prima parte sarà senza spoiler, un commento più generale mentre nell’altra pagina troverete un commento più dettagliato.

Era difficile fare peggio della parte 1, un film noioso e privo di mordente. Non per nulla il terzo film del franchise era stato l’unico a ricevere una critica decisamente negativa da parte dei fan. Due ore in cui sostanzialmente accadevano poche cose, se non nulla. La parte 2 risolleva la storia e torna al livello dei primi due capitoli. Una storia raccontata senza sbavature e troppi tempi morti.

L’azione è ben bilanciata e le parti più riflessive non stancano, non annoiano praticamente mai. Gli effetti speciali sono sensazionali e la “cavalcata” dei protagonisti all’interno di Capitol City è decisamente spettacolare.

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Ok, partiamo dall’inizio. Gli attori sono perfetti nei loro ruoli. Il presidente Snow (Sunderland) è magistrale fino alla fine, la risata quando Katniss uccide la Coin è macabra al punto giusto. Jennifer Lawrence continua ad inanellare grandi interpretazioni e ogni emozione viene perfettamente portata sullo schermo, è la perfetta Katniss presente nelle pagine di Suzanne Collins.

A causa della morte premature di Seymour-Hoffman, le scene che dovevano vedere come protagonista Heavensbee sono state sapientemente redistribuite per evitare di usare la CGI per riportare in scena il personaggio.

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L’attraversamento di Capitol City è davvero sensazionale, in alcune parti ricordando un survival horror vecchia scuola, la parte sotto terra riporta alla mente sequenze di vari film. Gli ibridi sono finalmente rappresentati come mostri informi e non come enormi cani (qualcuno ha detto Hunger Games?!).

In più la parte in cui vengono intrappolati nell’anfiteatro è davvero piena di pathos, sembra che tutto stia per finire, sono spacciati, la corsa disperata per rifugiarsi dentro un edificio.

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La scena più bella del film rimane quella dell’esecuzione di Snow. Katniss compie tutto il tragitto del viale dei tributi fino ad arrivare al ceppo cui Snow è legato. In pochi, penso, si sarebbero immaginati il colpo di scena finale, con Katniss che decide di uccidere la Coin in modo da non ricadere nei vecchi errori, distruggendo una dittatura per instillarne un’altra, probabilmente ancora peggiore.

Perchè il piano della nuova Presidente è inquietante, nuovi Hunger Games però riservati a 100 bambini di Capitol. Proprio la Collins, nel libro, sembra voglia provare a spiegarci che a commettere gli stessi errori è un niente, a volte una rivoluzione può portare al peggio, peggiorando le cose e non migliorandole.

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Interessante l’idea di dedicare un quarto d’ora buono alla conclusione. Non affrettata ma decisamente riflessiva. La relazione tra Katniss e Peeta si evolve durante il film fino a diventare amore proprio alla fine.

Quella scena finale, in cui Peeta gioca con il bimbo più grande mentre Katniss culla l’altro figlio, è di quelle che fanno commuovere. Una Katniss che pensa ad alta voce, l’incubo vero lei lo ha vissuto e ne è uscita. Tutto nella vita cambia e lei lo sa. Se ne può uscire, seppur con delle cicatrici.

 

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