Viaggio a Tokyo: l’esordio autobiografico di Vincenzo Filosa – RECENSIONE

Pubblicato il 16 Novembre 2015 alle 15:15

Canicola porta in libreria l’esordio di Vincenzo Filosa, un viaggio in una Tokyo piena di storia, inquietudine e fascino

Viaggio a Tokyo è, per prima cosa, un grande omaggio al Giappone e alla sua cultura: questo lo si capisce già a partire dal titolo, lo stesso di uno dei film giapponesi più belli e importanti della storia; e dal senso di lettura, a partire dal fondo e da destra verso sinistra.

Vincenzo Filosa, traduttore dal  Giapponese e qui al suo esordio come fumettista, racconta la sua avventura a Tokyo in un viaggio alla ricerca dell’essenza della cultura fumettistica nipponica, ma anche del modo di vivere dei Giapponesi stessi. Un viaggio che diventerà anche e soprattutto un viaggio interiore, sentimentale, con Tolyo a fare da sfondo ai tormenti e alle paure, ma anche ai desideri ed ai sogni, del protagonista.

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Tokyo non è una città facile, chi c’è stato lo sa: è alienante, enorme, non tutti sono disponibili ad aiutarti. Per il nostro protagonista già i primi momenti sono spiazzanti: la paura di vedersi fermare per le sue medicine, l’impossibilità effettiva di orientarsi nel sistema dei mezzi di trasporto: insomma, il viaggio non sembra iniziare al meglio.

Tanto più che i coinquilini con cui si ritrova, anche loro non giapponesi, non sembrano essere le persone più accoglienti e tolleranti di questo mondo.

Ben presto però l’ansia si trasforma in eccitazione quando avviene l’incontro con la prima fumetteria giapponese, enorme e spiazzante come la biblioteca di Babele di Borges: l’autore/protagonista riempie letteralmente cestini interi di opere mai edite in Italia ma che sembra conoscere a menadito, e chiunque sia mai entrato in una fumetteria ben fornita può sicuramente capirlo.

L’interesse del protagonista è soprattutto volto agli autori del cosiddetto “Gekiga”: per chi non lo sapesse, è un termine inventato dall’autore Yoshihiro Tatsumi e significa “immagini drammatiche”: l’autore era desideroso che la sua opera venisse considerata seriamente, con un vero valore culturale ed artistico, e non solo come una serie di vignette disimpegnate da leggere velocemente come gli altri manga.
Per capirci, è un po’ la stessa distinzione che c’è tra comics e graphic novel: stesso formato, stili ed intenzioni diverse.

L’avventura a Tokyo prosegue in maniera piuttosto appassionante, perché ci si interessa facilmente alle vicende del protagonista, anche grazie alla divisione in capitoli piuttosto brevi che divide e scagliona in maniera efficace il ritmo di lettura.

Si alterneranno episodi di vita quotidiana, di incontri con la realtà e le persone in Giappone, compresa un’avventura sentimentale non proprio fortunata, con veri e propri viaggi interiori nella psiche del protagonista.
Per quanto riguarda il primo filone il Giappone non viene per nulla idealizzato quanto piuttosto descritto pienamente, talvolta anche in maniera quasi grottesca ma molto efficace, in tutte le sue estremizzazioni e contraddizioni: uno degli aspetti principali sarà la movimentatissima vita notturna dei quartieri di Shinjuku e Kabukicho,  non proprio esenti da episodi spiacevoli.

Insomma, un diario di viaggio ma non il tipico viaggio da turista con la Lonely Planet, quanto piuttosto un viaggio che diventa un vero e proprio tentativo di vivere in uno dei sistemi più complessi e alienanti del pianeta.

I viaggi interiori nella mente del protagonista sono anch’essi molto riusciti, pieni di simbologie e riferimenti alla storia del fumetto giapponese, alcuni piuttosto facili da riconoscere ( come quelli a Tezuka, molto presente e citato), altri meno. Quello che suscita interessa è come il protagonista viene influenzato, nei suoi sentimenti e nelle sue paure, dalla grandezza e dalla sua passione per queste opere, che a volte diventano così importanti da concretizzarsi e sembrare reali, come durante una visita ad una fumetteria.

La lettura non diventa comunque mai pesante o troppo simbolica, ci si appassiona alle vicende dell’autore che spesso prendono vie impreviste e talvolta pericolose.

Lo stile di Filosa, in bianco e nero, è chiaramente un richiamo ai maestri del gekiga e del manga tradizionale, potrà risultare un po’ estraniante soprattutto nella rappresentazioni dei volti e delle anatomie a chi non è abituato al genere ma si apprezza molto la ricerca artistica dietro le tavole, e alcune derive oniriche e simboliche sono particolarmente riuscite ed eloquenti.

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Nella sua mancanza di effettivi “spiegoni” sulla condizione del protagonista, la scrittura e le immagini creano una sorta di alone misterioso ed esotico che puntano a mettere il lettore nella condizione di viaggiatore in un luogo sconosciuto: operazione pienamente riuscita.

Nel panorama delle graphic novel italiane uscite in questo 2015, “Viaggio a Tokyo” ha davvero colto nel segno ed interessato: ho letto la storia velocemente, interessato al destino del protagonista, per poi tornare a fermarmi su certi dettagli e fare qualche ricerca su autori che non conoscevo: per gli appassionati di Giappone, o per chi ama le belle storie e i disegni in bianco e nero, l’acquisto è più che consigliato.

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