Orfani – Nuovo Mondo n. 2: Madri guerriere – Recensione

Pubblicato il 13 Novembre 2015 alle 19:58

Proteggendo con tutte le sue forze il bambino che porta in grembo, Rosa prosegue il suo viaggio verso la Colonia del Nuovo Mondo addentrandosi nell’ostile foresta del pianeta alieno, accompagnata da Cesar e dal droide Host. Mentre la fiducia nel suo nuovo compagno viene messa a dura prova, Rosa cerca di liberare alcuni profughi superstiti catturati dai Cani della Juric. Ma ben altri pericoli la attendono nelle viscere del Nuovo Mondo.

In Aliens – Scontro Finale, secondo capitolo della saga cinematografica dedicata al letale xenomorfo biomeccanico, il regista James Cameron imbastiva un simbolico scontro tra figure materne. L’eroina Ellen Ripley, di nuovo interpretata da Sigourney Weaver, doveva prendersi cura della piccola Newt affrontando la regina aliena, intenta a depositare le uova nel suo alveare. E’ questa la suggestione principale del secondo numero di Orfani: Nuovo Mondo, evidente fin dal titolo e dalla cover di Matteo De Longis.

La sceneggiatura di Roberto Recchioni e Michele Monteleone sembra confermare la struttura on the road di questa terza stagione al pari della seconda, seppur nelle asperità sconosciute di un pianeta alieno al posto del riconducibile paesaggio italiano post-apocalittico di Orfani: Ringo. Alle matite troviamo Gianluca Maconi, al suo esordio sulla serie, che dà vita con tratto pulito a figure spigolose, ne esalta la fisicità ed accentua le espressioni fisiognomiche, acuminate e sfuggenti.

Rosa prosegue il suo dialogo interiore con il nascituro attraverso didascalie introspettive stilizzate come stralci epistolari. Il rapporto tra la protagonista e Cesar si dimostra subito ambiguo. La tavola a pagina 11 si apre con un primo piano che vede la mano di Rosa afferrare quella di Cesar intimandogli di non toccarla. Due pagine dopo, la tavola si chiude con un altro primo piano, ancora la mano di Rosa che afferra quella di Cesar, stavolta per aiutarlo. Due immagini che sintetizzano la relazione tra i due personaggi che si complicherà ulteriormente di lì a poco.

Il droide volante Host, oltre ad avere un ruolo puramente funzionale, alleggerisce il tono del racconto con la sua incapacità di distinguere il sarcasmo. Tuttavia, il droide sembra risentire dell’influenza umana. In un momento della storia, infatti, sarà lo stesso Host a fare dell’ironia nei riguardi del giovane Paul, uno dei profughi superstiti. Uno degli elementi più interessanti è la benevolenza che Rosa dimostra nei riguardi di Paul in contrapposizione al cinismo che contraddistingueva Ringo nei confronti dei suoi compagni.

L’avventura si snoda tra gli scenari naturalistici del Nuovo Mondo resi stranianti dalle sfumature verdi, viola e blu di Stefania Aquaro. Bella la splash-page ad inizio albo in cui la flora locale sembra ingurgitare l’aliena tecnologia terreste. La luce del sole che scalda l’ambientazione va in netto contrasto con le fredde fosforescenze gialle della minacciosa fauna del Nuovo Mondo.

Le scene d’azione sono come sempre il piatto forte dell’albo, congegnate con buona inventiva. Il dinamismo è accentuato da linee cinetiche che sembrano fondersi con i personaggi, divertenti onomatopee che diventano espressive fin dalla forma e dallo stile dei caratteri, inquadrature in soggettiva e le ormai consuete vignette orizzontali a mo’ di schermo cinematografico. C’è spazio anche per una spettacolare doppia splash-page.

Come una lama insanguinata penetra nella storia l’intermezzo ambientato sulla Terra che appare ancor più ostile del Nuovo Mondo, un diluvio universale sotto il quale si mescolano luci artificiali e focolai. Suggestiva anche la successiva sequenza onirica dai connotati horror.

Il caos della grande battaglia finale è sviluppato su peculiari tavole costruite orizzontalmente su due pagine con vignette di forme e dimensioni sempre diverse. Non è solo una battaglia per la propria sopravvivenza ma soprattutto per quella della propria progenie, concetto atavico e universale che accomuna ogni forma di vita.

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