Recensione – The Leftovers 2×5: il bene, il male, e tutto quello che c’è in mezzo
Pubblicato il 3 Novembre 2015 alle 14:45
Altra settimana, altra puntata, altra recensione. Con No Room at the Inn siamo arrivati a metà della corsa. E che corsa.
Durante la prima stagione di The Leftovers uno degli episodi più apprezzati dai fan e dalla critica è stato il terzo, Legami di Famiglia (Two Boats and a Helicopter il titolo originale): il protagonista di quell’episodio era il reverendo Matt Jamison, sposato con una donna costretta a letto da un permanente stato vegetativo.
L’episodio di ieri sera, No Room at the Inn prova a riportarci alle atmosfere di quella puntata, riproponendoci i drammi della stancante, punitiva vita a cui Matt è ormai costretto. E’ convinto e sostiene che, durante la prima notte che lui e sua moglie hanno passato a Miracle, la donna è tornata vigile, che hanno parlato per due ore intere, che hanno fatto l’amore dopo tanto tempo.
Poi si sono addormentati, uno a fianco all’altro, e quando è sorto il sole Matt si è svegliato e ha trovato Mary di nuovo in catalessi.
Ora, mesi dopo quel miracolo di cui è l’unico testimone, Matt è impantanato nella ripetitività della sua stagnante routine: passa i suoi giorni sperando in un secondo miracolo, rivivendo quella giornata in ogni minimo particolare, pregando che ripetendo e ripetendo e ripetendo e ripetendo, prima o poi il miracolo avvenga di nuovo.
Fino a quando non accade qualcosa che spezza la routine, che spegne il giradischi e interrompe la musica (scelta di parole non casuale: la prima sequenza è una continua alternanza fra scene diurne piena di musica felice, e momenti in notturna silenziosi e grigi, spenti, in cui la convinzione del reverendo Jamison inizia a vacillare e lentamente crolla).
Durante un controllo all’ospedale di Austin i medici scoprono che la moglie di Matt è incinta. L’unico ad essere felice di questo è proprio Matt, perché sa che sua moglie per una notte è guarita: tutti gli altri, ovviamente, non gli credono, facendo scattare automaticamente un’associazione di idee secondo la quale Matt ha stuprato la moglie vegetale.
Ma a Matt non importa. Lui sa come sono andate le cose. Purtroppo però i suoi guai non finiscono qui (è come se questo personaggio fosse la vittima preferita di Damon Lindelof e degli sceneggiatori, che non perdono occasione per buttarlo nel fango e nelle peggiori situazioni possibili per vedere come reagisce) e sulla strada del ritorno Matt si ferma per aiutare un uomo la cui auto è in panne, solo per farsi colpire a tradimento e farsi rubare i braccialetti lasciapassare per Miracle.
Stoico ritorna in città, trasportando la carrozzina di sua moglie, e in suo aiuto arrivano Kevin, Nora e John Murphy. Quest’ultimo, figura chiave all’interno della comunità, si impegna a garantire per lui e a fargli avere dei nuovi braccialetti, ma ad una sola condizione: che Matt tenga la bocca chiusa sul fatto che sua moglie, per una notte, è stata miracolata, e che quando la gravidanza di Mary non potrà più essere nascosta, il reverendo dovrà dire ai curiosi di essere pentito e amareggiato per averlo fatto, ma che la gravidanza è frutto di un rapporto non consenziente.
Ovviamente Matt non ci sta. La sua fede è troppo grande per essere rinnegata.
La cosa interessante è che per la prima volta, durante il confronto Matt/John, qualcuno ha la forza di affrontare il vigilante caccia-miracoli e chiedergli perché odi così tanto quella città, simbolo di speranza per milioni di persone in tutto il mondo.
John, come prevedibile, non spreca il fiato per dare una risposta al reverendo, ma sono sicuro che presto o tardi la sua storia ci sarà rivelata.
Sbattuto fuori da Miracle e rigettato nella volgare marmaglia di disperati che circonda la città, deve fare di tutto per rientrare a Miracle: come gli ha detto sua moglie mentre si trovava in uno stato confusionale post-aggressione, e come ha ribadito un misterioso individuo apparentemente capace di “leggere” l’avvenire, se Matt non riporterà sua moglie entro i confini miracolosi di Miracle, il figlio che la donna aspetta morirà.
E così il reverendo Jamison farà di tutto pur di rientrare in città.
La svola per lui arriva nel finale. Mentre Kevin e Nora stanno cercando di reintrodurre clandestinamente lui e Mary a Miracle, incontra l’uomo che lo aveva aggredito rubandogli i braccialetti. Morto, in un incidente d’auto. E il figlio piccolo ora è solo, comprensibilmente spaventato e, dispiaciuto per quello che ha fatto suo padre, restituisce il braccialetto a Matt.
Sarebbe tutto finito. Il cerchio sarebbe chiuso. Matt avrebbe ritrovato i braccialetti per se e sua moglie.
Ma la gravidanza cambia tutto. C’è una scelta da fare. Peccati da espiare. E Matt decide di consegnare l’orfano a John Murphy, rifiutando il suo braccialetto e scegliendo la via della penitenza, offrendosi come vittima della gogna nel campeggio di nomadi allestito intorno alla città.
Perchè?
Forse perchè, in cuor suo, sa che sua moglie non si è mai ripresa? Non ci è mai stato mostrato questo momento, e abbiamo visto solo che Mary gli ha “parlato” mentre lui era mezzo svenuto per via delle percosse subite.
Oppure perchè, semplicemente, vuole ripulirsi dei propri peccati agli occhi del Signore, per permettergli di risparmiare il figlio che la moglie adesso porta in grembo?
E’ molto poetico il finale dell’episodio, poetico ed enigmatico.
Christopher Eccleston eccelle in questo ruolo, dando al personaggio di Matt un aspetto autenticamente umano e profondamente vero, un esempio da ammirare e da seguire, a cui ispirarsi, un uomo vessato dalla sua fede e continuamente messo alla prova da essa ma che nonostante tutte le difficoltà che deve affrontare non getta mai la spugna.
Per questo lo amiamo così tanto. E siamo convinti che riuscirà a superare anche questa situazione.