Dylan Dog n. 350: Lacrime di pietra – Recensione
Pubblicato il 27 Ottobre 2015 alle 22:12
Dylan va in ospedale a trovare Bloch, convalescente dopo un’operazione, e lo scopre innamorato di Crispille, una ex-ballerina portoghese che ha dovuto abbandonare l’attività per aver perso la vista. La donna vive con la suocera e col marito Guillermo ed è in qualche modo coinvolta in un giro criminale. Dylan si chiede quale legame possa esserci tra Crispille e la statua dell’omonima santa di fronte alla cappella dell’ospedale.
La direzione editoriale di Dylan Dog ad opera di Roberto Recchioni e Franco Busatta si è aperta due anni fa, nell’ottobre 2013, con la storia Una Nuova Vita, scritta e disegnata da Carlo Ambrosini a cui viene ora affidato lo storico n. 350 della serie, arricchito per l’occasione dai colori di Giovanna Niro. Com’è ormai consuetudine nelle storie dell’autore bresciano, uno degli elementi centrali è un’opera d’arte, nella fattispecie l’inquietante statua senza occhi della Beata Crispille che accoglie il lettore ad inizio albo.
La storia parte piuttosto piano. Nella prima parte vengono introdotti fatti e personaggi senza una scena ad effetto. I primi due momenti davvero memorabili sono il flashback che ricostruisce la storia della santa, reso suggestivo dall’atmosfera color seppia, e una surreale sequenza onirica che vede Dylan alle prese con un singolare cliente. Per il resto, la vicenda intreccia bene horror e noir attraverso le atmosfere opprimenti di Ambrosini che resta abbastanza fedele alla classica gabbia bonelliana diversificando qua e là, soprattutto restringendo alcune vignette orizzontali.
L’autore è bravo nel tratteggiare i comprimari della vicenda ed approfondire la backstory di Crispille ma commette l’errore di lasciare troppo in disparte l’indagatore dell’incubo che non diventa mai il vero motore della storia e insegue gli eventi diventando decisivo solo nel finale. Dylan è più che altro il prisma attraverso cui filtrano gli stati emotivi degli altri personaggi, a cominciare da Bloch, il cui coinvolgimento sentimentale giustifica la sua presenza nella vicenda a scapito del suo pensionamento. Buono l’apporto di Groucho per alleggerire i momenti più tesi.
Come nel sopracitato Una Nuova Vita e in Dietro il sipario (n. 97 della serie regolare), Ambrosini ricorre all’espediente del dualismo, dello sdoppiamento, in questo caso nella dicotomia tra la Crispille umana e la controparte esoterica, resa immortale nella scultura che funge da elemento sovrannaturale. Non sfugge il contrasto tra la donna impelagata in uno squallido giro malavitoso e la santa elevata su un piedistallo ma Ambrosini riesce proprio ad annullare questa distanza ed è la scultura della beata a terrorizzare per prima il lettore. E’ lo stesso Bloch a formulare una riflessione contro ogni moralismo.
Dylan si palesa come proiezione mentale ed idealizzata della cieca Crispille nel suo mondo oscuro, ammantato di sfumature dal viola al blu gelido. Sempre ricercatissimo il tratto di Ambrosini che cesella i primi piani conferendo profondità espressiva e un dinamismo quasi nervoso alle figure mutevoli e sfuggenti dei personaggi. La Niro non altera il tono cupo conferito dal disegnatore ma lo conserva e lo amplifica. Bene l’uso alienante delle luci artificiali e il livido porpora di un temporale che esprime uno dei momenti di furia della Santa.
Niente da dire sotto il profilo estetico, la sceneggiatura denota qualche mancanza ma la storia riesce a trasmettere angoscia alternando bene la parte cruda e realistica a quella più astratta ed occulta. Ambrosini lascia sempre un’aura di mistero intorno alla vicenda e il lettore resta con qualche domanda e un sano senso di inquietudine.