Suicidi in Giappone: i più a rischio sono coloro nati in inverno
Pubblicato il 21 Ottobre 2015 alle 11:30
Uno studio svolto in Giappone lo conferma: sono le persone nate in tardo inverno che sono più facilmente a rischio di suicidio. La ricerca svoltasi nell’Università di Osaka rivela un tasso maggiore del trenta percento tra coloro nati fra il primo gennaio e il primo aprile.
È triste ammettere come il Giappone, paese che fonda le sue radici su una cultura antica e straordinaria, fatta di paesaggi naturalistici mozzafiato, una storia ricca di leggende e miti, ma anche protagonista e ideatore di alcune fra le più innovative tecnologie, sia tristemente famoso anche per l’alto tasso di suicidi che si verificano ogni anno, soprattutto fra i giovanissimi.
(Statistica che mostra il tasso di suicidio in Giappone che, nonostante tutto, è drasticamente diminuito con il passare degli anni.)
Il Giappone si trova al nono posto della classifica che comprende i paesi con il più alto tasso di suicidio nel mondo.
Non c’è da stupirsi se pensiamo alla vera e propria tradizione del suicidio che trova luogo proprio su suolo nipponico.
Fin dall’antichità, il suicidio non era considerato un gesto peccaminoso, o sinonimo di codardia ma, al contrario, era un vero e proprio atto di onore che veniva messo in pratica per preservare l’integrità d’animo di chi lo compiva. In questo caso, il suicidio assume un nome tutto suo: “Seppuku”, ovvero “suicidio d’onore”. I samurai ne sono un esempio perfetto. Tra le loro caste, il metodo più utilizzato per togliersi la vita era quello dell’Harakiri. I guerrieri, se vittime di un intaccamento dell’onore o se colpevoli di atti ignobili ormai irreparabili, impugnavano la katana e si trafiggevano lo stomaco, morendo istantaneamente.
Questa tradizione degli antichi guerrieri giapponesi non è ancora del tutto estinta. Persino durante la Seconda Guerra Mondiale, se un soldato o un pilota giapponesi venivano fatti prigionieri, preferivano togliersi la vita piuttosto che subire le umiliazioni della prigionia o di convivere con il pensiero di aver fallito la missione.
Al giorno d’oggi, i giapponesi sanno spingersi ben oltre. Su internet esistono organizzazioni che si formano o in chat o in blog che sono veri e propri gruppi di suicidi. Chiamati “Shinju”, questi gruppi di persone pianificano degli incontri che poi termineranno con l’atto fatale, decidendo di morire tutti nello stesso luogo, allo stesso tempo, e alla stessa maniera. Un rito di trapasso decisamente grottesco e inquietante.
Terrificante è anche l’idea che in Giappone esista quella che gli abitanti definiscono la unica e sola “Foresta dei sucidi”, ovvero il bosco di Aokigahara, ai piedi del Monte Fuji. Si conta che ben trenta persone all’anno decidano di togliersi la vita all’interno di questa foresta. Per cercare di prevenire il più possibile atti del genere, sono addirittura stati piazzati alla sua entrata dei cartelli che invitano a preservare la propria esistenza e ad avere rispetto della propria vita.
L’Harakiri, come è facilmente intuibile, è ormai difficile da effettuare. Oggi, il metodo più diffuso tra i giapponesi per togliersi la vita è l’impiccagione, mentre l’atto del “tobikomi”, ovvero il gettarsi tra le rotaie mentre passa un treno in corsa, si trova al sesto posto. Un gradino della classifica piuttosto basso se consideriamo la diceria popolare che vede i giapponesi morti sucidi esclusivamente nelle stazioni dei treni, sotto gli occhi di tutti.
In Giappone, il suicidio è diffuso per la maggior parte dei casi tra impiegati e lavoratori (soprattutto maschi) costretti a una vita di sforzi e sacrifici, di forte e costante pressione sociale e psicologica, schiavi di un lavoro aziendale che non lascia il tempo per le vacanze, per il relax, per svaghi, e senza la prospettiva di un avanzamento della carriera.
Nel 2014 si è calcolato che ogni giorno ben settanta giapponesi hanno compiuto il suicidio. Per la maggior parte si trattava, appunto, di impiegati maschi o di studenti tra i venti e i quarantaquattro anni.
Secondo un recente e curioso studio, coloro che sono più a rischio di compiere il gesto fatale sono le persone nate tra il primo gennaio e il primo aprile. In questa fascia temporale, il numero dei suicidi sale ben del trenta percento.
Al contrario di quello che si possa credere, non centrano il clima rigido, le giornate più corte e la minore quantità di ore di luce complici, secondo gli esperti, dei numerosi suicidi che vengono registrati nelle regioni più a nord del pianeta, ma è tutta una questione di pressione sociale.
Lo studio è stato condotto da un team di ricerca che ha sede a Osaka, capitanato dal professor Tetsuya Matsubayashi in collaborazione con i ricercatori americani provenienti dall’Università di Syracuse (New York).
È da tenere conto, infatti, che in Giappone l’anno scolastico inizia proprio dal primo di aprile, e al primo anno di lezione vi potranno accedere solo quegli studenti che hanno festeggiato il compleanno prima di quella data. Basta anche solo un giorno di anzianità in più e il bambino è costretto ad aspettare l’anno successivo per cominciare a frequentare le elementari.
All’apparenza, questa potrebbe sembrare una causa innocua, ma è da tenere conto che in Giappone, dato il bassissimo tasso di bocciatura che rasenta l’uno percento, i ragazzi non sono abituati a frequentare le lezioni con alunni più anziani o più giovani. Di conseguenza, la competizione aumenta non solo in base ai voti, ma anche in base alle prestazioni messe in relazione all’età, e questo riesce a provocare maggiore disagio e pressione negli alunni più fragili.
Secondo lo studio effettuato su coloro che sono nati tra il 1974 e il 1985 e passando ad esame solo la fascia delle persone che si sono tolte la vita tra i quindici e i venticinque anni, il trenta percento erano nati tra il 26 marzo e il primo di aprile. I suicidi di età più avanzata, invece, erano nati tra il 2 e l’8 aprile.
La soluzione al problema, secondo il professor Matsubayashi che ha condotto lo studio, sarebbe quella di far cominciare la scuola ai ragazzi quando sono loro stessi a sentirsi più pronti e maturi, senza più attenersi così rigidamente a queste vecchie regole.
Sarà mai possibile per un paese così fiscale e conservatore come il Giappone?
Fonte: RocketNews24