Recensione – The Leftovers 2×2: l’oscurità che abbiamo dentro
Pubblicato il 18 Ottobre 2015 alle 13:25
Un’incredibile rivelazione si schiude, rivelando nuovi e inquietanti misteri. I motori sono accesi e la giostra ha iniziato a girare. Non c’è più modo di tornare indietro.
Avete presente il concept di Breaking Bad? Una lenta, tortuosa discesa verso gli abissi più reconditi dell’animo umano, per scoprire quanta oscurità possa nascondere? Ecco, ora immaginate il cambiamento di Walter White non più spalmato su cinque stagioni, ma concentrato in un solo episodio di 60 minuti.
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Il risultato è A Metter of Geography, secondo episodio della nuova stagione di The Leftovers e vero e proprio gioiello del panorama odierno per quanto riguarda il piccolo schermo.
Damon Lindelof, aiutato alla sceneggiatura da Tom Perotta (lo scrittore del romanzo da cui la serie è tratta) ci racconta di come Kevin e Nora abbiano deciso di trasferirsi a Miracle per cambiare vita e ricominciare dopo i tragici eventi che avevano concluso la prima stagione. Ma, se nello scorso episodio tutto sembrava rose e fiori per la nuova famiglia Garvey, qui Lindelof gioca a carte scoperte e ci rivela il suo bluff.
Prima però ci accontenta, rivelandoci che le Sparizioni potrebbero essere legate ad una questione geografica: specifici luoghi “di potere” più a rischio di altri (dov’è che l’ho già sentita questa, Lindelof?) che un gruppo di scienziati sta meticolosamente studiando per prepararsi ad una possibile seconda anomalia.
Da questo momento in poi Lindelof inizia a bombardarci con l’artiglieria pesante: scopriamo che Kevin non è per niente guarito dalle sue paranoie, e ha ancora le visioni per cui suo padre (interpretato dal bravissimo Scott Glenn) è stato rinchiuso in un istituto psichiatrico. Anzi, il suo disturbo sta peggiorando. Il fantasma di Patty lo tormenta giorno e notte, lo strattona e lo picchia pur di attirare la sua attenzione.
Si procede spediti, in A Metter of Geography, accompagnati solo dalla continua alternanza fra solari momenti di pura felicità e inquietanti episodi di delirante follia. Come al solito ottima prova dell’intero cast: un paranoico Justin Theroux, una speranzosa Carrie Coon, un genuino Christopher Eccleston, i commoventi Chris Zylka e Margaret Qualley, un sempreverde Scott Glenn (gradito ritorno, anche se potrebbe essere l’ultimo) e un’inquietante Ann Dowd (ritorno gradito per noi, molto meno per Kevin Garvey); tutti insieme compongono una squadra vincente, credibile e autentica sotto ogni aspetto.
Un vero e proprio tocco di classe la battuta metanarrativa che il fantasma di Patty fa a Kevin riguardo i nuovi vicini: “Non sai se sei tu a fare parte della loro storia o se sono loro a far parte della tua”. Un’occhiolino a tutti quelli che si erano lamentati per la quasi totale assenza dei protagonisti nell’episodio precedente, che si era concentrato in gran parte sui nuovi personaggi, la famiglia Murphy.
Comunque, finezze a parte, in A Metter of Geography Lindelof ci tiene a specificare che Kevin Garvey non sta affatto bene. Trasferirsi a Miracle non lo ha aiutato di certo, ed è lo sconcertante finale a farcelo capire chiaro e tondo.
Guardare questa puntata è come salire su un ottovolante d’emotività: si sale fino a raggiungere picchi commoventi che ti stritolano il cuore, e subito dopo scendiamo immergendoci in alcune sequenze talmente spettrali da farci venire i brividi lungo la schiena.
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Fino alla scena finale, che si ricollega a quella dello scorso episodio aggiungendo però un tassello che Lindelof aveva ben pensato di omettere. Questa rivelazione scatena nello spettatore uno dei momenti WTF più clamorosi degli ultimi anni (così, a memoria, capaci di rivaleggiare con questo colpo di scena mi vengono in mente solo quello di Fight Club, del finale della terza stagione di Lost, di The Village e quello di Shutter Island).
Un’ottima trovata del duetto dietro la macchina da scrivere, che chiude il cerchio infernale che questo episodio si impone di rappresentare, e che risponde ad una delle domande chiave della serie: “Possiamo riuscire a superare completamente un trauma?”
Evidentemente no.