Suburra – Recensione

Pubblicato il 13 Ottobre 2015 alle 16:16

Il politico corrotto Filippo Malgradi è l’uomo chiave per la realizzazione del progetto Waterfront che mira a trasformare il litorale romano in una nuova Las Vegas. Nell’affare sono coinvolti Samurai, il più temuto boss della capitale nonché ultimo componente della Banda della Magliana, e il giovane Numero 8, capo di una famiglia criminale che gestisce il territorio di Ostia. Il viscido PR Sebastiano, la bellissima escort Sabrina, la tossica Viola e lo zingaro capoclan Manfredi, personaggi al di fuori dei grandi giochi di potere, resteranno coinvolti nella vicenda scatenando una spirale di sangue e violenza.

Suburra

Nell’antica Roma, la Suburra era il luogo in cui s’incontravano la criminalità e il potere. Neanche di questi tempi la città se la passa troppo bene tra Mafia Capitale e le dimissioni del sindaco Marino che arrivano proprio nella settimana in cui Suburra esce nelle sale, una spinta promozionale fortuita, forse neanche troppo gradita, per un film entrato in produzione in tempi non sospetti e tratto dal profetico romanzo omonimo di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo, tra gli sceneggiatori della trasposizione cinematografica.

Reduce dai successi delle serie tv Romanzo Criminale e Gomorra, Stefano Sollima si conferma come il miglior regista italiano di fiction di genere, che si tratti di cinema o tv, prendendo spunto da un contesto sociopolitico reale per imbastire un prodotto di puro intrattenimento che mescola pulp noir e western moderno, sostenuto dalla prova corale di un cast sontuoso.

La storia è suddivisa in sette capitoli, una fittizia settimana che precede la caduta del Governo e le dimissioni del Papa. Un’apocalisse, il crollo dei poteri forti causata da una corrente anarchica che viene dal basso e che s’intromette in quella collusione tra stato, mafia e chiesa già centrale ne Il Padrino – Parte III di Francis Ford Coppola.

Durante un festino in un hotel con due prostitute, il parlamentare Filippo Malgradi esce ad orinare dal balcone sotto la pioggia perenne che flagella Roma. E’ questa una delle tante suggestive metafore che costellano il film. I risvolti drammatici della nottata avranno serie conseguenze sul corrotto politico. Pierfrancesco Favino riesce ad attanagliare il personaggio in un crescente stress dettato dalla paura di perdere il potere e di vedere compromessa la sua posizione.

Resta coinvolta suo malgrado la escort Sabrina che la splendida Giulia Elettra Gorietti traccia con un’innocenza e un’ingenuità di fondo. Un nevrotico Elio Germano è invece il vigliacco PR Sebastiano, disposto a tutto pur di risolvere le sue pendenze con il violentissimo e rabbioso zingaro Manfredi, interpretato da Adamo Dionisi, che vive con la numerosa famiglia in una casa nella quale si respira tanta opulenza e non c’è segno d’affetto.

Claudio Amendola è un Samurai terrificante e glaciale nel suo aspetto ordinario, con un paio d’occhiali che gli conferiscono un’aria intelligente e temibile. In tal senso può ricordare il Clarence Boddicker di RoboCop. Gli manca di rispetto Numero 8, reso piuttosto caricaturale, quasi fumettistico, attraverso la studiata mimica corporea di Alessandro Borghi, personaggio che potrebbe essere protagonista di un ipotetico Romanzo Criminale Next Generation. Lo affianca Greta Scarano nel ruolo della sbandata tossicodipendente Viola che diventerà la vera dark lady della storia. Breve ma memorabile il cameo di Antonello Fassari.

Non ci sono personaggi positivi nel film, non c’è traccia di tutori dell’ordine. I fari sono puntati solo sulla delinquenza che va dalle periferie alle stanze delle alte istituzioni, spostandosi da una Roma illuminata da luci artificiali e al neon ad un’Ostia più naturalistica, grigia e fredda. Sollima sviluppa il racconto con uno stile estetico fatto di contrasti, simbolismi, una fotografia cupa e un montaggio dal ritmo serrato, tutto venato da dialoghi sempre accattivanti e vivaci.

Si passa dalla handycam per portare lo spettatore al centro dell’azione a suggestivi campi lunghi con inquadrature fisse nelle quali il dinamismo è lasciato ai personaggi. Come di consueto, il regista non risparmia nulla né sul piano della violenza né per quanto riguarda le scene di nudo. Immagini sempre molto crude, forti, mai gratuite, che tengono desto il pubblico.

Il film pecca solo di una sceneggiatura eccessivamente ambiziosa, che cerca di dire troppo e tutto insieme. Ad esempio, il ruolo del Vaticano, nella figura del cardinale Berchet, è molto marginale e viene spinto nella storia un po’ a forza. La vicenda trascina soprattutto grazie alla sfaccettatura dei personaggi che si ritrovano tutti collegati loro malgrado e che riescono, nonostante tutto, a risultare profondamente umani.

Suburra farà lo stesso percorso multimediale di Romanzo Criminale e Gomorra diventando anche una serie tv, la prima di stampo italiano prodotta per Netflix. Si tratta quindi di un prodotto importante, di ottima qualità, che dà ulteriore linfa all’assopito cinema di genere italiano. Roma si rispecchia alla rovescia in una pozzanghera di squallore finché il diluvio non porta a galla tutto il marcio affogando ogni speranza di redenzione.

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