Hotel Transylvania 2 – Recensione
Pubblicato il 8 Ottobre 2015 alle 12:04
La vampira Mavis, figlia di Dracula, e l’umano Johnny convolano a nozze. Sette anni dopo, loro figlio Dennis non ha ancora sviluppato poteri da vampiro. Preoccupato all’idea che il bambino possa restare umano, Dracula approfitta dell’assenza della figlia e del genero, partiti per la California, per insegnare al piccolo come diventare un mostro ma finirà per cacciarsi in una serie di disavventure insieme ai suoi strampalati amici. Come se non bastasse, l’anziano Vlad, padre di Dracula, arriva a complicare la situazione.
Quello della famiglia sta diventando il tema più comodo e pretestuoso per gli sceneggiatori pigri, soprattutto per quanto riguarda i film d’animazione. Bisogna inanellare una sfilza di scene comiche o d’azione da tenere insieme con uno straccio di trama? L’argomento più facile e prediletto è quasi sempre quello del nucleo familiare da tenere unito nonostante tutto. Hotel Transylvania 2 non sfugge alla regola e non sorprende che in veste di co-sceneggiatore, co-produttore esecutivo e doppiatore ci sia Adam Sandler, protagonista di tante, troppe commediole scialbe.
Già il primo episodio, uscito tre anni fa sempre per la regia di Genndy Tartakovski, non fu niente d’eccezionale e tirava in ballo in maniera abbastanza semplice la questione dell’emarginazione nel contatto tra l’umano Jonathan e il mondo dei mostri. Per tutta la prima ora, questo sequel denota una vacuità imbarazzante. Seguiamo Dracula e la sua combriccola di mostri deficienti mentre cercano di insegnare al piccolo Dennis come diventare un vero vampiro.
Si tratta di un banale stratagemma narrativo per una vicenda on the road sorretta da una serie di gag slapstick basate perlopiù sulle peculiarità fisiche dei mostri, scarsamente approfonditi sul piano intimista. I siparietti comici non denotano alcuna genialità e strappano al massimo qualche sorriso. Non aiuta la mancata evoluzione nel livello d’animazione. Buona la mimica corporea dei personaggi, superficiale quella facciale ma la caratterizzazione estetica in generale è al minimo sindacale. Lo sottotrama di Johnny e Mavis in visita dai genitori di lei a Los Angeles è soltanto funzionale per l’arco narrativo principale e non approfondisce nulla. Anche l’hotel che dà il titolo al film perde d’importanza rispetto al capitolo precedente.
Un po’ più di carne viene messa al fuoco nell’ultima parte, quando entra in scena il conservatore nonno Vlad, doppiato in originale da Mel Brooks e in italiano da Paolo Villaggio, due “mostri” sacri della comicità americana e nostrana. Gli adulti si trovano a litigare su come dev’essere cresciuto Dennis trascurando di fatto il piccolo e creando il conflitto necessario per la prevedibile scaramuccia finale, coreografata senza particolare inventiva con i mostri che diventano gli Avengers della situazione. Immancabile lo stucchevole numero musicale nell’epilogo.
Un prodotto su misura per i bambini sotto i dieci anni e il tono puerile è giustificabile ma resta comunque inefficace, soprattutto se azzardiamo un impietoso confronto con i prodotti Disney Pixar. Come parodia dei mostri classici cinematografici arriva fuori tempo massimo ed è tutto edulcorato da eccessivo buonismo. La si potrà anche mascherare da film d’animazione ma, stringi stringi, è la consueta, inutile commedia con Adam Sandler e Kevin James. Il sovrapprezzo per il 3D è il vero succhiasangue col quale il pubblico dovrà vedersela.