Zerocalcare – L’elenco telefonico degli accolli – Recensione
Pubblicato il 2 Ottobre 2015 alle 14:29
Affrontare la propria vita quotidiana con un fardello di vicissitudini e responsabilità sulle spalle è come cercare di mantenere l’equilibrio camminando sulle uova per Zerocalcare, celebre fumettista romano, sempre accompagnato nelle sue tragicomiche peripezie dalla voce interiore del fido Armadillo. Alle prese con una crescente popolarità, l’autore deve vedersela con scadenze pressanti, assillanti “accolli” di tutti i generi e, soprattutto, con le proprie insicurezze e frustrazioni.
Tempi duri per il carapace dell’Armadillo, costretto a sopportare pressioni di ogni tipo per proteggere e sostenere l’amico Zerocalcare, nome d’arte di Michele Rech, aretino di nascita ma con il cuore ancorato a Rebibbia. Autentico fenomeno editoriale, l’autore racconta vicende quotidiane autobiografiche trasformandole in storie comiche, talvolta agrodolci, riflessive o intimiste, arricchite da valanghe di divertenti citazioni.
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L’elenco telefonico degli accolli è la seconda antologia di storie brevi di Zerocalcare, già pubblicate sul proprio blog, dopo il successo di Ogni maledetto lunedì su due. Un metaforico viaggio che cita Il Signore degli Anelli, raccontato in 45 pagine inedite, fa da filo conduttore tra le piccole perle generate dall’artista romano. Il successo crescente di Zerocalcare che lo affranca, si spera, dalla sua eterna precarietà e l’impatto della celebrità sulla sua vita quotidiana sono evidenti. Rispetto ai volumi precedenti che si concentravano maggiormente sugli aspetti più intimi e personali, qui le storie ruotano attorno alle tribolate vicende professionali e alla coesistenza con i fans dentro e fuori i social network.
“Accolli”, nell’accezione intesa dall’autore, è un termine prettamente romano ma Zerocalcare usa anche un’altra definizione, universalmente riconosciuta, per indicare tali molesti individui: “cacacazzi”. Sono quelli che riescono a fargli saltare i nervi anche se il carapace dell’Armadillo cerca di isolarlo. Nella critica satirica e anticonformista al resto del mondo, l’autore ha però l’onestà di rovesciare la medaglia e guardarsi allo specchio, dritto negli occhi. Quando esce dal suo guscio, infatti, è lui a mostrare problemi di socializzazione, paranoie e inadeguatezze riuscendo sempre a sdrammatizzare per il piacere del lettore.
L’altro tema ricorrente è la pressione che il suo lavoro gli comporta, tra impegni procrastinati, inadempienze e scadenze rispettate riducendosi all’ultimo minuto. Per non parlare di seccanti imprevisti quali malanni e problemi al sistema operativo del PC. Zerocalcare affronta tutto questo con una filosofia a tratti sgangherata ma riconducibile, sostenuta in chiave metalinguistica e sintetica da personaggi della cultura popolare, perlopiù nerd, che si esprimono in un sanguigno dialetto romano.
Il tratto cartoon e caricaturale dell’autore è delizioso. I dialoghi e le riflessioni introspettive nelle didascalie sono sempre più elaborate ma non appesantiscono mai la lettura. La costruzione della tavola è eclettica, le vignette asimmetriche e possono essere anche scontornate.
L’uso delle linee cinetiche è molto manga-style e i momenti più spettacolari riguardano di solito le esplosioni emotive dei personaggi. Nel bianco e nero di base, i grigi sono utilizzati o per le ombreggiature o per fornire un colore intermedio a personaggi ed elementi scenografici. Solo nell’ultima storia viene utilizzato il rosso per accendere gli occhi del coccodrillo di Peter Pan. La variant cover di Leo Ortolani, naturalmente, è a tema supereroistico e si rifà al poster di Iron Man 3 mettendo addosso a Zerocalcare una corazza a forma di armadillo in una riuscita metafora.
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In una progressiva ed evidente evoluzione, Zerocalcare continua a raccontare se stesso e il contesto sociale che lo circonda iniziando a guardare più al presente che al passato. Tormentato da chi vuol fargli perdere il precario equilibrio con il quale affronta i problemi di ogni giorno, l’autore ha maturato una propria linea di pensiero che lo porta a distaccarsi, a irrobustire il carapace del suo Armadillo e che può essere sintetizzata con una definizione coniata dalla crasi di una riflessione più articolata: “chittesencula”.