Recensione: Takeru (vol. 1-2)
Pubblicato il 14 Febbraio 2011 alle 16:39
Autore: Kazuki Nakajima (testi), Kemuri Karakara (disegni)
Editore: GP Publishing
Provenienza: Giappone
Prezzo: € 5,90
Nell’epoca in cui uomini e dei ancora convivevano, in un porto dell’arcipelago di Ooyashima, tre ragazzi dall’identico nome, Takeru, si ritrovano a stringere un’improbabile quanto forte alleanza. Alla ricerca della spada divina di Susanoh, i tre giungono a Jagara-Mogara, il regno delle guerriere amazzoni dove quest’arma portentosa è stata sigillata.
Lì, quando sembra che stia per avverarsi la profezia che renderà immortale la spada del dio, irrompono sulla scena il tradimento e la guerra. L’impero di Amamikado, determinato ad estendere la sua egemonia, è pronto a piegare la forza di Jagara, coinvolgendo i tre Takeru nella lotta per impossessarsi della spada divina. Ammesso che ciò che le guerriere di Jagara custodiscono sia realmente ciò che i protagonisti stanno cercando…
Dopo aver proposto al pubblico italiano “Replica”, GP Publishing presenta l’opera di debutto di Kemuri Karakara, che sui testi di Kazuki Nakajima, disegna “Takeru – Opera Susanoh Sword of the Devil”, riduzione in quattro volumi dell’omonimo spettacolo della compagnia Shinkansen, promettendo di portare in Italia anche il successivo spin-off autoconclusivo “Oguna – Opera Susanoh Sword of the Devil”, del 2007.
E’ il 2006 quando alla Karakara viene affidato il compito di realizzare le tavole di “Takeru”, e rispetto a “Replica” del 2008, questi due anni in meno nel bagaglio di esperienza della disegnatrice, si sentono e parecchio. Se da una parte i disegni si dimostrano fin dall’esordio molto curati, con uno stile già quasi completamente maturo e facilmente riconoscibile, d’altro canto non si può fare a meno di notare le incertezze nell’inchiostrazione, che soprattutto nel primo volume tradiscono il fatto che quest’opera sia stata realizzata da un’esordiente.
Il segno sporco e impreciso, che con il susseguirsi dei capitoli pian piano va definendosi in modo più pulito e preciso, nulla toglie a una rappresentazione accurata di anatomie e scenografie, per un design ricercato e ricco di dettagli, che arricchisce le figure senza appesantirle inutilmente. Da questo punto di vista è ammirevole la resa delle sequenze d’azione, svolte in modo fluido, mantenendo tutti i particolari senza per questo irrigidire i movimenti dei personaggi.
Le tavole sono nel complesso ordinate e scorrevoli, con un uso ponderato di retini, e pertanto facilmente leggibili. Qualche perplessità invece sul piano della sceneggiatura, con alcuni passaggi non sempre chiari e ben integrati, e che nel primo numero finiscono con lo spezzettare il ritmo narrativo. Un problema, questo, che si risolve a partire dal secondo volume, dove si percepisce chiaramente che entrambi gli autori hanno acquisito maggiore confidenza con la trama e i personaggi.
I tre Takeru sono le figure di spicco della storia, ognuno con caratteristiche precise, tanto sul piano della caratterizzazione grafica, quanto su quello della personalità. A ben vedere, il gruppo presenta un equilibrio intrinseco basato sulla classica interazione di caratteri diversi, a ciascuno dei quali manca qualcosa che è apportato dagli altri. Un meccanismo semplice e ben collaudato, che non manca di funzionare anche in questo caso.
I comprimari sono ben strutturati, anche se non particolarmente innovativi, ma in grado di interagire in modo efficace con i protagonisti.
Ben strutturata anche la narrazione, dal ritmo incalzante e in grado di dare il giusto spazio allo svolgimento delle vicende, rapide ma non affrettate, e con una giusta dose di anticipazioni e colpi di scena.
L’edizione italiana è ben confezionata, con il tipico formato da fumetteria della GP Manga. I volumi hanno quindi la sovraccoperta, rilegature solide per volumi da 176 pagine in bianco e nero su carta bianca e resistente. Buono anche il lavoro di impaginazione e adattamento. Il rapporto qualità-prezzo è pertanto accettabile.
In conclusione “Takeru” è una lettura che si fa apprezzare nel suo piccolo, piacevole dal punto di vista della storia e dei personaggi, senza tuttavia grandi pretese. Consigliato agli amanti del genere e a chi ha già avuto modo di apprezzare lo stile della Karakara.
VOTO: 7