Città di Carta: perchè vivere non vuol dire respirare – Recensione
Pubblicato il 8 Settembre 2015 alle 10:20
Il libro “Paper Towns” di John Green, già autore del best seller “Colpa delle Stelle”, sbarca al cinema grazie alla cinepresa di Jake Schreier. Il risultato è una commedia adolescenziale che riesce a divertire e a far riflettere.
Vivere non vuol dire respirare.
Ne sa qualcosa Quentin, che fin da piccolo ha sempre seguito le regole nonostante la tentazione della bambina della porta accanto, Margot, una scatenata ragazzina di cui Quentin si innamora a prima vista. Ma i due sono molto diversi, praticamente opposti: timido, remissivo, ligio al dovere lui; ribelle, avventurosa, e misteriosa lei.
Misteriosa, si. “Margot amava così tanto i misteri da divenire un mistero lei stessa”. Così ce la introduce la voce del protagonista, e già nelle prime sequenze capiamo quanto sia vero. L’unico che non lo capisce è proprio Quentin, che a forza di tirarsi indietro dalle avventure di Margot (che ogni notte passa davanti alla sua finestra, di nascosto, per andare a cacciarsi nei guai) finisce con l’allontanarsi da lei.
Il tempo passa, le stagioni cambiano, cadono le foglie dagli alberi e i fogli dai calendari. E improvvisamente i due sono all’ultimo anno di liceo, ormai quasi sconosciuti perché l’adolescenza li ha portati ad entrare in compagnie completamente diverse.
Quentin si è gettato a capofitto nello studio, suona nella banda della scuola, odia l’idea del ballo di fine anno e passa i pomeriggi a giocare ai videogiochi con i suoi due migliori amici, Ben e Marcus. Margot è la ragazza più popolare della scuola, seduta sul sedile passeggero della decappottabile del ragazzo più fico del mondo, circondata da amiche bellissime. Ma non sempre quel che luccica è per forza oro.
Una notte la bella Margot torna a bussare alla finestra di Quentin. Ha bisogno del suo aiuto, perché ha scoperto che la sua migliore amica ha passato gli ultimi mesi a farsi il suo ragazzo, e sta meditando vendetta. Anzi, ha già un piano. Ma ha bisogno di un aiutante.
E così inizia la notte più intensa e meravigliosa che Quentin abbia mai vissuto in tutta la sua vita. Fra effrazioni, vandalismo e un romantico ballo all’ultimo piano di un grattacelo, riesce a scoprire qualcosa sull’enigmatica ragazza che è diventata la sua migliore amica d’infanzia. E, proprio quando il fuoco che bruciava in lui ogni volta che la pensava stava per estinguersi, una scintilla lo riaccende e le fiamme divampano.
Il giorno dopo sarebbe stato tutto diverso. Magari avrebbero addirittura finito col mettersi insieme. Ma non sempre quel che luccica è per forza oro.
Infatti il giorno dopo Margot a scuola non c’è, e neanche quello dopo o quello dopo ancora. E’ scappata. E Quentin scopre degli indizi che potrebbero rivelargli dove è andata …
E’ una commedia frizzante e ispirata, quella realizzata da Jake Schreier. Tratta dal romanzo “Paper Towns” di John Gree, già autore di “Colpa delle Stelle”, la storia è una bella riflessione sul cosa significa vivere davvero, sull’importanza dell’amicizia e dell’amore. Ma anche sul diventare grandi, crescere e lasciarsi alle spalle la spensieratezza dell’adolescenza.
Grazie al viaggio che Quentin intraprenderà per ritrovare Margot, il ragazzo capirà che la fine del liceo per lui non è stata altro che l’inizio della sua vita: nelle due settimane passate da quella notte in cui Margot, dopo tanti anni, è tornata a bussare alla sua finestra, si è sentito vivo per davvero, ha riso, gioito, sofferto, e sognato.
La sceneggiatura è divertente, piena di battute esilaranti e priva di spiegoni. Non insiste nel voler cercare di trasmettere il messaggio del film, perché è il film stesso a farsi comprendere a pieno. La regia non strafa ma non sbaglia mai, e il montaggio la segue a ruota, aggiungendo un paio di trovate davvero ispirate e apprezzabili.
Il protagonista è interpretato dal magnifico Nat Wollf, tanto giovane quanto simpatico e credibile nel ruolo del ragazzo perdutamente innamorato di una ragazza che non può avere. E vissuta quella prima notte di bravate e follie, dopo un’intera vita passata a rispettare le regole, si rende conto che l’unica cosa che vuole – Margot – vale ogni regola che infrangerà per raggiungerla.
Ma la vera star della pellicola è Cara Delevingne. L’attrice britannica è perfetta per la parte dell’enigmatica Margot, uno spirito libero che non vuole lasciarsi domare dalla società. Per certi versi, ricorda un po’ il personaggio di Brad Pitt in Fight Club, paragone che faccio con le dovute proporzioni e sottraendo chiaramente la pazzia da terrorista megalomane di Tyler Durden.
Margot è quella parte di ognuno di noi che vorrebbe vivere la propria vita senza seguire i dogmi della società, vagando all’avventura di città in città senza la più pallida idea di cosa fare il giorno dopo. Margot è l’incarnazione della libertà e del vivere come vogliamo. E la Delevingne dà concretezza a questa persona idealizzata con una prova che è quasi magica: i suoi occhi sorridenti guizzano in simpatici giochi di sguardi, con una mimica facciale sagace, buffa, sensuale.
Unica nota stonata il doppiaggio in italiano, leggermente fiacco per quasi tutti i personaggi ma in particolare per quello di Cara Delevingne, con una voce che spesso sembra trascinata e quasi mai in linea con quella particolare scintilla che brilla negli occhi dell’attrice londinese.
Per il resto un piccolo grande film, che ci insegna che urlare “al diavolo le regole”, ogni tanto fa bene. Perché anche se alla fine non riusciamo a realizzare i nostri sogni, non c’è niente di più forte dell’emozione che proviamo nel cercare di raggiungerli.