Recensione: Sex Pistols – La Biografia a Fumetti

Pubblicato il 7 Febbraio 2011 alle 15:52

Autori: Jim McCarthy (testi), Steve Parkhouse (disegni)
Casa editrice: Edizioni BD
Provenienza: UK
Prezzo: € 10,00, 17 x 24, pp. 80


Il binomio rock/fumetto mi ha spesso intrigato e questi due media, tra i più rilevanti dell’immaginario pop, al pari del cinema e della televisione, sono sovente andati a braccetto. È scontato citare i Kiss (che già avevano una valenza fumettistica) e, come sanno tutti, esistono comics imperniati su di loro e lo stesso Gene Simmons, ormai, si occupa di letteratura disegnata con la sua etichetta Simmons Comics Group.

Negli ultimi anni, inoltre, vari esponenti della musica rock, o comunque ad essa legati, si sono cimentati nella realizzazione di fumetti. Per giunta, serials celebrati come Sandman o Hellblazer devono molto all’attitudine post-punk o gothic. E, in un curioso scambio di ruoli, cartoonist leggendari come Alan Moore incidono dischi.

Citando Alan Moore, mi viene spontaneo ragionare sulla Gran Bretagna e, nello specifico, sul punk. Indipendentemente dal giudizio che si può dare su tale tendenza, il punk rappresentò, nel bene e nel male, un capovolgimento dei canoni musicali, artistici e sociali precedenti e, in particolare nel Regno Unito, fu un fenomeno cruciale. Autori trasgressivi e innovativi come, appunto, Moore, ma pure Gaiman, Morrison e altri, con la loro attitudine eversiva, devono senz’altro qualcosa al punk.

E se si parla di punk, è impossibile non citare i Sex Pistols, la band più conosciuta di tale ambito. Forse non la migliore ma sicuramente la più rappresentativa. E le loro vicissitudini sono adatte a una trasposizione fumettistica e la Edizioni BD propone, infatti, questo Sex Pistols – La Biografia a Fumetti, pubblicato dalla Omnibus Press, scritto da Jim McCarthy e disegnato da Steve Parkhouse.

I due autori sono di scuola 2000 AD e Parkhouse è ricordato per aver ideato una sequenza di storie piuttosto bizzarre del marvelliano Nick Fury Agente dello Shield, che ebbero solo l’handicap di uscire dopo la leggendaria run dello psichedelico Jim Steranko e perciò passarono inosservate; ma ha anche collaborato con il sommo Alan Moore, realizzando l’incredibile Bojeffries Saga (anni fa la Star Comics pubblicò qualche episodio).

Rispettando la tendenza dadaista e situazionista del manager dei Pistols, Malcolm McLaren, con testi ispirati al cut-up di Burroughs e a quelli delle fanzine di fine anni settanta, McCarthy e Parkhouse raccontano, quindi, l’ascesa e la caduta di una delle band più oltraggiose della storia del rock, con un ritmo adrenalinico, la cui scansione a tratti può far pensare a quella della pellicola di Julian Temple, ‘The Great Rock’n’Roll Swindle’.

C’è sostanzialmente tutto: le origini di Johnny Rotten, gli inizi nella boutique Sex di McLaren e della Westwood, lo scandalo nel talk show televisivo di Bill Grundy, i primi concerti, e poi l’arrivo di Sid Vicious, la morte di Nancy Spungeon e così via. Tuttavia, i due autori non vanno mai in profondità e non si concentrano su quelle che erano le tensioni socio-politiche dell’Inghilterra pre-thatcheriana. E i rapporti inter-personali tra i componenti del gruppo, così come le loro psicologie, non vengono mai veramente descritti in maniera dettagliata. L’impressione che ne ricavo è quella di una generale superficialità e forse la storia dei Pistols si sarebbe dovuta dipanare nell’arco di una miniserie e non in un one-shot di poco meno di cento pagine. I testi sono così così; ma i disegni di Parkhouse, invece, interessanti. Così come, comunque, è interessante l’esperimento che, però, mi sento di definire, con le pecche da me rilevate, più che altro una occasione mancata. Peccato.


Voto: 6

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