Gus vol. 2: Christophe Blain spoglia il mito del Far West – Recensione

Pubblicato il 11 Agosto 2015 alle 11:30

Il Far West: epoca di territori selvaggi, mezzogiorni infuocati, sceriffi valorosi…e banditi innamorati.

Proseguono veloci e scatenate come uno stallone al galoppo le avventure del trio di fuorilegge più eccentrico di tutta la Frontiera, sbattuto fuori dalla prigione della penna di Christophe Blain. Gus, Clem e Gratt non sono cambiati dai tempi di Nathalie, primo, travolgente volume a loro dedicato: sconsiderati, imprevedibili, avventati, una vera spina nel fianco per banche e treni portavalori, i tre briganti non sono però guariti dalla malattia più crudele di tutte: l’Amore, di cui sono perennemente afflitti.

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Donne e Denaro, ecco i loro idoli. Ma, soprattutto, le Donne e il Denaro per far colpo su di esse. Ciascuno di loro tenta di farlo con le proprie strategie personali: Gus, ad esempio, gran maestro dei seduttori, è pronto ad inventare complicati stratagemmi, a fingersi uno scrittore in incognito o a diventare un campione di poker, pur di conquistare il cuore della graziosa impiegata della banca che , teoricamente, avrebbe dovuto svaligiare. Ma non per questo i suoi colleghi di malefatte se ne hanno a male, anzi, lo capiscono e, segretamente, lo ammirano per il suo talento innato di sciupafemmine. Quanto desidererebbe emularlo,il goffo Gratt! E quanto vorrebbe essere come lui, libero e vagabondo,  il tormentato Clem!

Il Bel Bandito, in effetti, è soprattutto la storia di quest’ultimo, dell’omaccione con i capelli a forma di broccoli, in bilico tra la passione travolgente per Isabella, l’insaziabile messicana dagli occhi azzurri conosciuta a El Dorado, la città delle veneri innamorate, e il ricordo di piombo della piccola Jamie, la figlioletta che lo attende da qualche parte, in una casetta nella prateria, insieme alla moglie Ava, scrittrice di romanzi d’appendice. Un uomo diviso tra due letti e due vite, un futuro da padre di famiglia e uno fatto di fughe nella notte per fare l’amore nei luoghi più selvaggi del Nord America. Sullo sfondo, la solita routine di sparatorie forsennate, stragi di sceriffi ed esplosioni di dinamite.

Gus 2. Bel Bandito, riparte da dove avevamo lasciato il primo capitolo e si apre ancora una volta con  una luminosa, epica vignetta degna di una panoramica di Sergio Leone. Il rude Clem è solo, avvolto nel suo cappotto giallo, sotto un cielo arido di nuvole, e attende sulla banchina di una misera stazione. All’orizzonte compare un batuffolo sbuffante. È il treno che sta aspettando e da cui scenderà un solo passeggero: Isabella, la sua Isabella, la sua splendida amante.

Poche pagine e Christophe Blain, gran maestro della frenesia d’amore, dispiega davanti al lettore la tragicommedia delle peripezie dei suoi tre banditi innamorati, mostrandocene ancora una volta tanto le scorze dure quanto i cuori morbidi e trasudanti insicurezze. Grande impresa del fumettista di Gennevilliers, infatti, è quella di aver scardinare il secolare canone del western tradizionale, mescolandovi quantità strabordanti di erotismo e passione, di surrealismo sentimentale, ma anche di ironia tagliente, che va a colpire in modo particolare quell’aura di sicurezza e miticità che aveva finora sempre accompagnato tanto i buoni quanto i cattivi dei romanzi e dei film ambientati ai tempi della corsa all’oro.

In Bel Bandito, la “tinta rosa” si fa ancora più preponderante, così che gran parte delle 88 pagine del volume risultano scandite dagli incontri semi-clandestini tra Clem e Isabella, intrecciati a quelle che sono le manifestazioni visive dei dubbi e dei ripensamenti che imperversano nell’animo del rapinatore, grandi visioni oniriche e mostruose creature allegoriche che solo Clem e il lettore possono vedere, come l’enorme ciclope che lo perseguita ad ogni suo appuntamento galante e che sembra incarnare il senso di colpa del padre e marito traditore.

In questo Christophe Blain sfodera tutte le sue armi migliori di artista e narratore: non c’è sussulto della coscienza di Clem che egli non sappia rappresentare, con colori sgargianti, linee, parole o addirittura in note: molte sono infatti le struggenti canzoni intonate dai suoi personaggi nel corso della storia, vere e proprie colonne sonore di questo romanzo d’amore.

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E, mano a mano che si dispiegano i dettagli nascosti della sua duplice relazione, conosciamo sempre più a fondo la personalità e la storia del bandito dal doppio ciuffo arancione, di cui ci vengono raccontati il passato lontano e quello recente, il ricordo del suo incontro con Ava e dei suoi tentativi (falliti) di darle in dote una vita normale. È difficile, per chi è nato e sempre vissuto nel crimine, imparare a farne a meno, soprattutto quando si hanno grandi sogni da realizzare e che necessitano grandi investimenti di capitale. Perché Clem, così come Gratt e il romantico Gus, non è un normale buzzurro dal grilletto facile.

Disegni d’autore, inconfondibili, mobili e vorticosi, come volute di fumo in un saloon o come miraggi sotto il sole implacabile delle terre aride, rendono questa bande dessinée targata Bao Publishing un’esperiena visiva di assoluto potere ammaliante. Il lettore, infatti, si trova a nuotare con gli occhi tra miraggi, allucinazioni e creazioni fantastiche di inconsci che non si riescono a zittire, il tutto tinto con colori spesso innaturali, ma incredibilmente espressivi, roventi nei momenti della passione, più spenti e lontani nei lunghi ricordi.

Christophe Blain, in questo secondo capitolo, varca i confini del polveroso mondo materiale, penetrando in profondità nei sogni e nei fantasmi dei suoi protagonisti.

In Bel Bandito, la trama perde di centralità, i tanti avvenimenti, le rapine, gli incontri, i dialoghi, i silenzi, sfumano nel più vasto orizzonte delle emozioni, dei ricordi e delle speranze. I pensieri di Clem (e i suoi ripensamenti) appaiono combattimenti più agguerriti di quelli scatenati contro intere legioni di sceriffi e le sue irruzioni amorose sono più entusiasmanti, azzardate e pericolose di tutti gli assalti a diligenze o signorotti benestanti.

Brillante poi l’idea di dotare Ava, l’autoritaria moglie di Clem, di una seconda vita di autrice di romanzetti rosa in crisi artistica e identitaria. Dopo il comico cammuffamento di Gus, che, all’inizio del volume, si finge poeta e scrittore per far innamorare una bella impiegata di banca, l’autore torna ad arricchire l’elemento meta letterario, quasi come se, dopo aver ironizzato su ogni cosa, sul western, sull’amore, sui romanzi di avventura, ora voglia mettere in discussione ed umiliare un po’ anche il suo stesso ruolo di “creatore”.

Christophe Blain spoglia il mito del Far West, della sua sacralità, ma non per gettarlo nella polvere, bensì per riportarlo su un piano tutto umano, quello dele passioni irresistibili, delle bugie, degli errori, delle fantasie, delle paure. Il risultato è un’opera che, all’apparenza assurda, esagerata, stralunata, riesce invece a cogliere tante importanti verità sulla natura maschile e femminile.

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