Fantastic 4 – I Fantastici Quattro – Recensione
Pubblicato il 8 Agosto 2015 alle 23:16
Il giovane e geniale Reed Richards ha lavorato per anni ad un prototipo di teletrasporto con l’aiuto dell’amico Ben Grimm. Il suo operato attira l’attenzione del prof. Franklin Storm, direttore della Baxter Foundation, un istituto di ricerca finanziato dal governo. Reed viene assunto per lavorare con i figli di Storm, Sue e Johnny, ad un portale quantico progettato da Victor von Doom. L’accesso alla dimensione parallela chiamata Pianeta Zero cambierà la loro vita per sempre.
É inutile conferire i poteri dei Fantastici Quattro ad altrettanti tizi se tutto il resto non c’entra assolutamente niente con il team di supereroi creato da Stan Lee e Jack Kirby. I due precedenti film sulla superfamiglia con superproblemi, diretti da Tim Story, usciti nel 2005 e nel 2007, sono stati devastati da critica e pubblico per il tono puerile e gli eccessi comici, quindi la Fox ha deciso di affidare il reboot al regista Josh Trank, che si è fatto conoscere con il sopravvalutato mockumentary Chronicle che denotava già un approccio realistico e dark al genere supereroistico.
Ispirandosi in parte alla versione Ultimate dei Fantastici Quattro, Trank ha fatto anche peggio di Tim Story, portando Mr. Fantastic, la Torcia Umana, la Donna Invisibile e la Cosa in un contesto più concreto, smorzando l’azzurro delle loro tute e svuotando il film di quel sense of wonder che da sempre caratterizza le storie del gruppo figlio dell’ingenua fantascienza anni ’50 mixata a dinamiche soap.
Il film è tutto un primo atto di un centinaio di minuti e la sceneggiatura è di una pochezza imbarazzante. Trank è riuscito nell’impresa di introdurre meno action rispetto ai film di Story, eppure, nonostante la sovrabbondanza di dialoghi, perlopiù retorici, i personaggi restano monodimensionali e non ci si affeziona a nessuno. Non c’è nulla. L’emarginazione e l’alienazione del geniale Reed, il triangolo sentimentale con Sue e Victor, quest’ultimo lontanissimo dalla controparte fumettistica, l’atteggiamento da testa calda dello scavezzacollo Johnny, i tormenti interiori di Ben. Tutto è appena accennato e trattato per sommi capi. Uno spreco di buoni interpreti tra cui gli emergenti Miles Teller e Kate Mara.
La sensazione è quella di guardare un filmetto per la tv. La regia è monotona. Le scenografie sembrano essere solo due: i laboratori del Baxter Building e il Pianeta Zero. Il mondo esterno viene mostrato col contagocce. Quando sembra poter esserci un combattimento tra i quattro protagonisti in puro stile Marvel, tutto si conclude in due secondi con una testata. Lo scontro finale con Doom, unica vera scena d’azione del film, è breve e priva di idee. Gli effetti visivi sono dozzinali e la colonna sonora di Marco Beltrami e Philip Glass è anonima.
A ridosso dell’uscita del film negli USA, Trank ha accusato la Fox con un tweet di aver alterato la sua opera, salvo poi cancellare il post alla chetichella. Il problema qui non è il montaggio ma è la concezione di base della trasposizione ad essere completamente sbagliata. Trank ha anche abbandonato la regia di uno dei prossimi film di Star Wars perché, parole sue, il progetto gli avrebbe causato troppo stress dopo essere stato così a lungo sotto i riflettori per il film sui Fantastici Quattro. Forse il regista farebbe bene a rivedere le proprie priorità. Per ora, la sua visione estetica ed autoriale non ha fatto altro che dare ai Fantastici Quattro una nuova incarnazione cinematografica inerte, priva di qualsivoglia afflato epico e potenzialmente fallimentare.