Poltergeist – Recensione
Pubblicato il 6 Luglio 2015 alle 13:12
I coniugi Eric ed Amy Bowen si trasferiscono in una nuova casa insieme ai tre figli Kendra, Griffin e Madison. Presto iniziano a manifestarsi terrificanti presenze sovrannaturali che rapiscono la piccola Madison. La famiglia dovrà quindi unire le forze e cercare di salvare la bambina con l’aiuto di un gruppo di ricercatori del pararnormale guidati dallo specialista dell’occulto Carrigan Burke.
Per essere un film di Tobe Hooper, regista di truculenti slasher movie come Non aprite quella porta, il Poltergeist originale viene da molti considerato troppo addolcito dallo stampo produttivo e dalla sceneggiatura di Steven Spielberg risultando sì divertente ma anche spaventoso quanto può esserlo un Gremlins o un Ghostbusters. Rimane, tuttavia, una delle pietre miliari del cinema horror anni ’80 che ha dato vita a due sequel e ad una serie tv.
Poteva quindi risultare interessante un remake realizzato sotto la differente visione produttiva di Sam Raimi, regista de La Casa, uscito proprio l’anno prima di Poltergeist, che non risparmiava nulla sul piano della violenza e dello splatter. Una delle prime regole nell’approcciarsi ad un rifacimento sarebbe quella di non confrontarlo con l’originale ma se la nuova versione non fa altro che riproporre le dinamiche della precedente senza alcuna novità, anzi, rendendo tutto più debole, allora la rilettura diventa davvero un brutto facsimile fine a se stesso.
Gil Kenan, che ha già avuto a che fare con case infestate come regista del film d’animazione Monster House, si prende qualche minuto di troppo per presentare la famigliola protagonista. Sam Rockwell gigioneggia cercando di tratteggiare un padre di famiglia in crisi per aver perso il lavoro ma tutto è appena accennato e non c’è sviluppo nel prosieguo. L’ultima mezz’ora se la prende invece il grande Jared Harris nel ruolo del simpatico occultista che scade però negli stereotipi del vecchio lupo di mare pieno di cicatrici e racconti pittoreschi.
Non tutto ciò che funzionava negli anni ’80 è efficace ancora oggi. Dopo gli Insidious e i Paranormal Activity tante idee non risultano più originali, dal bambino trascinato da forze invisibili, passando per i pupazzi clown viventi fino ad una toccata e fuga nel mondo dell’aldilà reso da pessimi effetti digitali. Nemmeno l’introduzione di moderni mezzi tecnologici, come il drone volante con telecamera, riescono a stimolare nuove idee.
Pochissima tensione, non spaventa, non diverte e, come nell’originale, non c’è un morto né una goccia di sangue. Solo il finale riserva un prevedibile colpo di scena. La sensazione è che il regista abbia avuto paura di andare a modificare troppo il cult di Tobe Hooper ed abbia proceduto col freno a mano tirato realizzando una sbiadita, inutile fotocopia da accartocciare e gettare nel cestino.