Marvel Collection presenta Miracleman n. 15: Recensione
Pubblicato il 25 Giugno 2015 alle 15:10
Arriva lo scontro definitivo tra Miracleman e la sua terribile nemesi! Non perdete questo albo che rappresenta il culmine della saga revisionista del grande Alan Moore valorizzato dagli incredibili disegni di John Totleben!
Ho già affrontato in diverse occasioni il discorso su Miracleman, straordinaria opera di Alan Moore che diede il via al revisionismo supereroico, e non intendevo tornare sull’argomento. Ma questo quindicesimo albo del mensile Panini Comics mi spinge a rivedere la mia decisione, considerando il livello qualitativo. Livello che definire stellare è un eufemismo. Coloro che stanno seguendo l’edizione italiana di Miracleman sanno bene che si tratta infatti di una pietra miliare dei comics.
Negli ormai lontani anni ottanta il Magus riprese Marvelman, classico character inglese creato dal compianto Nick Anglo, e lo inserì nella Gran Bretagna thatcheriana, scrivendo testi lirici e intensi, di impostazione letteraria, e destrutturando, episodio dopo episodio, gli elementi tipici dei comics supereroici. Il risultato fu memorabile e la serie anticipò ciò che presto il Bardo di Northampton avrebbe realizzato negli Stati Uniti con capolavori del calibro di Swamp Thing e di Watchmen.
La serie era suddivisa in cicli e quello conclusivo, denominato Olimpo, è senza dubbio il più importante. Dopo la sconfitta della consueta nemesi del protagonista, il Dr. Gargunza, è accaduto qualcosa di terribile che non viene subito rivelato. Miracleman, simile a una divinità distaccata dai comuni mortali, rievoca gli eventi che hanno mutato radicalmente la sua vita. Sin dal principio si intuiva che un ruolo determinante è stato giocato dall’ex sideckick Kid Miracleman. Quest’ultimo, divenuto un folle pervertito, non è riuscito a tenere a bada il suo lato oscuro, è fuggito dall’istituto in cui si trovava e si è reso responsabile di incredibili devastazioni.
E in questo episodio Moore ci mostra, senza risparmiarci dettagli raccapriccianti, ciò che Kid Miracleman ha combinato. E racconta l’ultimo, sconvolgente scontro tra i due avversari. Il Magus gioca con un tipico elemento della fiction, cioè quello della lotta tra il bene e il male. E lo fa con testi allucinati e poetici, ricchi di metafore e giochi di parole. E’ un grande esempio di scrittura che conferma l’assoluto valore di Alan Moore come autore e sceneggiatore. Kid Miracleman rappresenta ovviamente il Male ma forse Miracleman non è simbolo del Bene, o perlomeno non lo è del tutto. L’atmosfera di ambiguità morale permea la trama e il gesto che alla fine l’eroe compie è realmente eversivo, almeno per ciò che concerne gli standard dei comics anni ottanta.
Ma questo tassello narrativo di Miracleman rievoca anche tutto ciò che finora era stato raccontato. Alcune vignette richiamano eventi precedenti che all’apparenza parevano privi di senso e vale soprattutto per gli enigmatici Warpsmith. Invece ogni cosa aveva un posto preciso e Alan sin dal principio sapeva dove sarebbe andato a parare. Non mancano i riferimenti, spesso impliciti, alla fisica quantistica, ai Vangeli apocrifi, alla filosofia e a tante altre tematiche abituali per un autore dotato di vasta cultura come Moore. Questo episodio è, a conti fatti, la conclusione della sua run, sebbene manchi ancora un albo che costituisce una specie di riepilogo dell’intera saga.
I disegni di John Totleben sono eccezionali, specialmente se si considera che all’epoca il bravissimo penciler stava già perdendo la vista. Osservando la composizione certosina della tavola c’è da rimanere sbalorditi. Il lay-out è inventivo, a tratti caotico, ma il caos compositivo si addice alla rappresentazione di una Londra oscura e infernale, letteralmente rasa al suolo da Kid Miracleman, e degna di un horror (e non dimentichiamo che Totleben aveva illustrato gli episodi di Swamp Thing, sempre scritti da Moore).
Osservare l’arte di Totleben è come sperimentare un trip da LSD e la valenza visionaria, psichedelica e destabilizzante di ogni inquadratura è innegabile. Lo sguardo agghiacciante di Kid Miracleman, quello freddo e intimidente, quasi disumano, di Miracleman e le figure di cadaveri e di corpi mutilati e feriti che paiono usciti da un quadro di Bosch o di Brueghel sono ciò che più cattura l’attenzione. Insomma, questo numero di Miracleman è un gioiello. Non perdetelo.