Remaster HD: un “crimine” per i videogiocatori?
Pubblicato il 25 Giugno 2015 alle 13:30
I videogiochi non sono eterni, questa è una triste verità. Giocare i mitici videogiochi delle decadi passate è una strada che, se scelta di essere percorsa, non lascia spazio a molte decisioni possibili: la prima, più ovvia e difficile da realizzare, è possedere ancora le console e i videogiochi adatti originali, rigorosamente funzionanti.
Se non si hanno questi due elementi principali bisogna ricorrere all’espediente monetario, il quale diventa sempre più inaccessibile con lo scorrere degli anni dalla data di uscita di produzione delle console e dei videogiochi.
Al che, altre due possibilità compaiono sulla strada: una sono gli emulatori e le roms, una scelta da molti considerata immorale – e addirittura illegale – per i motivi più disparati, alcuni più giusti di altri.
L’altra scelta riguarda i remaster.
Remaster.
Solo la parola infonde sensazioni che vanno dalla nostalgia al terrore che i cari amati compagni di gioco virtuali della più tenera età vengano deturpati e rovinati da un abuso senza ritegno per un mero scopo di lucro.
Ultimamente, però, quest’ultima descrizione sembra essere presa come unica, vera realtà. Ma la realtà dovrebbe essere considerata anche da altri punti di vista.
Iniziando dalla prima parte di questo articolo.
I videogiochi non sono eterni, o meglio: le compagnie di videogiochi non sono eterne.
Ebbene sembrerebbe così, questa suona come prima verità. Le compagnie nascono e muoiono insieme ai loro creatori fatti di carne e ossa o, meno poeticamente, finiscono i loro beni finanziari, e la bancarotta decreta la sparizione delle speranze di vedere cosa avrebbe riservato il futuro di questa o di quella azienda.
Con le compagnie, ovviamente, muoiono anche i loro videogiochi. O meglio, termina la loro produzione per la vendita nei negozi (a meno che la compagnia non sia stata comprata o integrata da un colosso del marketing, e che questa sia abbastanza clemente da non ritirare prodotti vari già annunciati dai mercati globali).
Quando questo succede, viene a mancare anche una parte della storia dei videogames, che può essere più o meno personalmente importante. E bisogna, per forza di cose, prendere uno dei due o entrambi i cammini descritti sopra: “sganciare” cash o “piratare” emulatori e roms.
E quando il problema non è il fallimento di una compagnia ma semplicemente il continuo, incessante progredire di questa, con una tecnologia sempre più all’avanguardia, con personale costantemente necessario per lavori il più precisi e concisi possibili (dalle texture impeccabili al dinamismo degli elementi nel videogioco che si adattano alle condizioni climatiche di vento, pioggia e sole del mondo virtuale), con tempi tra un lancio di prodotto e l’altro il più ravvicinati possibile per non dare respiro alla concorrenza malefica, o con problemi di crisi finanziaria sparsa un po’ in tutto il mondo?
Quando uno sviluppatore di videogiochi vuole solo un attimo di respiro tra un hype e l’altro, accontentando i fans o sé stessi, è davvero così male rilasciare un remaster?
Esatto, magari un remaster in HD, che aggiorna la grafica o la giocabilità? Forse che aggiunge scene precedentemente tagliate per una questione di tempo o di budget? O perfino che dia il giusto merito a ogni capitolo della saga, com’è successo con le remaster di Kingom Hearts, di God Of War e di Metal Gear Solid (con i loro sequel e spin-off su altre console, riadattate per gli amanti della saga).
Quando tutto ciò viene fatto, perché dovrebbe essere considerato per forza una cosa negativa? Forse perché gli sviluppatori guadagnano “tanto” con “poco”?
Sembra invece più realistico pensare che i costi di mantenimento per una casa sviluppatrice di videogiochi siano sempre più alti, e il budget richiesto per soddisfare i requisiti di ogni “next gen” sia altrettanto più pesante da sostenere, a meno che non sia già una casa affermata.
Continua a leggere, sfoglia pagina…
–
Un esempio possono essere i costi di GTA V, che ha affascinato milioni di giocatori nel mondo dopo una sfiancante attesa (un pensiero va ai computer gamers) e un deludente – per i più – GTAIV, sono stati ben 265 milioni di dollari (contro i 100 del precedente capitolo GTAIV, appunto).
Skyrim arriva a un soffio dai 90 milioni. Too Human, Red Dead Redemption, Disney Infinity sono tutti intorno ai 100 milioni di dollari. E gli esempi possono continuare.
Non si pensi, comunque, che non ci siano stati casi in cui un videogioco anni ’90 non avesse bisogno di un elevato ammontare di liquidi (Final Fantasy VII ha avuto un costo di oltre 145 milioni di dollari), ma questo non è tutto.
Le compagnie di videogiochi devono lottare contro il tempo per sviluppare un prodotto da lanciare prima che le spese di normale amministrazione superino di troppo i guadagni ricavati.
E tra un progetto e l’altro di videogiochi che puntano a entrare prepotentemente nella crème dell’avanguardia, sfondando con forza i cancelli della next gen, progetti che impiegano risorse umane e monetarie soffocanti. Si deve considerare un crimine tanto abietto quello di rispolverare ciò che si ha già semipronto sullo scaffale?
Qui il mondo dei giocatori si divide su due fronti: ci sono quelli contenti per l’uscita di un remake per cui si sentivano curiosi o nostalgici, e quelli che si sentono delusi e rammaricati per un’uscita riciclata da una casa per prendere tempo.
Eppure c’è anche il modo per quest’ultimi di essere sereni, nonostante tutto: il non acquisto
Questo potrebbe essere un punto importante. Ha senso prendersela con chi rilascia un remaster? In fondo se agli utenti non interessa basterebbe non comprarlo e basta, nessuna delle due parti rimarrebbe offesa.
Le motivazioni dalla parte degli utenti scontenti che malgiudicano a priori un prodotto rimasterizzato sembrano, tuttavia, difficili da capire. La possibilità di giocare alla collection dei poetici ICO e Shadow Of The Colossus comodamente su PlayStation 3 prima di assaporare l’epicità di The Last Guardian, o la trama che mescola divino-mortale con la natura artistica di Okami, che fastidio può provocare nella parte non interessata? Potrebbe essere che il remaster sia un modo le case sviluppatrici guadagnano avendo fatto un lavoro “a metà”?
Bisognerebbe però riconoscere che è proprio questo il lavoro di uno sviluppatore, il metodo di guadagno si basa solo sulle vendite, e può capitare anche che vengano lanciati prodotti non apprezzati. Tuttavia il prodotto ricavato dalle vendite di Collection HD come, ad esempio, quella di Metal Gear Solid per PS3 e Xbox360 potrebbe aiutare anche la casa sviluppatrice per essere investito nelle nuove tecnologie, o in nuovi dipendenti da assumere, e velocizzare anche la produzione del capitolo tanto atteso per PS4 e Xbox One.
Probabilmente le apparenze fanno facilmente sottovalutare l’impegno e la costanza che ci vogliono per creare un videogioco, perché questo è pur sempre un prodotto complesso da realizzare – forse come qualsiasi prodotto di abilità artistiche. Il remaster potrebbe considerarsi un modo di dire “stiamo lavorando sodo, e ci farebbe piacere se nel frattempo poteste avere pazienza e piacere di giocare a questa vecchia perla”?
Per molti sicuramente provoca soddisfazione vedere le nuove generazioni di gamers giocare con quei tesori che, anni fa, hanno tenuti svegli per notti intere, hanno fatto sognare, disperare, piangere, incavolare, con ingegnosi espedienti e plot twist, accompagnati da armonie musicali spesso molto azzeccate.
Questo articolo infine si conclude sperando che il giusto spazio di quiete venga ridato alle remaster e ai vecchi o nuovi giocatori, che avranno piacere di (ri)giocarle, per rimanere neutrali nel giudizio. Prima di sdegnare un prodotto, bisognerebbe essere sicuri di non avere preso una posizione solo in base a pregiudizi o luoghi comuni. Perché qualcuno una volta disse:
“People are ignorant. They’ll feel better as long as someone is punished.“
– Knigts of Catarina