Le 5 Migliori Storie di Alan Moore

Pubblicato il 23 Giugno 2015 alle 16:00

Riconosciuto all’unanimità come il migliore scrittore di fumetti di sempre, il Bardo di Northampton ha contagiato il mondo intero con il suo genio assoluto. La maggior parte delle sue opere sono considerate capolavori indiscussi, tanto che in alcuni casi gli sono valsi premi di cui generalmente non vengono insigniti i comics, ma i romanzi. Nato in Inghilterra nel novembre del 1953, dopo 16 fra Harvey e Eisner Awards al Miglior Scrittore (un record), ha definito le generazioni di scrittori che gli sono succedute.

Si definisce “occultista”, Alan Moore, cioè, secondo il vocabolario Treccani, “colui che segue le dottrine dell’occultismo, e ne compie le pratiche”. Che cos’è l’occultismo? Sempre secondo il Treccani si tratta di  un “complesso di dottrine fondate su una concezione religiosa, metafisica e fisica dell’universo che presuppone l’esistenza, al fondo della realtà, di forze dinamiche, personali o impersonali, fisiche o psichiche, inconoscibili con gli strumenti della logica o della scienza matematica e sperimentale (da qui il termine “occulto”), ma con le quali si possono stabilire rapporti attraverso strumenti conoscitivi o tecnico-pratici riservati a pochi sapienti”.

Se vi siete persi, focalizzate la vostra attenzione sulle ultime quattro parole: “riservati a pochi sapienti”. Capito? Pochi sapienti. Il sapiente è colui che la sa lunga, in poche parole. E Alan Moore la sa sicuramente più lunga di tutti.

Come avrebbe potuto realizzare il capolavoro di complessità che è Watchmen, o immaginare il futuro distopico così realistico e spietato visto in V for Vendetta? Il suo stile lirico – poetico a tratti – ha spinto la narrativa a fumetti alla conquista di vette che nessuno prima di lui aveva mai neanche immaginato, figuriamoci se pensato di raggiungere.

Queste sono le cinque migliori storie di Alan Moore.

Miracleman (o Marvelman)

La pietra miliare, il primo mattone di quella torre d’avorio che il Bardo di Northampton avrebbe eretto al fine di innalzare i comics verso i vertici della letteratura moderna. Da qui parte il celebre revisionismo supereroico, fenomeno che negli anni ’80 prese di peso i supereroi classici e li catapultò in un mondo più cupo e realistico, più spietato e oscuro, più simile al nostro.  L’unica cosa che c’è da dire è che – se lo avete perso – dovreste farvi un favore e recuperarlo al più presto: proprio in questo periodo (al termine di una decennale battaglia legale per i diritti d’autore) la Panini sta ristampando l’intera run di Moore sull’indimenticabile Super Uomo – inteso nel senso più filosofico e nietzschiano del termine. Kimota!

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Swamp Thing

Sceneggiature dettagliate in ogni minimo particolare, scene evocative ed emblematiche con personaggi mistici e ogni genere di malvagità. Durante tutto il suo ciclo su Saga of the Swamp Thing, Alan Moore rivoluzionò il personaggio della DC Comics e si affacciò per la prima volta sul mercato fumettistico statunitense, e rinnovandolo pesantemente non solo rivoluzionò tutto, ma cambiò ogni cosa venne in seguito.

Il protagonista – coadiuvato di tanto in tanto da personaggi meno conosciuti  che Moore si diverte a pescare dal cosmo DC e a cui infonde nuova linfa (lo Straniero Fantasma, Etrigan, lo Spettro, Deadman) o che crea di sana pianta attingendo alla sua inesauribile fantasia (John Costantine) – deve affrontare un percorso magico, iniziatico, occulto (ancora questa parola) che lo porterà verso un’esplorazione sistematica e paradigmatica del male più puro, analizzato attraverso le sue molteplici forme: violenze e discrimazioni sessuali, razzismo, problemi legati all’ambientalisto (Swamp Thing è, essenzialmente, una pianta, un elementale della terra collegato allo spirito della terra stessa) e spesso i vampiri, i lupi mannari e i demoni che Swamp Thing incontra numero dopo numero, in questa discesa verso l’oscurità del cuore della tenebra, si scopriranno meno malvagi della creatura più minacciosa di tutte: l’uomo.

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V for Vendetta

Una futuristica Gran Bretagna distopica, governata da un regime fascista, e nella quale si intrecciano le vicende di numerosi personaggi più o meno importanti, tutti collegati in qualche modo al misterioso terrorista conosciuto col nome di V, il cui volto è celato da una maschera di Guy Fawkes (militare e cospiratore inglese che il 5 novembre del 1605 tentò di assassinare re Giacomo I facendo saltare in aria il Parlamento).

In questa epopea tragica c’è tutto: è stato lo stesso autore a dichiarare che il suo intento era quello di mischiare in un unico calderone elementi di George Orwell, Thomas Disch, Judge Dredd, David Bowie, Shadow, Batman, Fahrenheit 451, Thomas Pynchon, Robin Hood, Il Prigioniero, “Pentiti, Arlecchino!” disse l’Uomo del Tic-Tac”di Harlan Ellison, “Il Gatto” e “L’Ombra in Caccia nella Città sull’Orlo del Mondo”, sempre dello stesso autore. Se qualcun altro avesse riempito un calderone con così tanti e così diversi elementi, probabilmente quello che ne sarebbe uscito fuori avrebbe ricordato un tacchino dimenticato nel forno acceso durante la Festa del Ringraziamento.

Ma Alan Moore ha tirato fuori quel tacchino all’esatto punto di cottura, e dopo averlo condito con citazioni letterarie e aforismi originali da antologia (“Le idee sono a prova di proiettile”) lo ha servito alla tavola di un convivio speciale, un simposio al quale solo i maggiori capolavori del genere sono invitati. E se V for Vendetta è una delle portate principali, il suo autore siede a capotavola.

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Watchmen

Probabilmente non c’è niente che si possa dire a proposito di Watchmen che non sia già stato detto mille volte, ripetuto fino all’ossessione. Soprattutto, non c’è un termine originale da utilizzare per definirlo, o spiegarlo in una sola parola a chi non l’ha mai letto: capolavoro? opera d’arte? O un aggettivo, magari? Sublime? Eccelso? Unico?

Potrei ostentare sicurezza e, al solo scopo di farvi capire che so di cosa sto parlando, dirvi che le oltre 400 pagine della graphic novel in questione sono state premiate con un Hugo Award (primo fumetto a vincere tale riconoscimento) o che la celebre rivista Time lo ha inserito nella lista dei 100 migliori romanzi (romanzi, non fumetti) in lingua inglese dal 1923 ad oggi. Ma dichiarare ai quattro venti di essere un esperto di Watchmen, di conoscere ogni suo più intimo segreto, sarebbe ipocrita e stucchevole e sbagliato. Sarebbe una bugia. Perchè nessuno – eccetto l’autore – conosce Watchmen alla perfezione.

L’insieme totale dei suoi 12 capitoli è qualcosa che va troppo al di là dalla perfezione che tutti noi – come lettori – ricerchiamo in un’opera. E’ qualcosa di troppo grande.

Forse basta la seguente frase: il mondo dei comics può essere diviso in ciò che c’era prima di Watchmen, e tutto quello che è venuto dopo. Questo potrebbe riuscire in qualche modo ad avvicinarsi ad una spiegazione adeguata dell’opera, per quanto il termine adeguata sia assolutamente inadeguato a parlare di un’opera (o dell’Opera) che è letteralmente senza tempo.

Non avete mai letto Watchmen? Correte a recuperarlo. Sfogliate le sue pagine. Immergetevi nel mondo immaginato, creato e realizzato da Moore e Gibbons. Lo hanno creato per voi.

C’è una leggenda che gira intorno a questo titolo: non importa quante volte lo avete tirato giù dalla vostra libreria, non importa quante altre volte lo leggerete … Si dice che ad ogni nuova lettura – ogni singola volta – troverete un particolare che la volta precedente vi era sfuggito. E, come tutte le leggende, anche questa si basa su un briciolo di verità. Provare per credere.

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From Hell

Il più grande autore vivente di fumetti dà la caccia al serial killer più misterioso della storia: Jack lo Squartatore. Con From Hell Alan Moore (insieme ad uno straordinario Eddie Campbell) si getta con tutti gli stivali nel pantano fumoso dei delitti di Whitechapel, facendosi largo in una coltre di bugie, verità nascoste e false testimonianze.

Ispirata fortemente a “Jack The Ripper – The Final Solution” scritto da Stephen Knight e pubblicato nel 1976, l’opera di Moore è il frutto di una documentazione dettagliata e metodica, scrupolosa, paziente e laboriosa (basti pensare che non solo le ambientazioni o le scene, ma persino i dialoghi fra i personaggi sono basati su fonti quasi sempre certe) durata quasi – lo so, è difficile crederci – dieci lunghi anni.

Il risultato è un epopea che travalica i generi e si interroga non tanto su chi commise quei terribili delitti (gli stessi autori dichiarano alla fine che quella sviluppata nel fumetto è solo una delle tante teorie, e che, probabilmente, la vera identità del serial killer rimarrà per sempre sconosciuta) ma sulle origini e sulla vera natura del male primordiale.

E se molte domande non troveranno risposta, forse è meglio così: ci sono ombre nell’animo degli uomini che sono troppo terribili per volerle riportare alla luce.

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