Gigantomachia di Kentaro Miura, recensione manga

Pubblicato il 22 Giugno 2015 alle 11:20

Cosa abbiamo qui? Un certo Kentaro Miura che parla di un mondo enormemente trasformato, di giganti e di un wrestler. Diciamo che come biglietto da visita dovrebbe bastare.

Kentaro Miura. Solitamente quando si parla di questo mangaka subito si pensa (giustamente) al celebre Berserk. E invece, questa volta, faremo un po’ gli alternativi, visto che non si parlerà delle avventure di Gatsu. Il mangaka, siccome la sua opera di punta procedeva troppo spedita (si, c’è dell’ironia), ha deciso di dedicarsi ad un altro lavoro: Gigantomachia. Come gia il titolo lascia intuire, abbiamo a che fare con gente di notevoli dimensioni. Kentaro Miura si ispira infatti alla gigantomachia, la famosa lotta che i giganti ingaggiarono con gli dei dell’Olimpo. Va detto che l’ispirazione consiste in una minima parte, in quanto il manga viaggia su binari ben distinti.

Partiamo dalla trama. Fin da subito c’è un elemento interessante: siamo nel futuro, ma non in un futuro prossimo, come per esempio il 2977 di ‘Capitan Harlock’: si parla di una cosa come cento milioni di anni.

Il mondo è enormemente cambiato, a causa di un cataclisma moltissimi esseri viventi hanno cessato di esistere, altri hanno iniziato ad abitare la terra. Tra questi i giganti. La loro presenza non è molto chiara: sono stati mandati dall’Olimpo, e alcuni di loro sono sotto il controllo dell’Impero.

Il manga si apre quindi mostrandoci i due protagonisti: Delos e la signorina Prome. Il primo è un umano (un Hyuu, come vengono definiti nel manga), mentre la seconda…diciamo che è una particolare creatura, dalle sembianze di una ragazzina.

Subito c’è un particolare interessante: Delos. A primo impatto potrebbe non dare l’idea di essere il protagonista, quanto invece un aiutante: viene presentato incappucciato, mentre trasporta la signorina Prome. Anche l’estetica non sembra quella tipica di un protagonista ma, non temete, tempo poche pagine e farà ricredere tutti.

I due si trovano a vagare nel deserto quando vengono attaccati e catturati dalla tribù dei domatori di coleotteri, i ‘Myuu’. Questi, per una serie di motivi, provano un forte astio nei confronti degli umani. Per questo motivo Delos viene portato nell’arena e costretto ad affrontare il più forte dei guerrieri Myuu: Ogun. Inizia così l’aspro scontro tra i due, del quale non parlerò per evitare spoiler. E’ bene però fare leva su un particolare interessante. Delos è un wrestler. Non e’ un qualcosa di comune e, soprattutto, non è un qualcosa che ci si aspetterebbe, iniziando a leggere il manga.

Arrivati a questo punto la domanda fatidica potrebbe essere: ‘Ma i giganti, dove sono?’.

Ecco, questo è un qualcosa che colpisce, in quanto la gigantomachia vera e propria si ha solo poco dopo la metà dell’opera.

Non parlerò a riguardo di questa in quanto, essendo la parte clou, rovinerei la festa a tutti i potenziali lettori.

Mi limiterò a stuzzicare la loro curiosità dicendo che è strutturata in maniera molto particolare, e che, probabilmente, li spiazzerà.

Analizziamo ora qualche personaggio: salta subito all’occhio Delos, il protagonista. Sebbene ad inizio recensione avevo scritto che, a prima vista, non appariva come tale, si rivela poi esserlo in tutto e per tutto. Persino nel carattere, quel carattero puro, gentile, spesso presente all’interno di un manga.

Anche Ogun è un bel personaggio: forte, deciso, orgoglioso e pronto a tutto per il suo popolo, un vero leader, che, come spesso accade nei fumetti, inizialmente è in lotta con il protagonista, ma che poi, non essendo uno stupido, ne riconosce il valore. Il tipico personaggio con cui fa sempre piacere avere a che fare.

Per quanto riguarda l’Impero, ossia i principali antagonisti (sebbene si vedano davvero poco) non c’è molto da dire. Dai pochi dialoghi che si possono leggere traspare il tipico modo di essere dei ‘cattivi’.

Parliamo ora dei disegni. Bellissimi.

Lo stile è quello tipico di Kentaro Miura, come gia lo conosciamo in Berserk. I disegni sono sempre ricchissimi di sfondi e dettagli. Questi, uniti ad un’abile disposizione delle vignette, rendono le pagine ‘piene’. Se si potessero disporre in fila, sembrerebbe davvero di vedere un lungo e curatissimo quadro.

All’interno del manga non mancano momenti più ‘leggeri’, con scambi di battute e spiritosaggini tra i protagonisti.

La fine dell’opera è molto suggestiva: fornisce spiegazioni sullo stato attuale del mondo tramite la signorina Prome e, nel mentre, mostra una serie di scenari, molto poetici, che ci accompagnano verso l’ultima pagina.

In conclusione possiamo dire che è davvero un bel manga, piacevole da leggere. Il fatto che sia un volume unico è un punto a favore per Miura. La storia infatti ben si adatta ad un manga autoconclusivo, piuttosto che ad una serie. Con questo non si vuole dire che non ne potrebbe uscire un buon lavoro, sicuramente l’autore riuscirebbe ad inventarsi qualcosa. Staremo a vedere.

Noi siamo qui.

Sempre pronti a leggere.

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