Recensione: Dylan Dog 292 – Anime Prigioniere
Pubblicato il 12 Gennaio 2011 alle 12:14
Autori: Paola Barbato (testi); Angelo Stano (disegni e copertina).
Casa editrice: sergio bonelli editore.
Provenienza: italia
Prezzo: € 2,70
Giungere alla comprensione per essere liberi. É questo il percorso ad ostacoli che si dipana davanti al lettore e all’indagatore dell’incubo nella nuova fatica di Paola Barbato, unica sceneggiatrice donna della serie che, dall’ormai lontano 1999, presta la sua sensibilità alla creatura di Tiziano Sclavi. Tra albi mensili, speciali, almanacchi, giganti, maxi, color-fest e fuori serie di ogni tipo, è possibile dividere le oltre quattrocento storie di Dylan Dog in due categorie. Ci sono le indagini sugli incubi del cliente, anzi, nella maggior parte dei casi, “della” cliente di turno. Si tratta di storie che nel corso degli anni hanno sofferto di un certo manierismo portando ad un ristagno qualitativo della serie. Poi ci sono gli incubi che Dylan deve vivere sulla propria pelle e che richiedono invece un approccio più autoriale ed empatico al personaggio. Sono senz’altro le storie maggiormente apprezzate dai lettori, nelle quali c’è un’esposizione a tutto tondo del protagonista, non solo come investigatore di carta, ma come creatura di carne e sangue.
La difficoltà degli sceneggiatori, naturalmente, sta proprio nell’interpretare un personaggio che è emanazione di un autore così singolare ed eccentrico come Sclavi, legittimo possessore dell’unica chiave di decodificazione. La Barbato si è dimostrata negli anni un’eccellente psicologa per Dylan Dog mettendolo e mettendosi costantemente alla prova con storie costruite intorno a lui per tirarne fuori quanto di più emotivamente autentico possibile. Basti ricordare quell’assoluto capolavoro che è Necropolis, numero 212 della serie, il recente Il giardino delle illusioni, n. 279, o escursioni più estreme come Oltre quella porta, n. 228. Alla Barbato è toccato anche l’onere di riprendere il filo del discorso interrotto da Sclavi circa la saga principale del personaggio, con Il numero duecento e l’episodio in due parti Xabaras e In nome del padre, n.ri 241 e 242, per il ventennale.
Stavolta Dylan è alle prese con il fantasma di Lula, una giovane uccisa da un pirata della strada, bloccata in una sorta di limbo nel quale viene perennemente molestata dal cagnolino Fluffy. Il contatto di Dylan con Lula causa una simbiosi psichica ed una comunione spirituale che portano l’indagatore a vivere in prima persona i ricordi della ragazza e ad agire ad intermittenza come lei nella più classica delle possessioni medianiche. Un’esperienza che non dà alcun vero contributo all’indagine ma che occorre a Dylan per empatizzare con Lula, con la sua morte e per comprendere il dolore che permea l’intima realtà della ragazza, un mondo costretto ad andare avanti senza di lei.
I personaggi che incontriamo strada facendo sono costruiti con grande sapienza. A cominciare dagli amici di Lula che suonano, anzi, vandalizzano il campanello urlante di Craven Road n. 7 per ingaggiare l’indagatore. Anche loro vivono la stessa connessione con l’anima inquieta dell’amica che comporta differenti risvolti ma che testimonia come ricordo e sofferenza vivano costantemente in loro. Una ferita che tortura in modo atroce anche la madre della vittima, la migliore amica Sadie, e Douglas Stone, l’assassino perseguitato dai sensi di colpa. L’incontro più interessante è quello con l’ex-fidanzato Jason Keene, un giocatore di football che soffre di inadeguatezza nei confronti delle donne e vive con grande difficoltà la rivalità con Dylan, ritenuto un idolo da Lula. Attraverso le emozioni della giovane, quindi, Dylan può percepire se stesso come una celebrità, una componente del protagonista scarsamente affrontata ed approfondita nelle storie precedenti della serie.
La Barbato butta nella mischia anche l’inflessibile ispettore Gorman, che non tollera stravaganze, è un continuo bastone tra le ruote e risulta una sorta di ispettore Bloch al contrario. Il personaggio viene lasciato un po’ a metà ma l’ultima tavola sembra prometterne il ritorno in un eventuale seguito. Viene invece riservato un curioso cameo al gatto Cagliostro, che i lettori di vecchia data conoscono molto bene, di cui la sceneggiatrice sembra essersi impossessata dopo averlo riportato alla ribalta nei due albi del ventennale.
In un racconto di fantasmi non può mancare la medium madame Trelkovski, alleata storica del nostro eroe, che per la prima volta fa la sua comparsa in copertina, disegnata come di consueto da Angelo Stano che stavolta firma anche le novantacinque tavole del racconto. Un capolavoro grafico, impareggiabile e certosino, nel quale l’artista rinuncia al tratto marcato, quasi ruvido, a cui ci aveva abituati, e ricorre ad un grigio più sfumato, conferisce nitidezza alle vignette con una resa magistrale dei chiaroscuri ed un’interpretazione quasi maniacale dei personaggi. Splendido anche l’uso di un’ottica deformante della realtà quando Dylan entra in contatto con il cane Fluffy, che costituisce la vera svolta della storia e dal quale traspare l’amore dichiarato dell’autrice per gli amici a quattro zampe.
La vicenda sfocia nel tema dell’eutanasia, trattato con grande equilibrio e sensibilità, e che denota una serena presa di coscienza che la stessa Lula dovrà fare propria. Una delle migliori storie di Dylan Dog degli ultimi tempi, che coinvolge il lettore nel senso di disagio crescente in cui l’indagatore è intrappolato e che lo porta a riscoprire la voglia di essere se stesso. La trama può richiamare alla mente film come The others, The orphanage o Il sesto senso, ma con una risoluzione meno brusca e più delicata. Semplicemente, commuove invece di atterrire.
Voto: 8,5