Orfani – Ringo n. 9: Tabula rasa – Recensione

Pubblicato il 11 Giugno 2015 alle 23:19

Attraversando le nebbie dell’ostile pianura padana sotto una nevicata di cenere radioattiva, Ringo, Rosa, Seba e Nuè vengono catturati da una sanguinaria tribù idolatra, impazzita dalla fame e guidata da un delirante leader. Mentre Seba e Nuè sono vessati e costretti alla prigionia, Rosa sembra accusare un tracollo fisico a causa delle continue traversie e Ringo è costretto ad assumere una droga che gli causa terribili allucinazioni.

coverRingo9

Post-Apocalypse now. Si dice che nell’arte il tempismo sia tutto ed è quantomeno curioso che nelle sale cinematografiche stia avendo grande successo Mad Max – Fury Road e il nuovo numero di Orfani ne richiami alcune dinamiche e contenuti. Non solo perché ci troviamo di fronte a grotteschi personaggi tribali in un mondo post-apocalittico e, anche qui, vediamo il protagonista sottoposto ad una trasfusione di sangue ma soprattutto perché la resa estetica diviene componente fondamentale, primaria nella narrazione.

La storia sceneggiata da Mauro Uzzeo e ideata insieme a Roberto Recchioni si discosta quasi del tutto dalla stretta continuity di questa seconda stagione, non c’è traccia della Juric o dei Corvi e la lettura dell’albo sarebbe addirittura facoltativa ai fini della trama orizzontale se non fosse per alcuni risvolti importanti che riguardano Rosa. Eppure, quello che arriva questo mese in edicola è il miglior albo non solo della stagione ma di tutta la serie.

Il lettore è trascinato in un incubo ad occhi aperti dal tratto affilato e spigoloso di Matteo Cremona valorizzato dalle sfumate suggestioni cromatiche fornite da Giovanna Niro e Fabiola Ienne. Il disegnatore comasco si lascia apprezzare in particolar modo nella resa di mimica facciale e corporea dei personaggi, posizioni anatomiche, gesti, smorfie, tutto denota potente efficacia sul piano espressivo e comunicativo.

Il lavoro di design per quel che riguarda le scenografie e i componenti della tribù è mastodontico e minuzioso. In una pianura padana grigio cenere, ammantata di nebbia e fumo, i nostri eroi si ritrovano in uno scenario da cannibal movie, tra mucchi di teschi, teste di maiali impalate e divorate dai vermi, abominevoli e sanguinolenti idoli suini rigonfi di cadaveri.

A testa in giù e illuminato di un arancione fiamma che sembra esteriorizzarne lo stato febbrile, Ringo sprofonda in un delirio dalle stranianti tinte porpora che scarnifica letteralmente le intime paure del protagonista. Seba, Rosa e Nuè sono intrappolati in un blu glaciale ombreggiato di viola che precede la discesa all’inferno. Splash page singole e doppie offrono colpi d’occhio spettacolari, immagini apocalittiche, cannibalismo, riti tribali e sacrifici umani tra onomatopee tambureggianti e lingue di fuoco.

Come il colonnello Kurtz interpretato da Marlon Brando nel sopracitato capolavoro cinematografico di Francis Ford Coppola, il leader della tribù si perde in monologhi filosofici tanto affascinanti quanto folli che finiscono per fagocitare se stessi. Nella parte finale dell’albo, bellissima la tavola composta dai dettagli in primissimo piano di Rosa acconciata per essere un incrocio tra una sacerdotessa e una sorta di dea della fertilità; l’ottica deformata in soggettiva di un Ringo versione semidio suino rinchiuso tra strette pareti di piastrelle spaccate e acide tonalità di verde; infine il moderno mattatoio nel quale il colore del sangue risalta sulla sterilità dell’ambiente.

Non c’è da razionalizzare, c’è solo da lasciarsi trasportare in un trip allucinante. Disegni e colori traducono una sceneggiatura costruita appositamente per esaltare, com’è giusto che sia per il media fumetto, l’estetica di personaggi e scenari che resteranno stampati a lungo nella memoria del lettore. Un numero questo di Orfani: Ringo che eleva un prodotto seriale ed artigianale a opera autoriale ed artistica di altissimo livello.

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