American Horror Story, letteralmente: un’orribile storia americana

Pubblicato il 2 Giugno 2015 alle 11:30

E’ finito da poco il quarto capitolo della serie tv creata da Ryan Murphy e Brad Falchuk. La serie, in origine una ventata d’aria fresca nel panorama delle serie televisive, si è infine dimostrata incapace di confermarsi stagione dopo stagione.

Per chi non conoscesse American Horror Story si tratta di una serie antologica cioè concepita in modo che ogni stagione abbia trama, ambientazione e personaggi differenti.
Al suo debutto, la serie raccolse un’accoglienza molto positiva risultando la première più vista di sempre sulla rete FX.

La serie, come si evince dal titolo, racconta in ogni stagione una storia horror della cultura americana, presentando sul palcoscenico attori convincenti che spesso tornano nelle stagioni successive impersonando personaggi diversi.

Erano gli ultimi mesi del 2011 quando la serie andò in onda e subito sia la critica che il pubblico valutarono molto positivamente la serie tanto da fargli fare immediatamente il salto oltreoceano, andando in onda lo stesso mese su Fox Italia per poi essere trasmessa in chiaro su Deejay TV.

Tuttavia, già dopo la seconda stagione il pubblico inizia a rimpiangere la prima versione dell’opera. Il meccanismo sembra essersi definitivamente inceppato guardando la terza stagione, per poi domandarsi infine, visionando la quarta stagione, se gli sceneggiatori volessero scrivere una storia horror nel senso letterale del termine, cioè orribile!
Cerchiamo di capire cosa non ha funzionato compiendo una breve analisi delle quattro stagioni andate in onda sino a questo momento.

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Stagione 1

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La prima stagione, in seguito battezzata Murder House, cioè la casa degli omicidi, si era presentata come una ventata d’aria fresca nel panorama delle serie televisive, con un mix ben riuscito di horror, erotismo e mistero.
La trama era incentrata sulla famiglia Harmon che traslocava nella casa in questione senza sapere di andare incontro ad un terribile destino riservato a tutti gli abitanti della casa.

L’abitazione, a causa probabilmente dei diversi omicidi commessi all’interno delle mura, sembra conservare un’energia negativa impedendo ai defunti di trovare la pace, cosi che essi, più che in carne ossa che in mero spirito, tornano a tormentare gli inquilini per riservare loro il medesimo destino.

La storia è ovviamente una rilettura del mito della casa infestata o appunto della casa dei delitti, ma la sceneggiatura convince fin da subito presentando vari flashback dove il protagonista è la casa stessa e in cui vari individui vengono uccisi o fanno comunque una tragica fine, nel corso della storia.

La famiglia Harmon deve vedersela dunque con questi fantasmi, a volte innocui e in cerca solo di compagnia, altre volte invece vendicativi e bramosi di versare sangue.

Ne viene fuori un dramma pauroso e psico-sessuale che diverte, entusiasma e tiene milioni di telespettatori incollati agli schermi per vedere come va a finire.

E’ anche la stagione dove Jessica Lange (vincitrice di due Oscar) viene ripresentata al grande pubblico in una veste mai vista, ma che conquista istantaneamente pubblico e critica. A lei si aggiungono le presenze di attori di spessore come i coniugi Harmon, interpretati da Dylan McDermott e Connie Britton e l’esplosione artistica di Evan Peters che interpreta il defunto e psicopatico Tate Langdon.
Insomma una stagione da conservare in DVD per i posteri.

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Stagione 2

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La seconda stagione, intitolata Asylum punta nuovamente su Jessica Lange, affidandole questa volta il ruolo di protagonista.

Tornano quasi tutti gli attori della prima stagione, ad eccezione della signora Harmon (il marito ha qui una breve parte finale), della figlia e – ahimè – di Alexandra Breckenridge che aveva interpretato la versione sexy e giovane della governante della Murder House.

Si punta però su Evan Peters che aveva impersonato Tate Langdon nella serie precedente, ma facendogli fare un ruolo totalmente diverso: non più quello di un fantasma killer psicopatico, ma di un giovane marito fragile accusato di essere un feroce e pazzo assassino e quindi internato nel manicomio dove, per non impazzire davvero (o peggio per non morire), deve fare appello a tutte le sue energie e lucidità per dimostrarsi innocente e denunciare attraverso la giornalista Lana Winters i terribili soprusi perpetrati dai funzionari dell’istituto.

Una storia già di per sé potente come quella di un manicomio criminale degli anni ’60, viene però edulcorata da troppi (e talvolta inutili) elementi sovrannaturali. Facciamo passare che l’altra suora protagonista, impersonata da Lily Rabe (in sostanza nella stessa maniera come aveva fatto nella serie precedente e come farà in quella successiva) viene posseduta dal diavolo o che nell’istituto succedono cose davvero terribili, ma gli alieni e creature tipo zombie rovinano un piatto già pronto e che non necessitava di ulteriori ingredienti.

La storia viene salvata, a mio parere, dal mistero di chi è realmente Bloody Face, ovvero il killer responsabile di diversi omicidi e ritenuto essere il personaggio di Evan Peters.

Zachary Quinto, il vero assassino, salva la situazione più che può dando prova ancora una volta di essere un grande attore, ma la storia continua a fare acqua fino al confusionario finale in cui la giornalista è diventata famosa per le esperienze subite in manicomio e Kit (Evan Peters) viene definitivamente rapito dagli alieni dopo che questi già avevano preso la moglie innescando gli eventi che lo avevano fatto internare nell’istituto con l’accusa di essere il killer Bloody Face.

Lo spettatore si chiede, dunque, dove siano andati a finire l’originalità e la straordinaria sceneggiatura delle prima stagioni, ma non diffida più di tanto, speranzoso che la terza serie tornerà ai livelli della prima.

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Stagione 3

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La terza stagione, denominata Coven in fase di pre-produzione eccita il pubblico annunciando di affiancare alla ormai matrona Jessica Lange, un altro premio Oscar come Kathy Bates e l’ex E.R. – Medici in prima linea Angela Bassett.

I coniugi Harmon scompaiono definitivamente, ma viene riconfermato Evan Peters che assumerà il ruolo di uno zombie “capace però di amare” e vengono in sostanza date le chiavi della serie a Sarah Paulson che interpreta la figlia di Jessica Lange, nei panni di una strega e a sua volta direttrice di una scuola-congrega per streghe a New Orleans.

Avete capito bene: American Horror Story Coven si trasforma in una specie di versione femminile di Harry Potter con Taissa Farmiga ad interpretare una giovane strega che scopre la sua vera natura e si reca in questa scuola con l’intento di affinare le sue arti magiche e forse diventare la nuova suprema.

La scuola delle protagoniste però deve anche vedersela con la rivalità della setta voodoo, ma più che essere un confronto fra due scuole magiche si trasforma in un fastidioso e inopportuno conflitto razziale.

Quindi, tra elementi soprannaturali inutili (ancora una volta zombie buttati lì giusto per) e stanchi di porci l’insignificante domanda su chi diventerà la nuova strega suprema fra le nuove reclute, assistiamo ad una stagione che tramortisce ogni speranza di vedere qualcosa da poter semplicemente paragonare con la prima stagione e l’impressione di vedere gli stessi personaggi delle precedenti stagioni, in contesti poco differenti, semplicemente immemori di aver già vissuto qualcosa di simile. A cominciare da Jessica Lange che si, è brava quanto volete, ma fa (o mi auguro le fanno fare) sempre lo stesso personaggio.

In definitiva ci chiediamo se stiamo guardando davvero la terza stagione di American Horror Story o di una serie dove delle streghe si sfidano a colpi di incantesimi in una sorta di parodia tutta al femminile del romanzo di J.K. Rowling.

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Quarta Stagione

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La quarta stagione, chiamata Freak Show, terminata da poco su Fox Italia questa volta non riesce ad ingannare più di tanto il pubblico e la delusione dei fan la si può constatare dalla differenza di audience tra la prima puntata e quelle finali.

Già dal titolo le premesse non sono state mantenute: la quarta stagione non fa paura.
L’unico elemento horror, rappresentato dal clown psicopatico privo di mascella, viene fatto sparire già dopo il quarto episodio.

Da lì in avanti, l’unica emozione che ho provato nel visionare la stagione è stata pietà: pietà per i Freaks che forse popolavano davvero i circhi di un tempo diventando i cosiddetti fenomeni da baraccone, buoni solo per intrattenere il pubblico meravigliato, ma non per fare parte della società e pietà per una sceneggiatura pessima.
Kathy Bates che interpreta la donna barbuta, Angela Bassett, la quale impersona invece una donna con tre seni (e forse dotata degli organi riproduttivi di entrambi i sessi) e Sarah Paulson (bravissima ad interpretare una donna con due teste e altrettante personalità) rendono sullo schermo un’altra splendida e convincente interpretazione.

Sottotono questa volta Evan Peters, prevedibile e noiosa l’evoluzione del suo personaggio durante la stagione e Jessica Lange che, ancora una volta, interpreta sostanzialmente lo stesso personaggio delle stagioni precedenti: nuovamente in conflitto interiore a causa del suo passato e con il terrore di aver ormai fallito in un mondo in cui si fanno largo i giovani.

Insomma, la quarta stagione lascia con l’amaro in bocca, per giunta con un finale in cui il vero protagonista risulta essere Finn Wittrock che recita la parte di un ricco e viziato rampollo che utilizza le stranezze del circo per far definitivamente emergere la sua indole assassina e schizofrenica.
Come ho già scritto: letteralmente un’orribile storia americana.

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La quinta stagione è stata già annunciata. S’intitolerà Hotel e rinuncerà definitivamente a Jessica Lange, riconfermando però Sarah Paulson che diventerà così l’unica attrice ad aver recitato in tutte le stagioni e avendo come regular niente meno che Lady Gaga!

Oltre a questi spettacolari annunci, il cast sarà composto anche da Matt Bomer, Cheyenne Jackson, Wes Bentley, Chloe Sevigny, Kathy Bates, Evan Peters, Angela Bassett e Max Greenfield.
Il ritorno in un luogo chiuso fa ben sperare il pubblico di rivedere le atmosfere della prima stagione senza gli edulcoranti di Asylum.

C’è chi prega che ne venga fuori una sorta di Shining. A me basterebbe fruire di un prodotto all’altezza della prima stagione per dichiarami soddisfatto.

Restiamo in trepidante attesa di questa quinta stagione quindi, ma dopo aver tradito la fiducia dei fan per ben tre volte, a questo punto, mi sembra di sentire la voce della bambina down della prima stagioni che intona: “ve ne pentivete, ve ne pentivete, ve ne pentivete…”

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