Mad Max: Fury Road – Recensione

Pubblicato il 15 Maggio 2015 alle 23:27

Mad Max, il Guerriero della Strada, si aggira solitario nel deserto post-atomico ossessionato dal suo terribile passato. Catturato dagli uomini del tiranno Immortan Joe, che tiene in pugno il popolo controllando le riserve idriche, Max si ritrova coinvolto nella fuga dell’imperatrice Furiosa e del suo gruppo. Intenzionato a recuperare il tesoro che gli è stato sottratto, Immortan Joe sguinzaglia i suoi seguaci lanciandoli all’inseguimento. Ha così inizio un’infernale guerra di strada.

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Pur se considerati pietre miliari nella storia del cinema, molti film del passato non corrispondono all’esatta visione del proprio regista per limiti tecnici o di budget che non hanno permesso loro di ricreare il mondo che avevano immaginato. Fu così per George Lucas con Star Wars, motivo per il quale tornò poi a modificare la trilogia originale con il digitale nelle riedizioni degli anni ’90 con risultati controversi e aspramente criticati.

Realizzata da George Miller con budget modesti ed uscita tra la fine degli anni ’70 e la metà degli ’80, la trilogia di Mad Max è stata un’opera seminale per il genere post-apocalittico, senza i cui stilemi un manga epocale come Ken il Guerriero non sarebbe esistito. Tuttavia, guardando Mad Max – Fury Road, costato più di 100 milioni di dollari e prodotto con un generoso dispiego di mezzi, si ha la sensazione che Miller abbia potuto finalmente dar corpo fin nei minimi dettagli e senza alcun limite immaginifico a quella realtà post-atomica che aveva ideato. La resa estetica è a dir poco sbalorditiva.

Lo spettatore viene scaraventato in un mondo tangibile, costruito attraverso un minuzioso lavoro di design che caratterizza con estrema visionarietà scenografie, costumi ed elementi di scena. I veicoli, come di consueto nella saga, diventano le armi con cui si combatte la guerra di strada, mostri corazzati di lamiera arrugginita riassemblati con accessori di tutti i tipi, armi da fuoco, aculei, carburatori fiammeggianti, paraurti artigliati, teschi cromati e quant’altro.

Tom Hardy eredita da Mel Gibson il ruolo del protagonista passando dalla maschera di Bane alla museruola che è costretto ad indossare nella prima parte del film. L’attore britannico rilegge Mad Max come un uomo rabbioso, animalesco, perseguitato da visioni orribili del suo passato che lo tengono sul baratro della follia e non hanno bisogno di alcuna didascalia esplicativa. In un film in cui lo strumento narrativo è la pura estetica, Max è un uomo di poche parole e comunica tra gesti e sguardi quantomai espliciti.

Ha fatto discutere il modo in cui la splendida Charlize Theron è sempre in primo piano e compare più di Tom Hardy nei poster e nei trailer del film. In effetti l’imperatrice Furiosa è co-protagonista alla pari ed è il vero motore della storia per quanto Max risulti decisivo. L’attrice sudafricana, qui priva di un braccio, non ha voluto un semplice ruolo da comprimaria e la rivolta del girl power è uno dei punti fondamentali della trama, sorretto da uno stuolo di splendide fanciulle a cominciare dalla Rosie Huntington-Whiteley di Transformers 3, passando per la cantante ed attrice Zoe Kravitz fino a Megan Gale.

Nicholas Hoult, il giovane Bestia nella saga cinematografica degli X-Men, è Nux, il personaggio col quale il pubblico empatizza di più. E’ uno dei fanatici seguaci di Immortan Joe e della sua religione basata sull’ibridazione tra uomo e macchina. Solo riscoprendo la sua parte più umana il ragazzo può riscattarsi. E poi ci sono i cattivi, mutanti orribili, grotteschi, mostruosi ed incestuosi che sembrano vomitati da qualche viscera infernale.

Dettata da un montaggio sincopato e martellante, la regia di George Miller è talmente scatenata, adrenalinica e mozzafiato da far sembrare gli ultimi Fast & Furious dei film al rallentatore. Il lavoro di fotografia e colorazione digitale è altamente suggestivo e l’inseguimento attraverso una tempesta di sabbia diventa un allucinante trip psichedelico. Le coreografie di combattimento sono semplicemente pazzesche e spettacolari. Il film riesce a non scadere nell’exploitation pur sfiorando nudi e splatter. Anche la colonna sonora di Junkie XL diventa un elemento estetico con un rocker infernale che suona una chitarra sputafuoco su un camion che presenta un muro di altoparlanti sul davanti e percussionisti sul retro. Esaltante l’epilogo dall’afflato epico-biblico.

Miller ridefinisce il genere post-apocalittico con un capolavoro che restituisce il cinema alla sua purezza. L’apocalisse, in effetti, non sembra affatto terminata in un mondo di uomini e donne in cerca di un riscatto che non possono ottenere, esseri umani aggrappati a nuove illusioni religiose per raggiungere il Valhal. Solo la sana follia di Mad Max ci ricorda che nelle vene degli uomini scorre il sangue e non la benzina.

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