Multiversity n. 4 Pax Americana, recensione DC Multiverse RW Lion

Pubblicato il 27 Aprile 2015 alle 16:32

Arriva una storia destinata a far discutere: Pax Americana, scritta da Grant Morrison e disegnata da Frank Quitely! Non perdete una delle opere più sperimentali mai realizzate dallo scrittore di Invisibles, inserita nel complesso affresco narrativo di Multiversity!

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Che Grant Morrison, al pari di Alan Moore e Neil Gaiman, sia uno degli autori di fumetti più importanti a livello mondiale è innegabile. Bisogna tuttavia ammettere che il controverso scrittore di Glasgow non piace a tutti e i suoi detrattori lo reputano complicato e cervellotico. Non vale per tutto ciò che ha firmato, naturalmente, ma non è un’affermazione sbagliata. A volte in effetti Grant si diverte a ideare opere cerebrali di non facile comprensione e interpretazione. E’ il caso di Invisibles, per esempio. Ed è pure quello del vasto affresco narrativo denominato Multiversity.

L’opera è articolata in due albi di cui il primo è stato già pubblicato da Lion. Il secondo invece giungerà dopo la traduzione di one-shot ambientati nelle terre parallele che compongono il Multiverso DC. La saga nel suo complesso dovrebbe apportare sconvolgenti mutamenti nel mondo di Superman, Batman e compagnia. Multiversity sta comunque dando l’opportunità a Grant di giocare con una pletora di character e di sbizzarrirsi dal punto di vista creativo, come vedremo. Questo specifico albo include il one-shot più discusso e innovativo della serie: Pax Americana.

Cercare di descriverlo è impresa ardua. Dire che è rivoluzionario è dire poco. Come sanno coloro che stanno seguendo tutti i capitoli dell’ambiziosa saga, esiste un gruppo di entità misteriose denominato la Cerchia che sta corrompendo e in alcuni casi distruggendo le terre parallele. Un ruolo rilevante lo giocano gli albi a fumetti. Alcuni di essi contengono messaggi di avvertimento; altri, invece, sono maledetti e rappresentano quindi una minaccia. Ma questa è solo una labile spiegazione della situazione.

Pax Americana si svolge su Terra-4, pianeta popolato dagli eroi della defunta casa editrice Charlton. Come è facile intuire, è un omaggio a Watchmen di Alan Moore (ma di sicuro il Bardo di Northampton non l’avrà gradito). I giustizieri che la abitano furono infatti i modelli degli schizoidi personaggi di quella pietra miliare. Capitan Atom, per esempio, ha la freddezza del Dr. Manhattan; Question fa pensare al terribile Rorschach; Blue Beetle a Night Owl e così via. La vicenda è incentrata su una serie di omicidi e ruota intorno a un concetto importante, quello dell’algoritmo 8, un’astrazione legata a un fumetto che blocca i personaggi in un mondo senza vie d’uscita e li costringe ad agire sulla base delle decisioni di una mente imprecisata, forse lo scrittore del fumetto in questione oppure uno della Cerchia. Inoltre, Grant usa la teoria dei colori poiché diverse sfumature cromatiche corrispondono a diverse emozioni che influenzano l’andamento della storia.

Questo è già di per sé incasinato ma il pazzoide scozzese va oltre, sperimentando con la struttura della sceneggiatura. Procede a ritroso, quindi inizia con la fine, come se stessimo assistendo a un filmato proiettato al contrario, con la sequenza dell’assassinio del Presidente di Terra-4. Grant ha però mixato vari spezzoni della trama. Di conseguenza, si può leggere l’albo partendo dalla prima pagina oppure dall’ultima e non fa nessuna differenza. La sezione centrale per giunta narra tre diversi avvenimenti e si possono prendere in considerazione le vignette nel modo in cui la tavola è stata impostata o concentrarsi esclusivamente su quelle dedicate a specifici personaggi. Se poi aggiungiamo che l’autore ha inserito tantissimi simboli, alcuni in maniera evidente, altri a livello subliminale, e tutti con un significato preciso, capirete quanto folle sia Pax Americana.

E’ una lettura difficile, inutile negarlo, e può anche risultare fastidiosa, ma è affascinante e ha il merito di evidenziare le potenzialità espressive di quella forma comunicativa chiamata fumetto. Morrison ha fatto quello che in altre occasioni ha tentato di realizzare: rompere gli schemi e le regole della letteratura disegnata. E’ un’operazione simile a quella che nei primi anni del Novecento surrealisti e dadaisti fecero nell’ambito della poesia e Joyce in quello del romanzo. Dal canto suo, l’ottimo Frank Quitely sperimenta a sua volta con disegni di grande impatto visivo.

Molte pagine sono composte da otto vignette che richiamano, appunto, l’algoritmo 8, così come Gibbons in Watchmen insisteva con una griglia di nove inquadrature. A volte si concede doppie tavole con riquadri minuscoli in cui predominano vari colori (e specifichiamo che Pax Americana può altresì essere letto solo seguendo un colore invece di un altro!). E non mancano soluzioni visuali intriganti. Ne cito una: nelle pagine 14-15 si rappresentano due personaggi che esaminano la scena di un delitto, una ragazza che si aggira nello stesso posto e la medesima ragazza che esplora quell’ambiente in compagnia di Pacemaker. I tre eventi avvengono in periodi distinti ma noi, grazie a Quitely, li vediamo in contemporanea!

In pratica, Morrison e Quitely sono riusciti a descrivere e rappresentare in forma testuale e visiva concetti tipici della fisica quantistica. Il tratto del penciler è plastico e dinamico e le sue versioni del Generale Steele, di Nightshade e degli altri eroi di Terra-4 sono deliziose. Insomma, Pax Americana segna un traguardo importante nella storia dei comics statunitensi. Naturalmente, ho trascurato tante altre cose per ragioni di spazio e mi limito a consigliarvi la lettura dell’albo. Al di là dal giudizio che si può dare, è imperdibile.

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