La saga di Alien: xenomorfi biomeccanici e urla sorde dall’infinito

Pubblicato il 23 Aprile 2015 alle 15:16

Era il 1979 quando Ridley Scott sprofondò le sale cinematografiche di tutto il mondo in un nuovo incubo con le fattezze orripilanti di una letale creatura xenomorfa e biomeccanica nelle cui vene scorre acido corrosivo. Alien, inarrivabile capolavoro fanta-horror, è stato il capostipite di una quadrilogia diretta da altrettanti registi, ha dato vita a due cross-over con Predator, altra icona del genere, e al prequel Prometheus.

ALIEN

Alien_locandina

Nella seconda metà degli anni ’70, Steven Spielberg aveva fatto conoscere al pubblico di tutto il mondo un nuovo genere di paura con Lo Squalo (1975) e un’inedita tipologia di extraterrestri new age, innocui e messianici, con Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo (1977). Appena due anni dopo, Ridley Scott riportò sul grande schermo i cari vecchi alieni brutti e cattivi che vengono dall’ignoto per far strage degli esseri umani. L’approccio però fu del tutto nuovo e ne risultò un horror d’ambientazione fantascientifica ancora oggi efficace ed inimitabile.

Se, ne Lo Squalo, Spielberg aveva posto un poliziotto, un ittiologo e un cacciatore di squali su una barca nel bel mezzo dell’oceano alle prese con la bestia gigantesca e famelica che dà il titolo al film, costruendo la storia sulla relazione tra i personaggi e su una tensione sempre crescente, Scott fa pressapoco lo stesso scegliendo le ancor più inospitali vastità siderali per raccontare le vicissitudini dell’equipaggio dell’astronave Nostromo in un futuro neanche troppo lontano.

Ispirandosi alle scenografie tangibili e artigianali di Star Wars, uscito lo stesso anno di Incontri Ravvicinati e costato 11 milioni di dollari proprio come Alien, il regista decise di allontanarsi dall’ambientazione sterile, perfetta e luminosa vista in 2001: Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick. La Nostromo appare infatti come una sorta di sporca acciaieria volante e i membri dell’equipaggio un gruppo di camionisti che finiranno per tirar su l’autostoppista sbagliato.

Un parassita rinvenuto su un mondo lontano impianta il suo seme nel corpo di uno dei malcapitati astronauti che porterà a termine l’insolita gravidanza nel modo più atroce. Viene così alla luce un’invincible e letale creatura biomeccanica dal sangue acido i cui tratti morfologici aracnidi risultano familiari allo spettatore in modo inconscio e sinistro. Scaturito dalla mente geniale e contorta di H.R. Giger, celebre disegnatore e scultore svizzero, l’Alien, come viene chiamato in maniera semplice, efficace e diretta nel titolo, viene costruito da una squadra che si aggiudicherà l’Oscar per gli effetti visivi e che comprende tra le sue fila anche il nostro Carlo Rambaldi, scomparso il mese scorso.

La creatura si nasconde nei meandri oscuri e claustrofobici della nave e il regista la mostra col contagocce al pubblico così da amplificare una tensione che, col procedere della narrazione, si farà via via più tagliente, sostenuta dalla colonna sonora di Jerry Goldsmith ed espressa attraverso l’interazione tra personaggi del tutto umani e credibili, scritti da Dan O’Bannon e interpretati da un cast di grandi interpreti e caratteristi.

Ellen Ripley, una Sigourney Weaver spigolosa e dagli zigomi marcati, diverrà l’eroina della serie, autentica icona d’emancipazione femminile nel cinema di genere. Ian Holm (che ritroveremo anni dopo nel ruolo di Bilbo Baggins ne Il Signore degli Anelli) rappresenta invece il colpo di scena del film nel ruolo di un androide “traditore” della Weyland-Yutani, la compagnia che ha commissionato il trasporto e che sarà uno degli elementi cardine della saga.

“Nello spazio nessuno può sentirti urlare” recita l’ormai celebre tagline sulla locandina e ad aver presa sul pubblico è proprio questo senso di costrizione in un’area angusta, nei cui recessi più bui si cela qualcosa di terrificante e, in qualche modo, ancestrale, come una figura atavica nascosta negli abissi della nostra mente.

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ALIENS – SCONTRO FINALE

Aliens

Per il secondo episodio, il pesantissimo testimone passa a James Cameron, reduce dal successo di Terminator ed esperto di sequel avendo esordito come regista con l’horror Piraña paura, prodotto in Italia e seguito del Piraña di Joe Dante, parodia proprio de Lo Squalo spielberghiano. Cameron ha poi scritto la sceneggiatura di Rambo II – La Vendetta, rimaneggiata da Sylvester Stallone e per la quale ha ottenuto un Razzie.

Consapevole dell’ineguagliabile fascino del primo episodio, Cameron cambia registro imbastendo un’avvincente avventura di fantascienza, più action e meno horror ma sempre ricca di tensione e di atmosfere claustrofobiche, moltiplicando il numero di xenomorfi per mantenere desta l’attenzione del pubblico che già conosce la creatura ed aggiungendo elementi fantatecnologici del tutto tangibili. Stavolta i protagonisti non sono più degli sprovveduti astronauti in lotta per la sopravvivenza, bensì una squadra di marines armata di tutto punto e della quale ogni elemento viene tratteggiato alla perfezione nella prima ora di film. Spicca in particolare il caporale Dwayne Hicks, interpretato da Michael Biehn, il leggendario Kyle Reese in Terminator.

Ma l’eroina resta sempre Ellen Ripley che oltre a rivelarsi la più tosta del gruppo deve tirar fuori anche il suo lato materno nei confronti della piccola Newt, unica superstite di un attacco di xenomorfi. Più che mai simbolico quindi lo scontro finale con la Regina, la madre aliena intenta a depositare le uova nell’alveare. Cameron evolve benissimo gli eventi del primo film scatenando in Ripley la diffidenza quasi paranoica nei confronti dell’androide Bishop, interpretato da un memorabile Lance Henriksen, dopo quanto accadutole con Ash-Ian Holm. Inoltre proseguono le ostilità con la Weyland-Yutani qui rappresentata dall’odioso Burke.

E’ semplicemente il sequel perfetto che prende gli elementi del primo film, li esalta all’ennesima potenza e li presenta in una cornice nuova ed avvincente, un’esaltante rievocazione della primordiale battaglia per la sopravvivenza, non più o non tanto di se stesse, ma della propria progenie.

https://www.youtube.com/watch?v=zNE0dlHcmgA

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Figlio di una sceneggiatura travagliatissima, il terzo capitolo finisce nelle mani di David Fincher, sconosciuto regista di videoclip all’epoca, già assistente agli effetti speciali della ILM di George Lucas in film quali Il Ritorno dello Jedi e Indiana Jones e il Tempio Maledetto e salito agli onori della cronaca successivamente con film come Seven, Fight Club e The Social Network.

Il film inizia dove si concludeva il precedente. La nave che sta portando a casa Ripley naufraga su un’isolata colonia penale. Stavolta è lei ad essere l’elemento alieno in un ambiente del tutto maschile fatto di stupratori e serial killer. Il percorso emotivo di Ripley, in versione rasata a zero, offre spunti interessanti, dal lutto per la morte di Newt e Hicks, considerata una bestemmia da Cameron e da molti fans, al legame sentimentale con il medico della prigione.

Fincher commette l’errore evitato da Cameron nell’episodio precedente, ovvero cerca di riproporre le atmosfere cupe e il tono horror del capostipite. L’operazione non riesce al meglio. Si torna ad un singolo xenomorfo, stavolta quadrupede, neanche lontanamente spaventoso come quelli proposti in precedenza. Inoltre i personaggi non bucano lo schermo, la storia ha dei cali di tensione e il ritorno di Lance Henriksen non riesce ad essere potente come vorrebbe.

Prima ancora del montaggio finale, Fincher abbandona la produzione. Quello che arriva nelle sale è un film mediocre che ha come unico motivo d’interesse la sorte finale di Ripley. Sfuggita alla violenza carnale in un’ostile comunità di cristiani radicali, la donna deve uccidere se stessa per eliminare l’alieno che porta in grembo in un distorto, estremo, terrificante atto abortivo.

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ALIEN – LA CLONAZIONE

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Con la macchina del franchising ben oliata, fatta adesso anche di fumetti e videogames, il quarto capitolo è inevitabile. La regia è del francese Jean-Pierre Jeunet, che dirigerà successivamente Il favoloso mondo di Amélie , mentre la sceneggiatura è di Joss Whedon, trionfatore quest’anno al botteghino con The Avengers. E le influenze fumettistiche di Whedon sono del tutto evidenti, a iniziare da una Ripley clonata che ormai è un ibrido con gli xenomorfi ed è dotata di veri e propri superpoteri.

Gli scienziati che l’hanno riportata in vita effettuano orribili esperimenti genetici tenendo un branco di alieni in cattività. Le conseguenze sono facilmente intuibili. Il commando che dovrà affrontare le creature, stavolta, consiste in un gruppo di mercenari, uno più grottesco dell’altro, tra i quali spicca l’androide Winona Ryder. Lontanissimo dallo spirito dei primi tre film, si tratta di un divertito polpettone con qualche sequenza spassosa, come gli scontri subacquei con gli alieni, e poco altro.

Il finale allucinante e lovecraftiano presenta una supermegaRegina definitiva che partorisce l’anello di congiunzione tra l’uomo e lo xenomorfo, abominio generato stavolta dalla follia umana.

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ALIEN vs. PREDATOR

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Al termine di Predator 2, tra i trofei di caccia sulla nave del cacciatore extraterrestre, è ben visibile la testa di uno xenomorfo, un’immagine che ha scatenato la fantasia dei fans e ha dato il via ad una serie infinita di crossover tra i due franchising, prima nei videogiochi e sui fumetti, e infine sul grande schermo per la regia di Paul W.S. Anderson, già autore dei due cinevideogames Mortal Kombat e Resident Evil.

La storia è un pasticcio inverosimile. Lance Henriksen, stavolta nel ruolo del capo delle industrie Weyland, organizza una spedizione scientifica all’interno di una misteriosa piramide. Nel gruppo c’è anche il nostro Raoul Bova ma i personaggi umani sono lì solo per essere uccisi dai veri protagonisti del film e, per la prima volta, vediamo gli xenomorfi sulla Terra.

Purtroppo si tratta solo di una spettacolare scazzottata senza momenti di vero horror, priva di tensione, con buoni effetti speciali ma con elementi scenografici artigianali poco credibili. Delirante lo spiegone finale che vede i Predator come divinità ancestrali degli esseri umani e gli xenomorfi umiliati nel ruolo di cacciagione. Poco divertente e del tutto inutile.

ALIENS vs. PREDATOR 2

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Ancora peggio il sequel, stavolta nelle mani dei fratelli Strause che tirano fuori un PredAlien, mix tra uno xenomorfo e un Predator, e un Predator Wolf che deve catturarlo. Il film è concepito con gli stilemi di un horror di serie B, ambientato in una cittadina nelle foreste del Colorado nella quale le creature aliene si aggirano a mietere vittime tra personaggi poco interessanti interpretati da attori anonimi ancor meno interessanti.

Il film è prevedibile e noioso. L’unia scena degna di nota, che è valsa al film il divieto ai minori, vede alcune donne gravide dare alla luce gli xenomorfi ma non riesce ad essere scioccante o orripilante come vorrebbe. Il finale, esageratamente apocalittico, è già stato visto in mille altri film su zombi o pandemie.

Tre anni dopo gli Strause hanno fatto anche di peggio con Skyline, uno dei più brutti film di fantascienza degli ultimi dieci anni che racconta di un’altra invasione aliena senza capo né coda e piena di idee strampalate.

https://www.youtube.com/watch?v=IWn8vywxIm8

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