Cos’è che rende Bloodborne così attraente?

Pubblicato il 18 Aprile 2015 alle 16:00

Un gioco, erede di una serie “di nicchia”, improvvisamente spopola e diventa famosissimo… ma come mai?

Bloodborne, erede spirituale della saga Souls, è un titolo che ha spaccato gli argini dentro i quali si muovevano i suoi predecessori. La comunità di Dark Souls, divenuta una tra le più attive nel mondo videoludico, si è ingrandita man mano sempre di più richiamando nuovi gregari ma restando comunque un qualcosa a sé, come un piccolo paese neutrale sorto da poco e in via di sviluppo. Con l’arrivo di Bloodborne è arrivata la Rivoluzione Industriale, il Rinascimento, l’Età d’Oro di questa community!

I numeri parlano chiaro, ragazzi: un milione e passa di copie vendute nel mondo! E al di fuori di questo, basta affacciarsi sulla rete per vedere come tanti e tanti giocatori si siano uniti alle fila di Cacciatori di Yharnam…

Eppure Dark Souls, gioco noto per la sua immensa difficoltà, e per questo tenuto in considerazione solo da una fetta relativamente piccola di videogiocatori attratti da questo genere di sfide, ambientazioni, mondi e concept videoludici, non ci è riuscito.

Cos’è che ha reso quindi Bloodborne così attraente? Qual’è la differenza sostanziale che esiste tra un Souls e Bloodborne? A cosa è dovuto questo suo immenso successo?
Proviamo a dare delle risposte…

… Continua nella prossima pagina…


Prima di tutto c’è da sottolineare un dato di fatto molto importante, un dato che anche altri siti che hanno trattato quest’argomento tengono molto in considerazione, quello che mi sento di definire il trampolino di lancio di Bloodborne.

Bloodborne è arrivato un po’ come l’acqua fresca per gli assetati nel deserto. Dopo un lungo periodo di relativa magra per PS4, nel quale abbiamo visto tanti annunci, rimandi e continue Remastered venir fuori una dietro l’altra, i giocatori BRAMAVANO un titolo nuovo, un qualcosa che gli permettesse finalmente di emozionarsi con le VERE capacità possibili di una PS4.

Non che in questo ci sia nulla di strano a dire il vero: è sempre così con una console di nuova generazione nel suo primo periodo di vita. Forse quello di PS4 è stato un po’ più lungo? Bisogna però anche tenere in considerazione che nel tempo i giochi sono diventati man mano sempre più complessi e per realizzarne uno anche il tempo di produzione è sicuramente aumentato in modo esponenziale. Del resto chiunque abbia giocato ad Assassin’s Creed Unity ha visto quali sono i disastrosi risultati nel voler creare di continuo giochi copia e incolla facendo tutto di corsa, no? E solo ora si affacciano sulla scena dei primi TITOLONI: Tekken 7, Metal Gear Solid 5: The Phantom Pain, Batman: Arkham Knight e via dicendo…

Qualcuno potrebbe obbiettare parlando di un certo The Order: 1886. È vero, The Order è un altro titolo uscito in questo periodo e che sembrava essere una grande promessa, ma sono stati due gli elementi, a mio avviso, ad aver un poco rotto le uova nel paniere: i continui rimandi, causa principale della morte di hype in molti gamers, e poi il fatto che The Order sia ancora legato al solito concept di gioco spara-spara che un po’ ha scocciato… non che si possa paragonare The Order a Bloodborne in effetti, o almeno è un paragone un po’ azzardato dal mio punto di vista, ma è comunque utile poter dare un’idea a coloro che invece sono solito farlo.

Bloodborne si è presentato con qualcosa di particolare: un’ambientazione in stile horror che ha intrigato e accattivato tanti giocatori. 

Basta vedere i primi piccoli Trailer rilasciati per rendersene conto… noi, Cacciatori, impugnando Armi grottescamente deformi, lame seghettate, asce giganti, indossando abiti oscuri, ci muoviamo in una notte che sembra eterna dove in uno scenario decadente, sporco, malsano, combattiamo bestie deformi, incubi orribili, cittadini impazziti. Tutto poggiato su uno sfondo che ricorda un’Era Vittoriana sul baratro della disperazione.

Le strade strette e labirintiche, le colonne di fumo che si alzano all’orizzonte, gli alberi grotteschi che si ramificano verso il cielo in modo contorto. Un incubo, un incubo orribile. Un incubo BELLISSIMO che stimola quello strano fascino-repulsione che nasce quando ci avviciniamo a qualcosa che ci spaventa…

Come fare a non restare colpiti da un qualcosa del genere? Anche solo parlandone così, senza il supporto di audio, video o immagini, se ne rimane incuriositi, no? Bloodborne porta a galla un’ambientazione personalissima, un qualcosa di tutto suo.

Ma non era lo stesso per Dark Souls? E allora perché Bloodborne ci è riuscito e lui no? Dovete considerare che Dark Souls si basa su uno sfondo molto più fantasy medievale, un qualcosa di più comune, di già visto (per quanto anche questo sia unico nel suo genere). È chiaro che la sua presa sui cuori dei giocatori risulti meno solida rispetto a quella di Bloodborne.

Altra cosa da non sottovalutare è la leggenda, la fama che la community di Dark Souls ha fatto nascere intorno a questa serie. Fama che non è stata da subito buona…

Ai tempi in cui uscì Demon’s Souls si parlava di un gioco impossibile, troppo difficile, frustrante, un gioco sbagliato per via della sua eccessiva punitività. Ed in effetti era vero, Demon’s Souls era un gioco che portava i giocatori a stancarsi per via del fatto che, una volta morti, era necessario dover ripercorrere l’intera area di gioco dall’inizio… meccanica che fu per fortuna aggiornata con Dark Souls grazie ai Falò i quali avevano la funzione di checkpoint. Grazie a loro, Dark Souls, pur mantenendo la fama di gioco assurdamente difficile, risultò appunto meno stancante.

E proprio con Dark Souls che iniziò a espandersi un nuovo verbo, un qualcosa di diverso dall’ “Impossibile, frustrante e sbagliato” di Demon’s Souls, o meglio: “Difficile, difficilissimo… ma in grado di regalare grandi soddisfazioni!”.

Se prendete per esempio in considerazione il fatto che tramite anche i Social Network, per Demon’s Souls, giravano per lo più immagini e meme scoraggianti, nei quali si vedevano solo personaggi stramazzati al suolo con la scritta SEI MORTO, ecco che con Dark Souls iniziano invece ad apparire foto che mostrano eroici personaggi in armatura davanti a ambientazioni magnifiche con commenti di gioia da parte degli users.

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Fu questo l’inizio del tutto, quel qualcosa che iniziò ad attirare i tanti curiosi verso questo oscuro titolo. La presenza di un gioco diverso dagli altri, dalle meccaniche particolari, ambientazioni uniche che sembrava portare qualcosa di davvero diverso dai soliti giochi triti e ritriti che ormai giocavamo in modo costante ogni anno…

L’apice di questo momento è arrivato con Dark Souls II e si è, ovviamente, trasmesso anche per Bloodborne il quale aveva dietro di sé già il grosso di una community che era nel frattempo cresciuta sempre di più portando alla sua chiesa tanti e tanti giocatori nuovi, non più solo veterani.

Infine dobbiamo considerare che grazie alla potenza di PS4, Bloodborne supera quel limite che forse era il più grande della serie Souls, e cioè un gameplay, in particolare per i combattimenti, un po’ troppo rigido.

Questo è stato apprezzato tantissimo dai giocatori storici del brand che hanno potuto godere un’esperienza di gioco più reattiva, rapida, curata e sicuramente è stata una manna santa dal cielo per i nuovi arrivati che hanno avuto subito modo di aver a che fare con un titolo dalle meccaniche più moderne e delineate, frutto di studio di ben tre generazioni passate.

Con questo voglio dire che Bloodborne è più facile di Dark Souls? No, non potrei dirlo… ma è certo che Bloodborne, anche pur mantenendo il cardine di qualsiasi Souls, e cioè “un solo errore equivale a morire”, permette a chiunque di addentrarsi, di entrare, più facilmente nel suo mondo. Un mondo silenzioso, cupo, in cui non viene detto nulla, proprio come nei Souls, in cui è il giocatore, guardandosi intorno, studiando i particolari, deve riuscire a leggerne la storia e i messaggi.

Infine, diamo a Cesare quel che è di Cesare: Bloodborne è un gioco di alta qualità. Un titolo che fa davvero comprendere cosa una PS4 può essere in grado di fare. Un level design minuzioso che offre un’ambientazione interconnessa, graficamente curatissimo (seppure con alcune mancanze volutamente inserite per non appesantire eccessivamente il gioco che in effetti soffre periodi di caricamento lunghissimi), una grande varietà di nemici, armi, equip, meccaniche ben studiate dal moveset di ogni arma, alle schivate, ai parry. Altissimo livello di personalizzazione e una lore oscura quanto interessante…

Grazie al concatenarsi di tutti questi elementi non c’è da sorprendersi del grande successo di Bloodborne che è stato così in grado di chiamare a se chi già sapeva verso cosa andava incontro (e non sperava altro!) e nuove leve.

Bloodborne è di certo il risultato di un successo, il risultato di un percorso di un gioco che è stato cresciuto, che è stato fatto maturare bene, un qualcosa che è riuscito ad imporsi in modo tutto suo. La serie Souls ha ribaltato la scena, in un mondo in cui i videogiochi sembravano aver perso quel gusto per la sfida ha portato invece una sfida difficilissima che ha fatto ricordare non solo ai videogiocatori, ma anche ai developers, qualcosa che avevano dimenticato da tempo.

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