Robert Kirkman è l’Alan Moore della nostra generazione?

Pubblicato il 24 Marzo 2015 alle 11:40

Entrambi raccontano storie. Entrambi hanno fatto la storia. Il primo dettava legge nel mondo fumettistico fra gli anni 80-90, il secondo si è imposto prepotentemente nel medesimo panorama negli ultimi anni. Robert Kirkman può considerarsi l’Alan Moore della nostra generazione?

Immagino che il titolo di questo articolo scatenerà essenzialmente due reazioni.
Ci sarà quello che storcerà il naso, considerando la domanda del titolo ridicola, memore di quanto i lavori di Alan Moore siano espressione del tessuto sociale dell’epoca di riferimento dell’autore. Opere che hanno fatto letteralmente la storia del fumetto.

Ci sarà poi anche quello che invece sorriderà. A suo parere, quella espressa nell’articolo, è una domanda lecita e tale individuo crede che se si può affibbiare a qualcuno l’icona di fumettista migliore della nostra epoca quello è Robert Kirkman. Dopotutto, anche lo statunitense con le sue creazioni si è impadronito delle vette delle classifiche di vendita di fumetti e le sue opere, su tutte The Walking Dead, sono diventate veri e propri fenomeni sociali.
Dunque, un individuo neutrale come risponderebbe alla domanda dell’articolo?
La rigetterebbe oppure l’approverebbe, interpretando l’incidenza nel mondo dei fumetti di questi autori come una sorta di vecchio e nuovo testamento?

Facciamo un mini riassunto dei due autori:

moorekirkman2

Adesso vediamo di rispondere alla domanda e cioè se Robert Kirkman si possa o meno considerare l’Alan Moore della nostra generazione.
Per dare una risposta, oltre a comparare i due autori come abbiamo fatto sopra, dovremmo definire dei requisiti il cui possesso renderebbe l’autore in questione come il più rappresentativo della propria epoca.
Tali condizioni potrebbero essere: vendite, impatto culturale e multimedia.

VENDITE

E’ un attributo indispensabile perché solo l’autore che vende di più è degno di menzione. Nel 1986 le vendite di Watchmen superarono in breve tempo quelle di qualsiasi titolo Marvel, V for Vendetta fu la serie più acclamata della rivista Warrior su cui esordì impadronendosi del maggior numero delle sue 26 copertine.
Si impennarono vertiginosamente anche le vendite delle saghe con protagonisti Constantine e Swamp Thing, quando a firmarle c’era Alan Moore.

Per quanto riguarda Robert Kirkman, abbiamo già accennato a quanto siano straordinari i numeri raggiunti da The Walking Dead, Outcast o Invincible.
The Walking Dead è da tempo il fumetto più venduto negli USA e Outcast aveva già battuto nel 2014 ogni record ancora prima di uscire.
Invincible è anche il fumetto più longevo di Kirkman, visto che la Image Comics non ha nessuna intenzione di farlo terminare dati i numeri da capogiro che ha raggiunto.
Oltre alle sue personalissime creazioni, le stampe Marvel sono andate oltre i consueti standard quando l’albo recava il nome dell’autore statunitense.

IMPATTO CULTURALE

Abbiamo già parlato della maschera di V, rappresentante il volto di Guy Fawkes, diventando così simbolo di qualsiasi ribellione o protesta. Ma anche lo smiley insanguinato di Watchmen si è rivelato un simbolo potentissimo per rappresentare un’epoca storica in cui, in piena guerra fredda, i sorrisi dei cittadini di tutto il mondo potevano diventare insanguinati in qualsiasi momento per lo scoppio della temuta terza guerra mondiale.
D’altro canto, Kirkman ha saputo dare nuova linfa vitale agli zombie, letteralmente, riproponendo lo spauracchio apocalittico, ma soffermandosi principalmente sulle possibili reazioni e relazioni degli esseri umani, costretti a vivere in una società precipitata al grande zero.
Nessuno riesce veramente a spiegare il successo di The Walking Dead, ma quel che è certo è che né il fumetto né la serie tv vengono osannati esclusivamente dagli amanti dei film di Romero o di Danny Boyle.

smileydead

MULTIMEDIA

Per questa categoria c’è poco da dire: i fatti parlano da soli, sia da una parte che dall’altra.
Sia Watchmen che V for vendetta sono diventati film di grande successo con forse il secondo, diretto dai fratelli Wachowski, più colpevole dell’altro di aver regalato ancora più successo al personaggio a cui si ispirava la pellicola. Probabilmente una tale diffusione della maschera di V è riconducibile soprattutto alla trasposizione cinematografica.

La serie televisiva The Walking Dead è quella che ha battuto ogni record di ascolti e nonostante certe volte provochi qualche prurito ai fan del fumetto, rimane la trasposizione di maggior successo di sempre. Inoltre in cantiere c’è già lo spin-off di cui Kirkman sarà sempre produttore esecutivo e Cinemax ha acquistato i diritti di Outcast per farci un’altra serie televisiva.

Se considerassimo esaustivi questi requisiti la risposta alla domanda formulata in apice sarebbe positiva: Robert Kirkman è l’Alan Moore della nostra generazione. Tuttavia, come spesso accade, giudizi come questo possono essere espressi solo a posteriori quando tutto è già stato scritto e detto.
Forse un giorno i critici, analizzando la nostra generazione noteranno l’impatto considerevole che hanno avuto i lavori di Kirkman, rispetto a quello della generazione di Alan Moore. Oppure nulla di tutto questo, ma credo che difficilmente il lavoro e l’impatto culturale di Kirkman verranno descritti riempendo un solo paragrafo.
In ogni caso, ai posteri l’ardua sentenza.

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