X-Men: Dio Ama, L’Uomo Uccide – recensione edizione definitiva Panini Comics

Pubblicato il 27 Febbraio 2015 alle 10:20

Panini Comics ripropone una delle più grandi opere Marvel di tutti i tempi: Dio Ama L’Uomo Uccide, scritta dal leggendario Chris Claremont e disegnata da Brent Anderson! Non perdete l’opera che ha ispirato il secondo lungometraggio degli X-Men!

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Quando Chris Claremont iniziò a scrivere le storie degli X-Men si concentrò su trame dalla struttura complessa e labirintica con intrecci da soap opera, estremizzando le intuizioni narrative di Stan Lee e dei classici autori Marvel. Ma si comprese sin dal principio che i suoi interessi erano rivolti alle sfaccettate personalità dei personaggi, suscettibili di mutamenti e di evoluzioni, e all’universo mutante che in seguito si sarebbe ampliato. Uno dei meriti di Chris fu inoltre quello di approfondire il concetto dell’isteria anti-mutante che già il Sorridente aveva introdotto nei sixties.

Chiunque abbia letto la storica run di Uncanny X-Men firmata da Chris sa bene che la situazione dei mutanti, anno dopo anno, si fece sempre più cupa e tragica e le atmosfere solari degli esordi lasciarono il posto ad altre più mature, adulte e introspettive. Ci sono poi state sequenze che hanno rappresentato una svolta cruciale: basti pensare alla seminale saga della Fenice Nera e a story-arc estremi e sconvolgenti come Il Massacro Mutante e Inferno. E non si possono trascurare episodi impensabili per un comic-book mainstream del calibro di Vitamorte o Il Processo di Magneto. Insomma, Claremont era uno scrittore di classe.

E tra i suoi vertici creativi c’è un’altra storia che in origine la Marvel pubblicò nella linea Marvel Graphic Novel. Nel clima del cosiddetto Rinascimento Americano autori come Miller, lo stesso Claremont, Moore e altri concepivano il fumetto come una forma espressiva non esclusivamente incentrata sui classici scontri tra supereroi, rivolta a un pubblico più sofisticato che richiedeva meno banalità e più impegno, pur in un contesto di intrattenimento. La Casa delle Idee cercò di accontentare questa fascia di pubblico con le cosiddette graphic novel, dando inoltre l’opportunità agli autori di realizzare opere di più ampio respiro non limitate dalle regole editoriali e testuali dei normali comic-book.

Claremont ne approfittò realizzando God Loves Man Kills, considerata all’unanimità una delle storie più belle e intense della lunga saga degli X-Men nonché una delle pietre miliari della Marvel. Panini Comics ha deciso di riproporla e coloro che non hanno avuto modo di leggerla dovrebbero colmare la lacuna perché si tratta di un lavoro di alto livello. Per comprenderne la rilevanza, si deve tenere presente che ha ispirato in parte il secondo film degli Uomini X. Chris approfondisce quindi la tematica del razzismo nei confronti degli homo superior, dettaglio che fino a quel momento aveva sfiorato, anticipando la tendenza ‘morte e distruzione’ che caratterizzerà in seguito i vari X-mensili.

Con la metafora dell’isteria anti-mutante Chris denuncia il razzismo della società americana che colpisce i neri, i gay e le varie minoranze. E lo fa introducendo l’agghiacciante figura del reverendo William Stryker, un predicatore simile a quelli che ammorbano il territorio statunitense, tipico rappresentante della ‘moral majoriy’, la destra religiosa che in era Regan fomentava l’odio e l’intolleranza verso qualunque categoria di individui ad essa invisi. Stryker, fanatico senza scrupoli convinto di agire per conto di Dio, usando il suo prestigio e la sua notorietà, si rende promotore di una campagna anti-mutante con esiti devastanti. Gli X-Men, attoniti, non possono che assistere sgomenti agli eventi. La minaccia che infatti stavolta devono affrontare è più insidiosa. Non si tratta di fermare i piani di un criminale. Bisogna sconfiggere un pregiudizio. E, come diceva Einstein, ‘è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio’.

Tempesta, Wolverine e soci si confrontano perciò con un orrore indicibile, dal momento che molte persone, fomentate da Stryker, aggrediscono i mutanti e in certi casi arrivano a ucciderli, senza nemmeno risparmiare i bambini. Trascurando la tradizionale dicotomia buono/cattivo dei comic-book, Claremont fa persino agire gli X-Men insieme a Magneto. L’arcinemico dei pupilli del Professor X, infatti, è anch’egli coinvolto nell’incubo in quanto mutante e cercherà a modo suo di aiutare. E’ uno dei primi segnali dell’evoluzione del Signore del Magnetismo.

La storia è ancora oggi, a tanti anni di distanza, di uno spessore incredibile e Claremont scrive testi e dialoghi struggenti, profondi, di valenza letteraria, criticando aspramente ogni forma di discriminazione e non trascurando riflessioni di tipo politico. Gli haters della vicenda si richiamano ai fanatici del Ku Klux Klan che bruciavano e impiccavano i neri e ai nazisti che imprigionavano gli ebrei nei lager, tanto che, al di là dello sfondo supereroico, la trama è realistica.

E’ una presa di posizione contro il qualunquismo, quando Kitty rimprovera un personaggio dopo che questi ha lodato Stryker. Contro il cinismo dei politici che fanno leva sulle paure e le insicurezze dei cittadini indicando i ‘diversi’ come capri espiatori (e quanto è attuale il discorso, considerando le campagne contro gli immigrati che infestano il nostro paese!). Contro le idee preconcette di individui che giudicano a priori il prossimo sulla base di etichette arbitrarie. Insomma, questo è uno dei prodotti più impegnati della Casa delle Idee, uscito in un periodo in cui non si propinavano ai lettori idiozie con i procioni.

God Loves Man Kills ha quindi tensione, pathos, drammaticità e personaggi ben delineati: Ciclope che inizia a dimostrare la sua tempra di leader; Tempesta e Wolverine che alternano momenti di aggressività ad altri malinconici; Kitty Pryde che, malgrado la sua fragilità, ha il coraggio morale di sfidare Stryker in una delle sequenze più entusiasmanti dell’opera; Magneto che rivela inaspettati tormenti interiori e un carisma indiscutibile; e così via. Il merito è di Claremont, un autore che, ahimè, negli ultimi anni è stato l’ombra di se stesso ma che qui dà sfoggio di eccezionali capacità di scrittura.

I disegni di Brent Anderson, influenzato dallo stile di Neal Adams, sono validi ed efficaci, sebbene si rilevi qualche incertezza e il penciler sia piuttosto lontano dagli esiti più convincenti delle prove successive, a cominciare da Astro City; ma il tratto è valorizzato da ottimi giochi d’ombra, riuscite soluzioni prospettiche, primi piani di impostazione cinematografica e un lay-out inventivo. In questa nuova edizione sono poi incluse alcune pagine inedite disegnate dal maestro Neal Adams che contribuiscono a rendere ancora più preziosa questa proposta. Non perdetela.

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