Kingsman: Secret Service – Recensione
Pubblicato il 25 Febbraio 2015 alle 18:09
Durante una missione in Medio Oriente, l’agente segreto Harry Hart, nome in codice Galahad, del servizio di intelligence inglese Kingsmen, non riesce ad evitare che un suo compagno resti ucciso. Decide così di prendersi cura del figlio, il piccolo Gary “Eggsy” Unwin. Diciassette anni dopo, Eggsy conduce una vita scapestrata e la sua famiglia è in balia di un patrigno violento. Harry spinge Eggsy a cambiare la propria vita entrando nei Kingsman ed insieme dovranno sventare il piano del folle Valentine.
La collaborazione tra il regista londinese Matthew Vaughn e il fumettista scozzese Mark Millar, supervisore dei cinecomics Marvel per la 20th Century Fox, continua a dare i suoi frutti. Il connubio ha portato alla realizzazione delle trasposizioni cinematografiche di Kick-Ass 1 e 2, tratti dai graphic novel di Millar. Vaughn ha inoltre diretto X-Men – L’inizio, co-sceneggiato Giorni di un Futuro Passato e co-prodotto il nuovo film sui Fantastici Quattro.
I due autori hanno collaborato al soggetto di The Secret Service. Millar, ovviamente, ne ha realizzato un fumetto, disegnato da Dave Gibbons e uscito nel 2012, mentre Vaughn lo ha portato sul grande schermo. Rispetto al realismo del graphic novel, il film opta per un tono più cartoon e divertito sostituendo l’MI6 con la fittizia agenzia dei Kingsmen, i cui agenti prendono il nome operativo dai Cavalieri della Tavola Rotonda.
Al centro della storia resta il tema della lotta di classe. Un Colin Firth in gran spolvero è il veterano 007 che spinge il giovane Eggsy a prendere parte all’addestramento per diventare un Kingsman. Interpretato dal gallese Taron Egerton, il ragazzo proviene dalla classe proletaria e deve vedersela con gli antipatici rivali figli della upper class. Mark Strong, villain in Kick-Ass e Green Lantern, è qui un carismatico addestratore mentre Michael Caine, più volte interprete della spia Harry Palmer, è il Re Artù, il capo dell’agenzia, esponente dell’establishment.
Samuel L. Jackson è il macchiettistico Richmond Valentine, genio del computer stile Bill Gates ed ambientalista che nutre il folle piano di eliminare il “virus” dell’umanità dalla Terra mettendo in salvo solo i più facoltosi. Avvincente seppure abusata la metafora dei cellulari che condizionano la mente delle persone.
Funzionali i due personaggi femminili del film. La buona è Roxy, interpretata da Sophie Cookson, compagna d’azione di Eggsy. Vaughn è bravo a non far scadere il loro rapporto in dinamiche sentimentali trite e ritrite. La cattiva è Gazelle, personaggio maschile nel graphic novel, letale sicario e braccio destro di Valentine, dotata di protesi affilate al posto delle gambe. Gradevole il cameo di Mark Hamill, mitico interprete di Luke Skywalker nella saga di Star Wars ed icona nerd, presente anche nel fumetto.
Il film è uno spasso e procede a ritmo sostenuto, con buone dosi di action, personaggi ben caratterizzati, una narrazione spigliata punteggiata da qualche ingenuità o qualche trovata tirata per i capelli e tante citazioni, a cominciare dal James Bond di Roger Moore. Le scene di combattimento sono fortemente stilizzate e divertenti, nonostante degli effetti digitali non all’altezza e una regia a tratti incerta. Tutto è venato da un umorismo british, surreale e politicamente scorretto, dall’irriverente massacro in chiesa all’epilogo che sfocia quasi nel porno.
Vaughn si conferma abile regista di genere rielaborando anche stavolta i contenuti dell’opera originale, senza stravolgerne troppo il senso per realizzare un riuscito pop corn-movie che, nonostante gli evidenti difetti, fa il suo dovere come mezzo d’intrattenimento.