Le Sette Meraviglie vol.1, la recensione della suggestiva serie epica di Luca Blengino
Pubblicato il 24 Febbraio 2015 alle 10:15
Star Comics presenta un’opera molto particolare nella quale le sette meraviglie dell’antichità prendono vita tra realtà e finzione
“Si dice che un atleta che perde la sua prima ekecheirìa abbia diritto di tornare a una seconda, ma che se viene sconfitto in due edizioni consecutive, allora ha un solo motivo decente per tornare alla terza: morire nell’arena per cancellare il suo disonore.”
Ogni quattro anni a Olympia durante i giochi viene decretata l’ekecheìra, dal greco antico, “tregua olimpica,” durante la quale l’unico campo di battaglia sarà lo Stadion dedicato ai giochi, cinque giorni di competizioni con in palio la corona più ambita: il serto d’alloro, che nessun re potrà mai indossare. Il primo giorno, i concorrenti devono prestare giuramento a Zeus e promettere di rispettare le regole dei giochi di Olimpia. Mentre la festa è nel suo pieno svolgimento, un uomo misterioso omaggia la magnifica statua di Zeus. Viene raggiunto da un nobile, Kionis, che lo riconosce come Aurelios di Mykonos, il guerriero che piange. Aurelios non può trattenere le lacrime dal suo occhio destro a causa di una brutta ferita alla testa. L’uomo ha partecipato più volte ai giochi olimpici, ma non ha mai vinto. In realtà, Aurelios è animato da un altro scopo, è lì per cercare il figlio mai conosciuto. E anche Kionis ha una missione segreta da svolgere. Davanti alla statua passata alla storia come una delle sette meraviglie del mondo antico, opera dell’immenso maestro Fidia, si consumano intrighi politici e sentimentali e si intrecciano molti destini.
Il primo volume di questa serie epica e ambiziosa di Luca Blengino si apre con l’omaggio alla famosa statua di Zeus, realizzata dal leggendario scultore ateniese Fidia, intorno al 436 a.C. Questo eccezionale monumento era alto più di quattro metri e sfiorava quasi il soffitto del tempio dove era collocato. Realizzata in oro e avorio, purtroppo l’opera non è potuta giungere fino a noi, poiché un incendio non ha lasciato tracce se non nelle fantasie e nei racconti tramandati nel tempo.
Lungi dal raccontare e tediare il lettore con le fasi della sua costruzione Blengino è molto acuto nel presentarci questa meraviglia legandola al grande evento dei primi giochi Olimpici. Una realtà storica considerato che i giochi Olimpici sono stati creati proprio con l’obiettivo di recuperare l’aura sacra della statua di Zeus. Una storia che parte dal reale storico e sconfina nella finzione con personaggi caratterizzati in modo sublime, tanto da risultare autentici. Gli intrighi di cui è piena sfociano in scontri impressionanti di violenza inaudita. Alla fine, la trama coinvolge così tanto il lettore che la statua di Zeus non resta che una bellissima spettatrice, muta ed onnisciente davanti alle vicende di dolore e morte che vivono i protagonisti.
La seconda storia storia è ambientata a Babilonia, ai tempi di Nabucodonosor II che vi regnò dal 605 al 562 a.C, e al contrario della Statua di Zeus racconta di una meraviglia fantasma, i giardini pensili, che non è escluso si trattino di una vera e propria leggenda.
“Nessuno ha più paura della morte di colui che ha il dovere di vivere per sempre.”
Nabucodonosor, il re-Dio di Babilonia chiama a palazzo reale, lo schiavo ebreo Hesediel, soprannominato l’uomo dei miracoli, per chiedergli di preservare il vero tesoro di Babilonia: i giardini pensili, i quali a causa di un’epidemia stanno sfiorendo. Hesediel capisce subito che la colpa è da attribuirsi a un pesco, una pianta orientale che i giardinieri reali hanno cercato in ogni modo di fare attecchire. Risolto il problema, lo schiavo ebreo zoppo entra nelle grazie del suo re, lascia il ghetto e vive nelle prigione dorata dei giardini pensili. La sua vita scorre serena, finché l’incontro e l’amore per un’ancella di Marduk, Henka, non mettono a repentaglio la sua vita e quella del suo popolo d’origine.
Anche qui Blengino per esplorare la leggendaria meraviglia botanica coglie l’occasione di soffermarsi sul contesto storico, descrivendo il regno del grande Nabucodonosor, la sua fame di guerra, il suo stile di vita sontuoso e la sua doppia natura caritatevole e vendicatrice. Ed è proprio il più grande re caldeo, dopo il giardino, a ergersi come protagonista del racconto. Considerata la realtà storica ambigua sull’esistenza dei giardini, Blengino si sofferma con sapienza nell’amplificare i tratti del sovrano, rendendolo un personaggio dalle molteplici sfaccettature. Emblematica la sua apertura a un dialogo con gli ebrei. Hesediel dal suo canto è la rappresentazione di una delle tante schiavitù cui fu costretto il popolo ebraico e la sua storia d’amore con Henka, rende la storia più romanzata e delicata della prima.
Blengino incornicia il finale delle storie con un interessante approfondimento che chiarisce i dettagli storici delle opere che omaggia, tracciando una linea di confine tra ciò che ha ripreso dalle fonti e quello che ha dovuto inventare per far scorrere la trama in modo fluido. I disegni della prima storia sono di Stefano Andreucci, ( Zagor, Tex), curati al minimo dettaglio, sono colorati con gran gusto e prediligono le tonalità calde, a volte anche fragorosi nel loro non celare nudità o piaghe sanguinolente. Roberto Ali, al debutto proprio con i Giardini Pensili, è meraviglioso, con l’uso di toni leggeri e allo stesso tempo potenti. Babilonia, baciata da un sole di corallo, è resa in modo divino, con le sue ricchezze lussureggianti e il verde paradisiaco dei suoi giardini.
Un’opera straordinaria, coraggiosa e meravigliosa.