A-Force: ‘tremate! Tremate! Le streghe son tornate!’
Pubblicato il 12 Febbraio 2015 alle 15:00
La Marvel ha annunciato una nuova serie di Vendicatori al femminile! E’ un’idea positiva o negativa? Ma cosa c’è dietro tale idea? E cosa ha a che fare con la rappresentazione dell’universo femminile nei comics? Cerchiamo di capirlo insieme.
Scrivere su MF è un’esperienza interessante. A volte ti capita di interagire con gli utenti e c’è chi ti loda, chi ti critica e chi magari ti offende. A volte succede che nel sito appaia una notizia come quella dell’imminente A-Force, comic-book Marvel incentrato su un team di Vendicatori composto solo da supereroine. E succede che un utente fa un commento sarcastico sull’operazione, affermando che la Casa delle Idee si sia rincoglionita. Succede poi che il sottoscritto gli dà ragione. E succede che un’utente che si trincera dietro un nickname maschile scrive commenti inviperiti. La tesi della gentile interlocutrice è questa: se qualcuno non apprezza A-Force è sessista e maschilista. Poi, pur lodando la Marvel per questa strepitosa iniziativa, attacca comunque la casa editrice che, sempre secondo lei, non rispetta le minoranze, non rispetta le donne, non rispetta i disabili e, last but not least, è succube dei pregiudizi del ‘patriarcato’ ed è addirittura ‘razzista’.
Sì, ha usato proprio questi termini e specialmente ‘patriarcato’ trovo che sia allucinante, qualcosa che ci riporta ai cupi anni settanta. Ma procediamo con ordine. Iniziamo con A-Force. Innanzitutto, una serie imperniata sulle supereroine non è una novità. Lo è se prendiamo in considerazione l’universo narrativo degli Avengers ma nel contesto generale del fumetto americano il discorso cambia. Perché trovo questa idea discutibile? Non perché la squadra è composta da donne ma per le motivazioni che ci sono dietro. Per essere chiari, i personaggi Marvel e DC che più apprezzo sono femminili. Wonder Woman, Supergirl, Batwoman, Elektra, la Vedova Nera, Scarlet, eccetera eccetera, le considero più intriganti e interessanti dei loro colleghi maschi. Perciò un team tutto al femminile non mi disturba. Ma mi chiedo: c’è un’autentica esigenza narrativa dietro A-Force?
A mio avviso no. Le motivazioni sono esclusivamente commerciali. Non c’è niente di male, intendiamoci. Marvel, DC, Image e compagnia pubblicano fumetti per venderli e non è sbagliato. I dirigenti Marvel, semplicemente, hanno intuito che c’è un potenziale mercato femminile e hanno deciso di sfruttarlo, facendo leva però su un femminismo che di fatto non esiste nelle loro menti. Per dirla in maniera brutale, hanno fatto questo ragionamento: ‘ehi, negli ultimi tempi ci sono quattro signorinelle che all’improvviso hanno scoperto i fumetti! Pubblichiamo qualche mensile apposta per loro così ci becchiamo i loro soldi!’. E dal momento che c’è sempre la possibilità che pure qualche ragazzotto maschio dagli ormoni funzionanti abbocchi, hanno aggiunto: ‘Puntiamo sulla fica che con quella non si sbaglia mai!’ E il gioco è fatto. Mi scuserete per queste espressioni da trivio ma, sapete, gli americani, come scriveva la Fallaci, sono dei ‘piercoli che non hanno letto Monsignor Della Casa’. E io, dal canto mio, non mi sono formato con Il Cortegiano di Baldassar Castiglione ma con Il Tromba.
Però viviamo tempi bui di dittatura politically correct e che fa quindi la Marvel? Affida la serie a una donna. La tesi che si sta cercando di portare avanti da tempo è questa: solo le donne possono scrivere di donne. Quindi, in un incredibile gioco di ghettizzazione, questa sì di stampo patriarcale, si pubblicano comic-book che per forza devono essere affidati a sceneggiatrici. E, nel caso specifico, chi assumono? G. Willow Wilson, finora conosciuta per una graphic novel inconsistente, Cairo; una serie Vertigo trascurabile, Air; e alcune storie di Ms. Marvel, secondo il mio modesto parere, sull’anonimo andante. E la Wilson candidamente afferma che la Marvel le ha ‘imposto’ di usare solo personaggi femminili. Insisto su questo punto: ha imposto! A-Force quindi non nasce da un’esigenza espressiva dell’autrice ma dall’imposizione della dirigenza Marvel. E già questo inficia la bontà dell’operazione.
Tuttavia, una parte del web esulta, senza arrivare a capire il business che si cela dietro questo progetto, e alcune ragazze in particolare si esaltano. Gail Simone, sceneggiatrice da sempre nota per le sue polemiche sulla rappresentazione dei personaggi femminili nei fumetti, arriva addirittura ad affermare che A-Force è un passo fondamentale per le donne! Roba da far ridere i polli, insomma. E ciò ci conduce a un punto importante: le supereroine e la loro raffigurazione. E’ da tempo che ci sono polemiche sulle varie Supergirl, Elektra e così via. Sul fatto cioè che vengono disegnate in maniera discinta. Inutile girarci intorno: in effetti, è così. Alan Moore, in un articolo incluso nel volume ‘Funghi di Yuggoth e Altre Colture’ (Panini Comics) parla di loro come di fantasie masturbatorie di ragazzi che vedono le donne non come sono ma come vorrebbero che fossero e cioè, aggiungo io, come tante Rogue ed Emma Frost con un fisico da pornostar.
Verissimo. Ma bisogna capire che il ‘gioco’ (passatemi il termine) dei supereroi è da sempre maschile sin dai tempi gloriosi di Wonder Woman, creata peraltro da Wlliam Maulton Marston, notoriamente femminista. Questo gioco può essere criticato e messo in discussione. Ma se la critica è costruttiva ben venga. Se invece presuppone la censura e l’imposizione di diktat moralistici e bigotti allora, mi dispiace, non ci sto. Perché le suddette signorinelle di recente avvicinatesi ai fumetti hanno iniziato a rompere le scatole, mettendo in croce la Marvel e altre case editrici. Il caso della copertina di Milo Manara è significativo e passerà alla storia dell’imbecillità. Insomma, non vorrei vedere Tempesta e altre eroine con un cappottone e guai se si intravede mezzo centimetro di coscia! Primo, perché detesto le censure e le pseudo-femministe d’accatto sotto sotto vogliono appunto questo; e secondo, perché torneremmo all’epoca del famigerato Dottor Wertham e del mai rimpianto Comics Code che per decenni ha frenato l’inventiva e l’immaginazione di molti cartoonist.
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Fin qui, però, rimaniamo nell’ambito di una tematica riconducibile a un mensile. Ma la gentile interlocutrice, nella sua furia ideologica, va oltre, affermando che bisogna creare personaggi femminili in grado di sostenere da soli una story-line e che dimostrino che una donna vale quanto un uomo. E mi domando: c’era bisogno di A-Force per questo? Non è mai accaduto prima d’ora? I vari comic-book dedicati a Spider-Woman, Ms. Marvel, Spider-Girl, ecc. non hanno appunto presentato una cosa del genere? Storie che si reggevano su eroine coraggiose e abili quanto Capitan America o Wolverine? Ma, e questa è la perla dell’interlocutrice, la Marvel presenta solo stereotipi patriarcali. Ma dove sono, mi chiedo?
Io non li vedo nelle storie dei Vendicatori del passato con una Wasp che Roger Stern descriveva come leader della squadra. E con lo stesso Stern che faceva diventare poi leader Monica Rambeau. O con Bob Harras che metteva ai vertici del team la Vedova Nera. E potrei continuare con molti altri esempi. E le donne degli X-Men? Ci sono mai state eroine psicologicamente più credibili di Tempesta, Rogue, Kitty Pryde, Jean Grey che il grande Chris Claremont ha delineato con rispetto, presentandole come esseri pensanti e non come bamboline senza cervello? Se proprio si deve parlare di femminismo, allora Claremont, un uomo, è molto più femminista di certe utenti. E come mai una casa editrice patriarcale e sessista come la Marvel ha fatto lavorare per anni un’autrice come la Nocenti, lei sì autentica femminista nel senso migliore della definizione, che ha espresso le sue idee anti-patriarcali (si veda la sua graphic novel degli Inumani) senza cadere in questa scemenza delle ‘donne scritte da donne e destinate a un mercato di sole donne’.
Cosa intendo dire, quindi? Che il femminismo e il rispetto per le donne alla Marvel c’è sempre stato quando è però emerso in maniera spontanea. Non esiste quando invece si deve fare ‘il femminismo per partito preso’, come nel caso di A-Force e, lo ripeto, sempre a causa di motivazioni di mercato che con il rispetto della donna non c’entrano un tubo. D’altronde, continuano alcuni, la Marvel , oltre alle donne, non rispetta le minoranze in generale. Non rispetta quindi i gay. Non rispetta i disabili. Non rispetta i neri. La Marvel è razzista. Certo. Come no.
Come non si può definire razzista una casa editrice che crea il primo supereroe afroamericano dei comics, la Pantera Nera, ed è la prima ad inserire un comprimario di colore nella serie dell’Uomo Ragno e cioè Robbie Robertson? Come non si può accusare di razzismo un’etichetta che ha pubblicato il Silver Surfer di Lee e Buscema o gli X-Men? Perché, in fondo, la metafora dell’isteria anti-mutante non è una chiara presa di posizione contro qualunque forma di discriminazione, no… è razzismo, invece! Così come è razzista oggi leggere una serie su un Capitan America di pelle nera! Quanto ai gay, poi, non ne parliamo… eh, la Marvel li ha sempre disprezzati e li disprezza così tanto che ci ha persino fatto vedere Northstar e il suo compagno convolare a nozze (anche se in questo caso il discorso sul business e sul mercato ha una sua rilevanza). E i disabili e i malati… oh, loro sono stati davvero maltrattati dalla Marvel! Infatti, le storie che Peter David ha scritto sui malati di AIDS sono passibili di denuncia, vero? E una serie come Alpha Flight composta da un disabile come Bochs o da un nano come Puck era offensiva, esatto? Anzi, andiamo indietro nel tempo e mettiamo sotto processo Stan Lee per avere osato proporre un giustiziere cieco!
In fondo, la Marvel è pure diseducativa, continua qualcuno. Tipica affermazione di coloro che pensano che la fiction debba per forza avere una funzione pedagogica. Altro atteggiamento pericoloso che implica una potenziale censura. Non si capisce che a volte una storia è semplicemente una storia, appunto, e bisogna smetterla di attribuirvi valenze che magari non ha. E invece se in una storia c’è una donna, ecco che rappresenta secondo alcuni tutte le donne; se è un uomo rappresenta tutti gli uomini; se è un disabile, idem. Insomma, è il consueto delirio di chi ragiona solo per categorie, stimolato da idee preconcette.
Già, perché secondo l’utente rappresentare determinate categorie è di per sé discutibile. Insomma, nei comic-book Marvel a quanto pare devono esserci solo donne misandriche e se qualcuno non ci sta è sessista, maschilista e, già che ci siamo, omofobo (altra parolina magica usata in ogni contesto per zittire qualcuno, più o meno come si zittisce chi critica la politica dei governi israeliani definendolo antisemita). E chi non gioisce per A-Force è da condannare senza se e senza ma. Tuttavia, con buona pace delle pasionarie, continuo a considerare questa serie in maniera negativa. Poi magari leggeremo pure ottime storie, non è escluso. Può darsi che A-Force si dimostri un clamoroso successo. Può darsi che tra due anni non ne sentiremo più parlare, considerando la tendenza della Marvel di aprire e chiudere testate nell’arco di pochi mesi. Vedremo, insomma. Intanto, le signorinelle si esaltino pure e urlino: tremate! Tremate! Le Streghe son tornate!… magari discinte come Scarlet. Le quote rosa e le pari opportunità sono arrivate anche nelle storie! Evviva! E io, dal canto, mio urlerò: attento, Dr. Destino, hai i giorni contati! La fica salverà il mondo!