Recensione: Gli Scorpioni del Deserto
Pubblicato il 3 Dicembre 2010 alle 11:56
Autore: Hugo Pratt (testi e disegni)
Casa Editrice: Rizzoli/Lizard
Provenienza: Italia
Prezzo: € 29,00, 19 x 26, pp. 420
Come ho affermato nella recensione di WWII – Storie di Guerra, Hugo Pratt non è il mio autore preferito, pur riconoscendone la grandezza, più che altro per una questione di gusto individuale e stop; ma ammetto che il celebrato autore di Corto Maltese ha sempre dimostrato di possedere notevole abilità narrativa e maestria illustrativa indiscutibili (malgrado apprezzi più il disegno del periodo iniziale di Pratt e sia meno coinvolto dal tratto stilizzato dell’ultima fase della sua carriera).
Ciononostante, amo il genere bellico ed è per questo che la lettura delle sue storie di guerra realizzate per l’inglese Fleetway le ho trovate meravigliose; e lo stesso posso dire per gli episodi de Gli Scorpioni del Deserto, raccolti in volume da Rizzoli/Lizard in versione integrale.
Le vicissitudini del Capitano Koinsky e di altri personaggi appartenenti al corpo, realmente esistito, dei cosiddetti Scorpioni del Deserto, dislocati in terra africana durante la Seconda Guerra Mondiale, sono intriganti e rappresentano uno degli esiti creativi migliori di Pratt. Però, se queste avventure possono essere definite ‘war stories’, a mio avviso, hanno una profondità che rende arduo inserirle in un mero discorso di ‘genere’. Direi che l’opera è un’acuta disamina della guerra e delle sue insensatezze.
Le story-line si caratterizzano da una continua alternanza di ritmi lenti, riflessivi, dai toni conradiani, con citazioni di Kipling e altri autori, e serrati, poiché non mancano le sequenze di azione. Le idee anti-militariste di Pratt sono espresse in frasi come questa: ‘Voi fate diventare interi popoli responsabili di azioni commesse da agenti legati ad altri interessi’. E i conflitti, secondo Pratt, danneggiano solo i soldati, mere pedine dei giochi dei potenti.
E il disincanto amaro di Pratt non risparmia niente e nessuno, compreso il concetto stesso di ‘rivoluzione’ (alla quale chiaramente non crede). Inoltre, particolare encomiabile, i soldati descritti da Pratt sono sempre umanizzati, persino quando si tratta di nemici, siano essi fascisti o alleati dei fascisti: atteggiamento che conferma l’idea di cui scrivevo poc’anzi; quella dei singoli individui che, al di là degli schieramenti e delle scelte politiche, sono le vere vittime di ogni guerra.
La guerra, comunque, divide, e ciò avviene in alcuni episodi in cui Pratt descrive le varie etnie africane fortemente divise, appunto, da opposti estremismi. Un altro elemento importante delle storie riguarda l’universo femminile: nei primi quattro episodi, le donne sono quasi del tutto assenti, più che altro presenze indefinite che popolano i ricordi, i pensieri e i discorsi dei personaggi, ma fisicamente lontane; e tale dicotomia (presenza/assenza) accentua l’atmosfera crepuscolare e malinconica delle trame.
Tutto, però, cambia nell’ultimo episodio, forse il più famoso: ‘Brise de Mer’. Qui le donne sono, invece, presenti e assumono un ruolo di primo piano nella story-line, rivelandosi forti e assolutamente non passive. La storia in questione, inoltre, e il lettore attento se ne accorgerà, è diversa dal punto di vista testuale, con dialoghi e situazioni più aggressive.
E se, nel corso della lettura, si riscontra un’evoluzione nei testi, lo stesso dicasi per i disegni. Quelli delle prime storie sono realistici e dettagliati; ma in ‘Brise de Mer’ troviamo il Pratt stilizzato di cui scrivevo in principio (e, osservandone lo stile, si potrà capire quanto Frank Miller abbia ben tenuto presente la lezione di Pratt). E non mancano accenni al suo immaginario (un africano cita Corto Maltese). Per giunta, nella saga degli Scorpioni, di tanto in tanto, ci sono intriganti riferimenti a miti arcaici ed esoterici che rendono il fumetto ulteriormente interessante. Il volume è ottimamente realizzato e va segnalata la splendida galleria di acquarelli a colori, imperdibile per qualsiasi amante dell’illustrazione.
Voto: 8