The Porking Dead: intervista ai Dentiblù
Pubblicato il 12 Dicembre 2014 alle 15:00
Gli autori delle avventure zombesche (e non solo) del cinghiale Zannablù ci hanno parlato del lavoro che c’è dietro a una parodia, dei progetti futuri per il zannuto suino e della loro passione per Gigi D’Alessio (una di queste tre affermazioni è una bugia).
Stefano Bonfanti e Barbara Barbieri sono da più di un decennio e un lustro le menti creative e organizzative dietro alle Edizioni Dentiblù. Dopo aver realizzato per anni avventure a fumetti del pigro cinghiale Zannablù e diverse parodie in cui il Nostro veniva catapultato con esiti imprevedibili storie più famose , a Lucca C&G 2014 hanno presentato The Porking Dead (rilettura suina del fumetto e telefilm di Robert Kirkman) e una nuova edizione del tolkeniano Il Signore dei Porcelli.
Oltre che autori e illustratori Bonfanti & Barbieri sono anche editori, e con la loro etichetta indipendente pubblicano serie popolari come Sacro/Profano di Mirka Andolfo e Deficents & Dragons. Proprio dall’edizione di quest’anno della convention toscana verranno affiancati nella distribuzione e nella gestione del loro catalogo da Star Comics.
Di questa nuova convivenza, della nascita di The Porking Dead e dei processi creativi che portano alla nascita delle storie di Zannablù abbiamo parlato con loro in questa intervista per corrispondenza effettuata tramite piccione cinghiale viaggiatore. Buona lettura!
MF: The Porking Dead: maiali, deficienti e zombie. Come vi siete sentiti quando avete scoperto che tale “Robert Kirkman” vi aveva rubato l’idea, omettendo però i maiali?
B&B: Ma no, dai. Robert è un bravo ragazzo. E poi, se ha parodiato il nostro fumetto, ne ha tutto il diritto: la parodia è una forma d’arte a se stante.
Invece ci siamo rimasti un po’ male quando ha lanciato la sua serie “Battle Pope”, chiarissimamente ispirata a uno dei nostri personaggi di The Porking Dead. Ma il suo aver giocato di anticipo (di svariati anni, diremmo), ci impedisce di fare alcunché.
Come nasce una parodia? In questo caso vi siete visti e rivisti (o letti e riletti) TWD per metterne in luce ciò che si prestava oppure avete puntato istintivamente a certi aspetti?
Ci sono almeno due scuole di pensiero. La prima vorrebbe la parodia come un’imitazione pedissequa dell’originale arrivando talvolta a prendere scena per scena e ridicolizzarla. La seconda non ce la ricordiamo. Sicuramente apparteniamo alla terza.
A un certo punto della nostra vita, infatti, ci viene rivelato che il succo estremo della parodia è lo “stravolgimento” dell’opera parodiata, e questo è diventato il nostro pallino. Stravolgere innanzitutto vieta assolutamente la copia pedissequa: l’originale va conosciuto, certo, va digerito e va metabolizzato, per poi poterlo contaminare al massimo con qualcosa di nostro e di inedito.
Qual è l’esito ultimo di questa “digestione”? Ma no, non pensate ai sottoprodotti del corpo umano: qui il risultato è – o almeno dovrebbe essere – una storia che sta in piedi da sola, a prescindere da che il lettore conosca o meno l’opera originale. Certo: se la conosce, coglie anche tutto l’inevitabile aspetto citazionistico, ma ci teniamo che non sia presente solo quello.
E allora, ogni volta che parodiamo, cerchiamo un concetto chiave sul quale imperniare una storia diversa nelle fondamenta dall’originale, ma simile nell’atmosfera e nelle scene, in modo tale che si possano ripercorrere e reinventare.
In The Porking Dead la chiave di volta è l’avvicinamento estremo della Georgia di Kirkman ai panorami socio-geografici che ben conosciamo, giocando tra l’altro con manie, credenze e atteggiamenti ben vistosi nei nostri conterranei. E, pensandoci bene, di assist in tal senso ce ne vengono dati, tanto che mettere sul cappello di Flick Grugnes (l’omologo di Rick Grimes) un Sole delle Alpi al posto della stella da sceriffo, ci è venuto quasi naturale.
La Georgia in cui si muovono Zannablù e gli altri è infatti molto italiana. Non avete paura di mettervi contro nostrane fazioni agguerrite e molto legate al territorio, come i leghis fan di Gigi D’Alessio?
Effettivamente The Porking Dead è il fumetto in cui ci siamo esposti di più con la satira sociale. Non che sia mai mancata, ma in novantacinque tavole di fumetto “corale”, lo spazio abbondava. Però, dai, non siamo stati cattivi con nessuno, vero? Alla fin fine, anche le posizioni messe più alla berlina hanno avuto i loro piccoli momenti di riscatto: evitiamo di “spoilerare”, ma ogni personaggio è nel contempo eroe e antieroe. Il grande Italo Calvino ci galvanizzò scrivendo “la pazzia è una forza della natura, nel male o nel bene, mentre la minchioneria è una debolezza della natura, senza contropartita.” Ecco, appunto: i nostri personaggi sono tutti pazzi. I minchioni semmai siamo noi.
Tanto più che… chi ha parlato di Gigi D’Alessio? Leggete bene: lì c’è scritto Jiji D’Alexis, un noto cantante neomelodic-country della profonda Georgia. Ehm… non regge, eh?
In ogni caso, contando che è il paladino assoluto della maggioranza della popolazione (che poi non sia letteralmente viva è un altro discorso), gli abbiamo dato gloria e fama tale da compensare ampiamente la fine che fa nel fumetto…
Zannablù è, a paragone con gli altri personaggi di The Porking Dead, quello più razionale e “normale”. A quando un fumetto posato e intimista in cui il Nostro riflette sulle questioni fondamentali della nostra società?
Domanda arguta e azzeccata. Nel caravanserraglio di macchiette dei personaggi di The Porking Dead, nati appositamente per questa parodia, Zannablù è l’unico con una storia alle spalle. Sembrerebbe una sciocchezza, ma nel corso degli anni abbiamo imparato a conoscere al meglio il suo carattere ed è diventato quasi un personaggio “a tutto tondo”, non solo per la sua forma fisica.
Nei primi anni di vita era giovane, ingenuo e idealista. Poi, col tempo, ha sviluppato un pacato cinismo: avesse verve potrebbe senz’altro castigare i costumi della nostra società, ma in realtà tutto quello che cerca è semplicemente trovarci il suo posto, senza disturbare né essere disturbato.
All’inizio di ogni storia, infatti, è facile vederlo perfettamente inquadrato in una routine, con un tranquillo posto di lavoro e nessuna velleità particolare. Peccato che col primo colpo di scena si ritrovi catapultato nel caos e, suo malgrado, si imbarchi nelle avventure più disparate.
Comunque sia, addosso gli resta un atteggiamento molto pratico, disincantato e quasi scettico. Certo, non è una cima e i ragionamenti complessi fanno per lui quanto un voto di castità per Rocco Siffredi. Tuttavia la sua apparente “normalità” dovrebbe far sì che, in mezzo a tanti personaggi strampalati, il lettore riesca a identificarsi innanzitutto in lui. Se poi il lettore è a sua volta un personaggio strampalato… beh, ha ben di che scegliere.
Un’ultima domanda su TPD: senza spoilerare, il finale rimane molto aperto. Prevedete un seguito?
Anche questa è una gran bella domanda. Diciamo che l’idea, piuttosto che prevedere un seguito, era quella di non escluderlo. Certo è che sarebbe la prima volta in assoluto in cui una nostra parodia è “a puntate”. Ma è comunque la prima volta in assoluto che Zannablù vive sotto l’egida di un editore esterno, quindi da una situazione inedita può senz’altro derivare anche un’altra situazione inedita.
E quel che è certo è che, in queste circostanze, ogni decisione non è più competenza esclusivamente nostra. Questo potrebbe essere anche un bene…
Parlateci del ‘Zannabluese’ (ha un nome?), il particolare modo di parlare del vostro cinghiale. Come si è sviluppato?
Sì, ha un nome: è il cinghialese. Infatti, come si vede nello stesso The Porking Dead, lo parla anche Pishonne, dato che la tostissima eroina riveste i panni di una cinghialessa. La nascita di questo slang è coeva a Zannablù, dato che è stato studiato assieme alla trama del numero zero, quasi quindici anni fa.
Volevamo connotare al massimo le differenze fra maiali e cinghiali, ritraendo i primi come colti, “cittadini” e smaliziati, i secondi invece come illetterati, rurali e ingenui.
Nelle primissime storie di Zannablù, infatti, i maiali usavano termini forbiti, a volte anche desueti purché eleganti, mentre i cinghiali parlavano un cinghialese così stretto da essere fin troppo incomprensibili.
Per migliorare dunque la fruibilità delle storie e l’immediatezza dell’umorismo, abbiamo preferito nel tempo “alleggerire” il cinghialese e lasciarlo giusto a quei pochi termini in grado di colorirlo ma senza ostacolare troppo.
Per quanto riguarda la sua genesi, pur non essendo dei linguisti alla Tolkien, abbiamo riflettuto un po’ sulle caratteristiche delle inflessioni centro-italiche e provato a inventarne di parallele. Latinismi, iper-correzioni, regolarizzazione di verbi irregolari eccetera. Qualcosa che non legasse troppo i personaggi a una singola regione, ma desse comunque l’idea di quell’estremo localismo che trapelava dal modo di parlare dei nostri nonni, quando la televisione (e, a maggior ragione, la rete) non aveva ancora fuso le nostre rispettive ignoranze in un’unica ignoranza nazionale.
È ormai trascorso un mese da Lucca. Un bilancio?
Non bastano le parole per descrivere quanto travolgente, inebriante e fertile sia diventata la kermesse lucchese, contiamo giusto sul fatto che molti di noi un’idea se la siano fatta. I risultati sono stati ancor più straordinari dell’edizione precedente che già ci aveva stupiti. Certo è che affrontare quelle folle è come essere in prima linea e i risultati si contano solo dopo aver smaltito le conseguenze di aver dato fondo a tutte le nostre energie psicofisiche. Anche stavolta ne è valsa assolutamente la pena, ma una vacanza post-Lucca non ce l’ha tolta nessuno. Contando poi che, mentre tutti erano sotto gli ombrelloni noi stavamo alacremente lavorando su un centocinquanta tavole da sfornare (se includiamo la rilavorazione completa de Il Signore dei Porcelli), possiamo anche dire che ce la siamo meritata.
Com’è andata questa prima esperienza insieme a Star Comics per Zannablù e gli altri personaggi della vostra etichetta?
Potremmo sembrare ingenui nel giudicare così a caldo, ma ci viene da dire che la convivenza è idilliaca. Questo sia fra Zannablù e gli altri formidabili titoli che siamo orgogliosi di portare avanti con Edizioni Dentiblù, sia nel gestire la doppia vita editoriale del nostro cinghiale, a cavallo fra la nostra piccola casa editrice e la gloriosa Star Comics.
Temevamo potessero sorgere “conflitti di attribuzione”, ma è stato tutt’altro che vero. Le cose, al momento, sono filate di una naturalezza assoluta fra noi e lo staff dell’editrice perugina, i risultati a oggi sono molto buoni e speriamo che il trend resti questo.
In questo momento in edicola ci sono diversi fumetti umoristici italiani, molti con serie mensili o comunque regolari. Avete preso in considerazione questa possibilità?
Avevamo notato un (più che benvenuto) risveglio del fumetto umoristico e siamo lieti di farci la nostra piccola parte. La regolarità, a oggi, per noi è stata non saltare mai un’uscita delle due annuali di Zannablù: una primaverile, per lo più con storie a soggetto originale, e una autunnale, parodia. Ovvio che è una situazione un po’ rarefatta e una frequenza maggiore andrebbe tutta a beneficio della serie e farebbe la gioia dei nostri lettori.
Inutile però nascondersi dietro un dito: siamo due factotum, affianchiamo alla realizzazione dei fumetti di Zannablù altri lavori, sia nel fumetto che nell’illustrazione per il marketing, e portiamo avanti una seppur piccola casa editrice. Aggiungere una o due uscite l’anno potrebbe attingere giusto dalle nostre ore di sonno e dalla sanità mentale, andare oltre comporterebbe scelte importanti.
Da un lato potrebbe comunque giovare la presenza e la professionalità di un editore esterno, dato che ci sgrava di tutto ciò che non è strettamente la creazione del fumetto.
Dall’altro possiamo anche dire che Zannablù si è dimostrato un fumetto ben serializzabile. Nel corso della sua vita, almeno per i disegni, è stato affidato anche a disegnatori esterni con ottimi risultati. I bravissimi Alberto Bianchi e Virna Mattrel si sono cimentati con “Gli Zannini”, le parodie tascabili di Zannablù, e Alberto si è saputo mimetizzare ottimamente con una quindicina di tavole ne “Il Trono di Spiedi”. Anche il bonelliano Valentino Forlini disegnò un intero albo della collana di Zannablù (“Zannablù e il Filtro dell’Intelligenza”): che fosse bravo lo sapevamo, ma lì ha dimostrato anche un’insospettabile versatilità.
In altre parole, se si creassero le condizioni e ne valesse la pena, con un buon lavoro di squadra potremmo affrontare anche una serialità più stretta. Chissà dove ci porteranno gli eventi…
Ci salutate Zannablù? Dove (o quando, o in che dimensione) è adesso?
Probabilmente adesso è nel villaggio dei cinghiali al BAЯ coi suoi compari, a meno che non abbia trovato un lavoro e sia di turno proprio adesso. Ma non durerà.
Comunque lo salutiamo: ciao Zannablù (che sarebbesti tego)!
E salutiamo anche voi e tutti i lettori di Mangaforever: a presto!
A presto (e grazie) anche a voi!