Miracleman n. 9, recensione Marvel Collection Presenta

Pubblicato il 12 Dicembre 2014 alle 16:30

Miracleman, la serie che ha dato il via alla tendenza revisionista dei supereroi, arriva alla nona uscita e Panini propone la storia più controversa e discussa della saga, con i testi lirici e visionari di Alan Moore e i disegni del sorprendente Rick Veitch!

MIRACLEMAN 9 COVER A

La pubblicazione italiana di Miracleman, il serial che diede vita alla voga dei supereroi revisionisti degli anni ottanta, è un evento editoriale non di poco conto. La rivisitazione del supereroe inglese ideato da Mick Anglo da parte di Alan Moore è stata per diversi anni l’oggetto del desiderio di lettori ed editori a causa di complessi problemi legati al copyright del personaggio. Come tutti sanno, alla fine è stata la Marvel a spuntarla e sta riproponendo le storie scritte dal Bardo di Northampton così come quelle di Neil Gaiman che a un certo punto prese le redini del comic-book, sostituendo l’autore di Watchmen. Si sa anche che Moore, notoriamente ostile alla Marvel, non ha fatto i salti di gioia e il suo nome, dietro sua esplicita richiesta, non appare nei credits e c’è solo la definizione ‘Lo Scrittore Originale’.

Miracleman ha avuto una travagliata vita editoriale e rimando alla recensione del numero uno per evitare di ripetermi. Panini ha avuto l’idea encomiabile di tradurre questo materiale in un mensile che include in appendice pure episodi classici firmati da Mick Anglo. È una delle proposte migliori attualmente disponibili in Italia e coloro che la seguono regolarmente lo sanno. Al di là dei testi lirici e struggenti del Magus, le vicende di Miracleman sono una lucida e cupa disanima dell’idea stessa del supereroe e della sua intrinseca disumanità che lo differenzia dai normali esseri umani. Il tutto è enfatizzato da una trama ben congegnata che non concede tregua al lettore.

Ho deciso di recensire questo nono albo perché rappresenta un punto di svolta per Miracleman. Negli episodi precedenti, Micky Moran, alterego dell’eroe, aveva scoperto a sue spese che la sua esistenza tranquilla e banale era una menzogna. Responsabile dei suoi guai era il terribile Dr. Gargunza, classica nemesi di Miracleman, che aveva architettato un piano diabolico giocando con la mente, le percezioni e i ricordi di Mickey. Come poi si scopriva, il passato di Miracleman e le sue giocose battaglie contro i supercriminali non erano altro che fantasie.

Micky non ha ancora del tutto superato questo shock ma non avrà il tempo di prendere fiato, sebbene sia riuscito a sconfiggere Gargunza. Infatti in questo episodio si verifica un avvenimento importante. Non è sgradevole, anzi. Ma, come avrete modo di comprendere, non è nemmeno rilassante. Dopo le battaglie fragorose dei capitoli precedenti, Moore racconta una vicenda più realistica incentrata sulla nascita del figlio di Micky e di sua moglie Liz. Dal momento, però, che c’è lo zampino del Magus, non c’è nulla di convenzionale. Senza spoilerare, specifico solo che alla sua uscita l’episodio suscitò un vespaio di polemiche. Moore descrive con delicatezza, sensibilità e poesia l’arrivo di una nuova vita; nello stesso tempo, però, si rileva una crudezza esplicita inusuale per le convenzioni dei comic-book americani (non è una contraddizione e se leggerete la storia capirete a cosa alludo).

In questa occasione Moore evidenzia un elemento già accennato in precedenza. Il suo supereroe, infatti, è una specie di Messia, un essere semidivino che ha trasceso i limiti dell’umanità. La stessa Liz, in una splendida splash page, lo percepisce come una figura maestosa dalla valenza cristica e non mancano riferimenti biblici, a cominciare dallo stesso titolo della storia che è ‘Scene dalla Natività’. Ciò anticipa l’atmosfera del successivo story-arc che leggeremo nei prossimi numeri in cui Moore porterà a piena maturità queste riflessioni.

Una storia simile ha ancora oggi una portata eversiva e provocatoria senza pari e sicuramente le case editrici statunitensi di oggi avrebbero problemi ad approvarla. Ecco perché questo albo è imperdibile e dovrebbe essere letto anche dai lettori che di solito non apprezzano i comics americani. Inoltre, è illustrata da Rick Veitch che più o meno nello stesso periodo collaborava con Alan su Swamp Thing. Benché le sue matite siano lievemente compromesse dagli inchiostri di Rick Bryant che ne smorzano l’efficacia visiva, restano comunque spiazzanti e rendono giustizia ai testi di Moore.

Nell’albo sono poi presenti due episodi degli anni cinquanta scritti e disegnati da Mick Anglo. Il primo, in particolare, dimostra che pure quest’ultimo era in grado di creare trame inventive e fuori dagli schemi, almeno per gli standard fumettistici dell’epoca. È sufficiente riflettere su Marvelman (nome originale di Miracleman) alle prese con bizzarri villain di impostazione cubista e surrealista per accorgersene. Insomma, questa serie è un must. Non trascurate quindi uno dei momenti più memorabili del fumetto degli anni ottanta. E preparatevi per l’incredibile colpo di scena della tavola finale.

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