Il Settimo Splendore, graphic novel a sei mani di Leonardo Favia, Ennio Bufi e Walter Baiamonte – una recensione

Pubblicato il 16 Dicembre 2014 alle 10:15

Sotto i cieli di una Parigi popolata di promesse e di ricordi, si consumano le vicende di un ragazzo alla ricerca del suo passato e incapace di affrontare il suo futuro. Un’opera tutta italiana, completa in ogni aspetto.

SETTIMO-SPLENDORE

Bao Publishing aggiunge alla sua collana Le città viste dall’alto un’altra perla di gran pregio, che porta le firme di Leonardo Favia, sceneggiatore ed editore, al suo esordio alla regia di un graphic novel, di Ennio Bufi, che lo impreziosisce con i suoi pregiati disegni, e di Walter Baiamonte, che ne cura sapientemente i colori.

Prendendo il titolo da una citazione del Paradiso dantesco, Il Settimo Splendore è il racconto poetico e spirituale della vita di Modì, ventenne di Bari che torna a Parigi dopo una lunga assenza e per la prima volta senza sua madre, Sophie. Ai tempi della sua infanzia, la Ville Lumière era come una seconda casa per lui, uno scrigno di gioielli favolosi che esplorava con i suoi occhi meravigliati da bambino, guidato dalla madre, giovane pittrice, sognatrice, misteriosa, indipendente, libera.

Ora Sophie non c’è più, se n’è andata nel modo più inatteso e forse più doloroso, togliendosi la vita. Dietro di sé, lascia mille domande senza risposta, ombre fitte e porte chiuse. Proprio per cercare di aprire quei chiavistelli fatti di amari silenzi e menzogne taciute, per tentare di dare un senso al gesto di quella madre tormentata, Modì decide di intraprendere un viaggio a ritroso nel tempo, nella città che la madre aveva amato a tal punto da sceglierla come luogo del suo ultimo riposo.

La narrazione si apre con una grande finestra azzurra, sei vignette incorniciate dalle vetrate di un aeroporto; il giovane protagonista è seduto in compagnia soltanto della sua fidata Moleskine, tra le cui pagine raccoglie i suoi ultimi pensieri prima di partire per un volo misterioso.

Poi il buio.

Le luci si riaccendono su una Parigi illuminata d’arancio e vediamo Modì fare il suo ingresso in uno scalcagnato albergo dallo scontroso proprietario. Quello sarà il suo campo-base, in attesa di far luce sull’enigma del drammatico gesto compiuto dalla madre. Una sistemazione temporanea. O almeno questi sono i suoi piani. Ma Modì, che qualcosa dell’etereo temperamento materno dovrà pure aver ereditato se il suo stesso soprannome deriva da quel genio incompreso che fu Modigliani, cade spesso nell’errore di fare i conti senza la vita e le sue sorprese, sorprese che spesso hanno i volti più inattesi di uomini e donne che lasceranno il segno.

Henry, il coinquilino festaiolo, disordinato e sconsiderato, ma amico sincero; Gemma, affascinante italiana della porta accanto; Jakob, il musicista dallo sguardo serio e malinconico; e infine Isabelle, una fiamma viva, piena di energia, con cui instaurerà un rapporto insicuro, ma prezioso. Giovani esistenze ricche di aspettativa e tese verso il futuro, futuro con cui si scontra però il pesante fardello di memorie che grava sulle spalle di Modì.

Il ritrovamento di un mazzo di fiori freschi sulla tomba di Sophie sarà infatti lo stimolo decisivo ad impegnarsi con ogni mezzo per far luce sulla storia dei suoi genitori. Sulla sua storia.

Al centro di un caleidoscopio di ricordi che riaffiorano e stralci di quella vita parigina che desidera e rifugge insieme, percependola come estranea, Modì dovrà fare i conti non solo con le nuove verità che lo porteranno a modificare radicalmente l’immagine che ha dei suoi genitori, ma anche con se stesso, con la propria personalità. Una personalità spesso egocentrica, assorta esclusivamente su se stessa ed incapace di assumersi responsabilità. Quando infine i pezzi del mosaico, le pagine strappate del diario di sua madre, saranno tornati al loro posto, il protagonista de Il Settimo Splendore, si troverà di fronte ad una scelta che vale la vita: da una parte prendere atto di ciò che è successo e impararne la lezione senza esserne sopraffatto, dall’altra continuare a vivere in una gabbia di solitudine e nostalgia.

Il Settimo Splendore si chiude come si è aperto, ma non per questo è un anello, un serpente che si morde la coda. Perché, tra la fine e l’inizio, si trova tutto il senso di un ragazzo che impara a diventare capitano del proprio passato, non più suo servo, riuscendo infine a diventare adulto e ad imparare il prezzo del sacrificio.

Questa intrigante e intensa graphic novel si gioca su un dialogo costante tra passato e presente, con uno spazio di sottofondo, la città di Parigi, talmente vivo, presente e influente da assumere il ruolo di co-protagonista. Una città che, come la capitale portoghese di Treno di notte per Lisbona, pare allo stesso tempo immutata e in continuo mutamento, riflesso dell’animo degli uomini e delle donne che la popolano, sempre teso al futuro, ma tenacemente ancorato al passato.

Il Settimo Splendore è un fumetto di ambienti e di sentimenti, dai dialoghi freschi e naturali che si dividono lo spazio della pagina con pensieri, riflessioni e ricordi, quelli scritti da Sophie nel suo diario e da Modì nella sua Moleskine, in un’armonia continua tra parola scritta, voci e meditazioni che non disturba la lettura, anzi, permette di comprendere i molti piani di significato di questa storia famigliare e introspettiva che era difficile rendere anche coinvolgente.

Favia ha raccolto la sfida e l’ha portata a termine egregiamente, supportato dai disegni soffusi dai tratti sottili di Ennio Bufi, che rendono bene sia il realismo che l’intensità psicologica delle vicende. La danza di toni e caldi e freddi realizzata da Walter Baiamonte , infine, è emotivamente connotata: il blu, l’indaco e l’azzurro scuro sfumato di grigio sono infatti i colori dei ricordi lontani, mentre il bronzo, il giallo ambra e il rosa tenue riempiono i volti dei personaggi baciati da un sole parigino che pare sempre al tramonto. E proprio le luci proiettate dagli angoli di queste vignette dal sapore cinematografico sono l’elemento visivo più trascinante, contribuendo ad accompagnare il lettore nelle atmosfere psicologiche del romanzo. I globi viola e rosa delle feste, le finestre simili a pannelli d’oro, il gioco di ombre e riflessi sui capelli. Nulla è lasciato al caso, tutto concorre con estrema chiarezza a farci cogliere di ogni personaggio le curve del volto, il cambio di uno sguardo, il piegarsi di un sopracciglio.

Il Settimo Splendore è un vero e proprio romanzo, un racconto riuscito della ricerca di un passato che insieme concorre a formare il futuro del protagonista, ma potrebbe anche ostacolarlo. E’ un quadro delle alternative della vita, con lo scopo di farci comprendere come il non scegliere, il rimanere passivi davanti allo scorrere incessante delle cose, sia sempre, indipendentemente, la scelta peggiore.

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