Il Vampiro che Ride. L’ Apocalisse horror di Suehiro Maruo – Recensione

Pubblicato il 27 Novembre 2014 alle 10:15

In un’edizione completa torna la saga de Il Vampiro che Ride, la vetta più alta dell’horror-fantastico a fumetti degli ultimi decenni.

Il vampiro che ride

Fin dalla sua prima apparizione, Warau Kyūketsuki ( in Italia Il Vampiro che Ride) di Suehiro Maruo, uno dei mangaka di genere ero-guro più famosi a livello mondiale, suscitò un fortissimo scalpore, per la crudezza e la spietatezza che mai nessuno prima aveva osato raccontare. Prima opera pubblicata dalla bolognese Coconino Press nel lontano 2000, viene ora riproposta in una nuova edizione comprendente anche il secondo capitolo della saga, intitolato Paradiso, rimasto fino ad oggi inedito in Italia.

Il primo volume dell’opera si apre come una porta sul passato: siamo tra le macerie di una città devastata da un tremendo cataclisma di sapore quasi nucleare, che ha lasciato ovunque morte e distruzione e ha riempito i cuori dei sopravvissuti di odio e paura. Una figura curva si aggira furtivamente tra le rovine, frugando e saccheggiando i cadaveri come un avvoltoio. Scoperta dalla popolazione, viene costretta a rivelare il suo volto: è una donna dal viso sfigurato e deforme e per questo additato come diabolico. La furia cieca della massa umana non conosce pietà e la donna viene impiccata e sepolta. Ma è la stessa voce narrante, che, in prima persona, ci rivela l’incredibile: la morte stessa non vuole accoglierla e la risputa fuori dalla terra. E’ così che nasce l’incubo della “Donna Cammello”, il vampiro assettato di morte e orrore.

Con un salto del tempo, torniamo ai nostri giorni, al Giappone moderno. Qui, dietro una facciata di ordine ed efficienza, si cela una realtà macabra, putrescente, totalmente priva di valori e votata agli eccessi più depravati: pedofilia, prostituzione minorile, violenze, bullismo, dipendenze, “enjokosai”( il fenomeno per cui giovani studentesse si prostituiscono o vendono parti del loro corpo per denaro, così da potersi permettere abiti lussuosi e alla moda), che incidono enormemente soprattutto sulle nuove generazioni. Konosuke Mori e Luna Miyawaki sono due alunni delle scuole medie che vivono il dramma di una società crudele, cinica, folle, che li schiaccia e ne calpesta l’innocenza. Il cedersi alla donna vampiro, l’accettazione di un destino maledetto, risulta quasi l’estremo tentativo di fuga, l’espressione di un bisogno di libertà e sicurezza che nulla ha saputo dare loro, né la famiglia, né gli amici inesistenti, né tantomeno la scuola. Con la “scelta non scelta” di Konosuke, con il suo abbandonarsi ad una trasformazione mostruosa piuttosto che sfuggire alla maledizione ancor più temuta del divenatre adulto, si apre il baratro di violenze, omicidi senza senso e depravazioni che costellano l’intero volume.

Il secondo capitolo, Paradiso, pur realizzato a quattro anni di distanza, risulta in perfetta continuità con il precedente. La scena di apertura, infatti, descrive il ritrovamento del teschio di una delle vittime dei giovani vampiri, abbandonato in uno stagno di ninfee. Konosuke e Luna sono sempre in caccia e non cessano di mietere vittime da portare alla loro madre/maestra Donna Cammello, muovendosi tra ritrovi orgiastici, foreste oniriche e i cupi, decadenti paesaggi urbani tanto cari all’autore. Ma il loro destino cambierà quando si incrocerà con quello di Makoto, giovane alla ricerca della sorella Miko, custode di un terribile segreto.

Quelle de Il Vampiro che Ride, volume 1 e 2, sono pagine di un horror assoluto, violento, distopico. Sono squarci nell’abisso delle più odiose perversioni umane, qui analizzate e disegnate senza pudore. A partire dal titolo, un ossimoro in termini, che unisce la risata alla personificazione fantastica degli incubi peggiori dell’uomo, si comprende tutta la carica dissacrante di quest’opera, che realizza un’autopsia completa del cuore e della psiche umani, portandone alla luce tutte le ombre e gli orrori . E’ un affresco dettagliato e crudo delle bassezze umane, utile nella sua funzione di insegnante di anatomia, che estrae la carotide da un cadavere per mostrare ai suoi allievi dove non tagliare.

Folle, estremo, sconcertante, Il Vampiro che ride individua i limiti consueti del narrare e li fa a brandelli con le sue sequenze spietate e cruente. Difficile, estremamente difficile esprimere un giudizio su un’opera che pare essersi fatta strada dal fondo gelido di una tomba in putrefazione, propria come la sua orripilante protagonista. E’ di certo impossibile rimanerne indifferenti, non esserne turbati nel profondo.

Le oscenità, i crimini più efferati, la sete di sangue, le psicosi perverse sono la vera trama de Il Vampiro che Ride e spaventano immensamente perché risvegliano nel lettore la certezza che non si tratta di finzione, ma che esistono realmente. Forse, in un qualche momento di debolezza e fragilità, anche nell’angolo più buio e nascosto delle nostre anime.

Il Vampiro che Ride è però anche una storia profondamente calata nel suo contesto sociale. Si legge nelle sue pagine una denuncia spietata della società giapponese moderna, quel mondo severo e ultratecnificato nato dall’incontro-scontro con la cultura statunitense e che, invece di creare una miscellanea positiva degli aspetti più sani delle due, sembra talvolta averne assorbito soltanto i difetti. Siamo di fronte ad una società descritta come passiva, indifferente per quanto riguarda l’aiuto ai deboli e ai bisognosi, ma pronta a giudicare, condannare e “sbranare” con ferocia animalesca quelli che considera “colpevoli”, come nel caso della Donna Cammello, giustiziata senza un briciolo di pietà. Ciò amplificato e ingigantito nel mondo degli adulti (probabilmente i veri “mostri” della narrazione), ma presente anche in quello dei bambini, che, abbandonati a loro stessi, regrediscono ai loro istinti più crudeli. Sorgono così bullismo, esclusioni, derisioni, violenze, svendita dei propri stessi corpi.

Colpisce particolarmente, poi, il contrasto tra l’ambiente naturale e quello umano: Suehiro Maruo riempie infatti di cornici floreali, aiuole, petali e cespugli in bocciolo i rari scorci naturali che si intravedono tra gli asfalti cittadini, quasi a voler sottolineare la purezza, l’armonia e l’indifferenza dell’universo vegetale e animale in contrapposizione con l’animo nero e disgustoso dell’uomo, nido di tutte le abiezioni. Uomini e donne sono più spesso associati agli insetti, alle larve, alle falene, le vespe velenose, i bruchi. Esseri striscianti e pericolosi che entrano ed escono dai loro corpi come riconoscendovi le loro case naturali e che ricordano le farfalle mortifere di Buffalo Bill de Il Silenzio degli Innocenti.

Contrasti, ossimori e stridenti contrapposizioni che percepiamo ancor di più a livello grafico. Il tratto di Suehiro è infatti estremamente elegante, delicato, colto, quasi poetico, come nelle citate sequenze floreali, e che richiama le più classiche stampe giapponesi o lo stile manga delle decadi ’50 e ’60. Le copertine dei volumi, con i loro colori pastellati, paiono quasi manifesti pubblicitari, che vedremmo bene come locandine di spettacoli circensi o mostre floreali, non fosse per le macabre figure e gli sfondi bui. I volti dei giovani protagonisti, asessuati, sono graziosi anche nei momenti più tragici, quando si nutrono di sangue o uccidono bambini, e in questa fredda, congelata bellezza è custodita la forte carica terrificante di questa graphic novel.

Chiave di lettura de Il Vampiro che Ride potrebbe essere considerata la frase pronunciata dalla demoniaca protagonista una volta tornata dal mondo dei morti:

“Forse sono un diavolo come dicono”

In questa riflessione si cela il dubbio che i vampiri, quelli veri, non nascano per trasfusioni di sangue o macabri riti, ma che sia la società stessa, quando perde la propria rotta, il proprio scopo di rendere i felici gli uomini, a corrompere e a rovinare irreparabilmente gli uomini, creando, da angeli, mostri.

Ai lettori l’ultima parola su quest’opera. E un avvertimento: tutte le letterature potenti davvero possono risultare pericolose e Il Vampiro che Ride è senza dubbio una di queste.

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