Superman La Zona Fantasma – Recensione RW Lion Comics
Pubblicato il 20 Ottobre 2014 alle 10:30
Alcuni nemici di Superman sono fuggiti dalla Zona Fantasma e hanno pessime intenzioni nei confronti della terra! Riuscirà l’Uomo d’Acciaio a fermarli? Scopritelo in una classica miniserie realizzata da due maestri del fumetto americano: Steve Gerber e Gene Colan!
Quando nei primi anni ottanta Jim Shooter divenne il discusso editor in chief della Marvel molti autori che avevano fatto la fortuna della Casa delle Idee andarono a lavorare per la concorrente DC, non gradendone gli atteggiamenti dispotici e arroganti. Tra essi ci furono due nomi importanti del fumetto americano, purtroppo scomparsi: Steve Gerber e Gene Colan. Il primo si era occupato dell’Uomo Cosa, i Difensori, i Guardiani della Galassia, Howard il Papero e Omega lo Sconosciuto, realizzando storie trasgressive e anti-convenzionali per gli standard degli anni settanta, in contrasto con i dirigenti Marvel, dal momento che non si esimeva dall’affrontare tematiche socio-politiche con intenti satirici e di denuncia.
Il secondo era uno dei più apprezzati penciler degli Stati Uniti, responsabile di memorabili run di Daredevil, Captain America, Dr. Strange e Tomb of Dracula, giusto per citare alcuni dei suoi lavori più celebrati. I due avevano collaborato in varie occasioni e quando giunsero alla DC il sodalizio si rinnovò con una intrigante miniserie di Superman, Phantom Zone, che Lion propone in questo volume. Gerber, inoltre, aveva un debole per la fantascienza e lo dimostrò con questa avventura dell’Uomo d’Acciaio.
Specifico che si tratta di materiale pre-Crisis e il contesto in cui agisce Supes è diverso da quello dell’attuale DCU. Clark Kent è un reporter televisivo, Jimmy Olsen e Lois Lane sono i suoi migliori amici e Perry White è sempre il direttore del Daily Planet. Ma c’è un dipendente del giornale, Charlie Kweskill, che di punto in bianco inizia a comportarsi in modo strano. Se prima era ligio al dovere, ora non è più così. Inoltre, fa sogni inquietanti che non contribuiscono a rendere stabile il suo equilibrio emotivo.
E se non fossero semplici sogni? E se fossero collegati alla Zona Fantasma, la spettrale dimensione in cui vengono imprigionati i peggiori criminali di Krypton? E chi è poi davvero Charlie? Man mano che la trama procede, Gerber descrive un mondo cupo e distorto, utilizzando appunto i villain di Krypton, a cominciare dal perfido Generale Zod. I cattivi hanno pessime intenzioni nei confronti del nostro pianeta e Superman rimarrà coinvolto nelle loro macchinazioni. E la minaccia è talmente grave che persino Batman, Supergirl, Wonder Woman e Lanterna Verde saranno della partita.
Gerber concepisce uno story-arc dai toni sci-fi e psichedelici, visionario, opprimente e angosciante, inserendo Superman in ambiti narrativi lontani dalla solarità di tante vicende del passato. Bisogna dire che la miniserie non è di lettura facile. I testi sono verbosi e ridondanti e risentono degli influssi della fantascienza hard dei seventies e perciò qualcuno potrebbe trovarli ostici. Ma Phantom Zone è affascinante e fa pensare alle atmosfere dei romanzi claustrofobici di Philip K. Dick che già Gerber aveva omaggiato con Omega e con i Guardiani della Galassia.
Dal canto suo, Gene Colan svolge un lavoro sopraffino. I suoi fan ritroveranno le figure dinoccolate e plastiche, il tratto ombroso e la dinamica costruzione della tavola che resero il suo stile leggendario. E avrà modo di ammirare le sue versioni delle icone DC che riesce a personalizzare senza stravolgere. L’unico appunto da fare riguarda le chine di Tony De Zuniga, troppo pesanti, che smorzano la fluidità delle figure. Ma è un dettaglio che non inficia la qualità complessiva dell’opera.
È poi incluso un episodio tratto dal n. 97 di DC Comics Presents che peraltro fu l’albo che concluse ufficialmente l’era pre-Crisis di Supes. Qui Gerber narra l’epilogo di Phantom Zone, concentrandosi sui cattivi della Zona Fantasma e sul terribile Mr. Mxyzptlk. La sceneggiatura è sperimentale, piuttosto cervellotica; ma di qualità innegabile. Alle matite c’è Rick Veitch che alla sperimentazione testuale ne affianca una grafica con un lay-out inventivo, analogo a quello lisergico di Swamp Thing. Ma gli inchiostri di Bob Smith sfortunatamente ne vanificano l’effetto. Malgrado ciò, questa è un’uscita da tenere d’occhio.