I Mercenari 3 – The Expendables: Recensione in anteprima
Pubblicato il 3 Settembre 2014 alle 21:00
Nel corso di una missione, Barney Ross e la sua squadra si trovano di fronte a Conrad Stonebanks, co-fondatore dei Mercenari, traditore ritenuto morto ed ora spietato trafficante d’armi. Per affrontare il temibile avversario, Barney decide di reclutare nella squadra membri più giovani ed esperti di tecnologia. Ma nella battaglia decisiva, ci sarà bisogno anche dei veterani per cercare di avere la meglio sull’esercito agli ordini di Stonebanks.
I Mercenari 3 – The Expendables
Titolo originale: The Expendables 3
Genere: Azione
Regia: Patrick Hughes
Interpreti: Sylvester Stallone, Jason Statham, Harrison Ford, Arnold Schwarzenegger, Mel Gibson, Wesley Snipes, Dolph Lundgren, Randy Couture, Terry Crews, Kelsey Grammer, Antonio Banderas, Kellan Lutz, Ronda Rousey
Paese: USA, Francia
Durata: 126 min.
Casa di produzione: Nu Image – Millennium Films, Davis-Films, Ex3 Productions, Fipex Holding Distribuzione (Italia): Universal Pictures
Data di uscita: 15 agosto 2014 (USA), 4 settembre 2014 (Italia)
La saga nata per mettere insieme le icone del cinema action anni ’80 giunge al terzo episodio giocando sul confronto con gli stilemi e gli elementi moderni del genere. Dopo il secondo capitolo diretto da Simon West e teso alla smitizzazione autoironica attraverso gag demenziali ed un’esaltazione surreale del machismo, stavolta la regia passa al giovane Patrick Hughes che ristabilisce un tono più serioso, maggiormente vicino a quello del capostipite diretto da Stallone, fotografando un gruppo di eroi sul viale del tramonto, restii a lasciare il posto ai giovani ma pronti a fare squadra con loro.
Il gran numero di personaggi è croce e delizia del film poiché ognuno finisce per avere pochissimo spazio e fa il minimo sindacale. Sylvester Stallone torna ad essere centro e motore emotivo della narrazione facendo da raccordo tra i veterani e le nuove leve del gruppo. Al suo fianco ancora Jason Statham, lasciato troppo troppo in disparte, mentre Dolph Lundgren, Terry Crews e Randy Couture fanno solo da coreografia. A loro si unisce la new entry Wesley Snipes che richiama Blade in quanto esperto nell’uso di coltelli.
Dopo Machete Kills ritroviamo Mel Gibson di nuovo nel ruolo del villain, meno gigione e più glaciale. E’ in assoluto il migliore e più intenso del cast e il suo dialogo con Stallone a metà film è ipnotico. Kelsey Grammer (il cattivo di Transformers 4 e Bestia in X-Men 3) ha qui un cameo nel ruolo di un mercenario in pensione che aiuta Ross a reclutare i giovani membri del team tra cui spiccano Kellan Lutz, protagonista del pessimo Hercules – La leggenda ha inizio, e la giunonica Ronda Rousey, unica presenza femminile del film (ruolo che sarebbe dovuto andare a Milla Jovovich, declinato per via di impegni concomitanti).
La parte centrale della storia si rifà a Mission: Impossible, in particolare al terzo episodio della serie cinematografica, in un trionfo di spie e alta tecnologia. Ma alla fine sarà la vecchia scuola a trionfare. A dar man forte ai Mercenari giungono Arnold Schwarzenegger e la new entry Harrison Ford, un po’ Jack Ryan e un po’ Han Solo, che sfodera il suo leggendario ed iconico sorriso in faccia a Stallone. Cosa c’entri in tutto questo Antonio Banderas resta da vedere. Petulante e fastidioso, diventa il Jar Jar Binks del gruppo.
L’idea di inserire un reparto teenagers nella squadra è una mossa per cercare di attirare in sala anche un pubblico di adolescenti. Per questa ragione, a differenza dei due episodi precedenti, il film è tarato PG-13. Ne consegue violenza edulcorata e campi lunghi ad evitare ogni potenziale dettaglio splatter. Ben coreografati i combattimenti corpo a corpo, le acrobazie degli stunt sono esageratissime, orribili gli effetti digitali
L’esperienza e la forza degli eroi di ieri e la freschezza e la velocità di quelli di oggi si uniscono in una nuova famiglia per sconfiggere chi ne ha tradito gli ideali. Un concept interessante ma il film viene indebolito dalla sovrabbondanza di personaggi che si limitano ad una carrellata fine a se stessa e il cui valore iconico è scarsamente enfatizzato. Aggiungete la povertà di mezzi e di ironia e avrete un prodotto mediocre che dovrebbe comunque far felici i fans irriducibili del genere.