Texas Cowboys vol.1 – Recensione ReNoir Comics

Pubblicato il 7 Agosto 2014 alle 10:30

Cosa accadeva nel Far West e per la precisione nel Texas all’epoca dei pionieri? Ce lo spiegano Trondheim e Bonhomme nel primo volume di Texas Cowboys, capolavoro indiscusso del fumetto di area francofona in questo primo volume targato ReNoir!

Texas Cowboys vol. 1

texas cowboys 1Autori: Lewis Trondheim (testi), Matthieu Bonhomme (disegni)
Casa Editrice: ReNoir
Genere: Western
Provenienza: Francia
Prezzo: € 15,90, 18 x 25, pp. 144, col.
Data di pubblicazione: settembre 2012

Come molti sanno, leggo parecchi fumetti. Avendone letti tanti, però, pochi ormai mi sorprendono e mi emozionano ed è questo il caso di Texas Cowboys, pietra miliare western in dieci volumi realizzata dalla celeberrima coppia Trondheim/Bonhomme. Il libro in questione è uscito da parecchio grazie alla Renoir che ha tra l’altro da poco pubblicato il secondo volume che recensirò a breve. Ho ritenuto doveroso quindi partire dal capitolo iniziale, chiarendo subito che si tratta di un’opera eccellente che dovrebbe essere presente nella libreria di ogni estimatore di fumetti degno di questo nome, indipendentemente se sia o no appassionato del genere western.

Il Far West immaginato dai due autori è influenzato dalle classiche pellicole hollywoodiane ma pure da quelle di Sergio Leone. E soprattutto sono evidenti le suggestioni della narrativa pulp e dei cosiddetti dime novels. Lo spirito delle avventure narrate con maestria da Trondheim, infatti, è in linea con quello delle riviste americane popolari del secolo scorso. Lo si comprende dalle copertine dei singoli episodi che si richiamano allo stile sensazionalistico dei magazine distribuiti nei primi decenni del Novecento negli Stati Uniti.

E ovviamente non mancano cowboys, indiani, avventurieri, sceriffi, pistoleri, cacciatori di taglie, giocatori di poker e donne di facili costumi: insomma, tutti gli elementi tipici di una vicenda western che si rispetti. Le trame si basano su un personaggio fondamentale, Harvey Drinkwater, che ha fatto fortuna scrivendo racconti sul selvaggio west, appunto. La saga inizia proprio con lui. Lavora in un giornale e il suo tirannico direttore lo invia a Fort Worh, tipico paese di frontiera, in cerca di storie. Tutto ciò lo si scopre con una riuscita serie di flashback e man mano che la narrazione procede, si può dire che di storie il povero Harvey ne troverà a bizzeffe.

Innanzitutto incontra Ivy Forest, un cowboy del posto, più anziano e smaliziato di lui. Sarà proprio Ivy a fargli da guida e a coinvolgerlo in incredibili vicissitudini. Nella story-line appariranno poi uno sceriffo farsesco che si fa aiutare dal genero, una banda di fuorilegge guidata da un pericoloso bandito divenuto rapinatore per una serie di circostanze, una splendida donna dall’equilibrio psichico compromesso da un trauma e decisamente pericolosa e così via. Non c’è nulla di rivoluzionario in Texas Cowboys; anzi, tutto sa di già visto ma è proprio questo il punto di forza del fumetto.

Trondheim infatti gioca con cliché, archetipi e tipologie riconoscibili ma ne ricava una story-line avvincente che non concede tregua al lettore. Testi e dialoghi sono secchi e sintetici, tuttavia profondi, resi incisivi da una spiccata attitudine pulp. E i character sono psicologicamente approfonditi e le idiosincrasie, i tormenti interiori, le peculiari sfaccettature emotive vengono talora espresse con una semplice frase, senza che lo sceneggiatore cada nella ridondanza e nella retorica (tale aspetto è evidente nel caso dell’affascinante Betsy Marone). In altri momenti, invece, Trondheim opta per sequenze mute che però forniscono al lettore tante informazioni sulle situazioni e sui personaggi, evitando quindi di ricorrere a testi didascalici.

E ciò ci conduce alla parte grafica. Bonhomme è bravissimo e sfoggia uno stile che non è naturalistico ma quasi grottesco, privo però di eccessi cartooneschi e caricaturali. Il tratto è stilizzato ed evanescente e risulta cinetico. Se c’è una cosa che infatti emerge nelle pagine è il notevole senso di dinamismo. Lo si nota non solo nelle sequenze imperniate su inseguimenti e sparatorie; ma anche in quelle apparentemente più tranquille. In verità, i personaggi non hanno nulla di statico e di inanimato e provocano una costante impressione di movimento. Tutti questi dettagli fanno perciò di Texas Cowboys un capolavoro imperdibile, così come imperdibile è il volume successivo che sarà oggetto di un’altra recensione.

Voto: 9

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