Dial H vol. 3 – Recensione DC Dark RW Lion Comics
Pubblicato il 3 Agosto 2014 alle 10:30
Si conclude una delle serie più strane e anti-convenzionali del New52: Dial H! Qual è la natura del misterioso quadrante telefonico che trasforma in supereroi coloro che compongono il termine Hero? Scopritelo in questo terzo e ultimo volume scritto da China Miéville e disegnato da Alberto Ponticelli e altri maestri del fumetto internazionale!
DC Dark n. 18 – Dial H n. 3
Autori: China Miéville (testi), Alberto Ponticelli, Mateus Santolouco, Carla Berrocal, Riccardo Burchielli, Liam Sharp, Jock, Tula Lotay, Marley Zarcone, Brendan McCarthy, Emma Rios, Emi Lenox, Jeff Lemire, Frazer Irving, David Lapham, Carmen Carnero, Sloane Leong, Kelsey Wroten, Michelle Farran, Annie Wu, Zak Smith (disegni)
Casa Editrice: Lion
Genere: Supereroi
Provenienza: USA
Prezzo: € 10,95, 16,8 x 25,6, pp. 108, col.
Data di pubblicazione: luglio 2014
Quando la DC decise di varare l’operazione New52 ne approfittò per riprendere idee e concetti usati negli anni precedenti, proponendoli in uno stile più al passo con i tempi. Dial H, comic-book scritto dal romanziere China Miéville e disegnato prevalentemente da Alberto Ponticelli, apparteneva appunto a questa categoria. La serie è imperniata su un quadrante telefonico che trasforma in un supereroe chiunque componga il termine Hero. Ognuno di questi supereroi ha però una sua personalità e, almeno da quanto si intuiva nei primi episodi, un proprio vissuto. Qual è quindi la natura del quadrante? E chi sono realmente questi supereroi? Da dove vengono?
Se lo chiedono i protagonisti principali della saga: Roxie e Nelson. Il primo è un uomo soprappeso, diciamo pure un po’ sfigato, e la seconda una donna di mezza età. Due personaggi, quindi, estranei al mondo dei giustizieri in calzamaglia dal fisico statuario che rimangono coinvolti in incredibili vicissitudini. China Miéville, scrittore sci-fi decisamente anti-convenzionale, ha avuto il coraggio di usare due character non in linea con i canoni dilaganti e del resto Dial H si è rivelata sin dal principio stravagante per gli standard espressivi del comicdom, perlomeno per ciò che concerne il mercato generalista.
Infatti, Dial H non ha ottenuto il riscontro del pubblico e questo terzo tp che include i nn. 13-15 della testata originale costituisce il capitolo finale dello story-arc immaginato da Miéville. Bisogna però anche puntualizzare che Dial H, in molti momenti, è stato ostico, cervellotico e di non facile lettura. E questo volume a mio avviso risulterà incomprensibile a coloro che non hanno letto quelli precedenti. Negli ultimi tempi Roxie e Nelson avevano dovuto affrontare le macchinazioni dell’infido Centipede, villain dotato di superpoteri che intende impadronirsi del quadrante. E nel gioco è pure implicato l’Operatore Perduto che vuole comprendere la natura e gli scopi del manufatto.
Come se non bastasse, esistono altri quadranti con proprietà differenti da quello usato da Roxie e Nelson. Per giunta, in questa sequenza finale appaiono tanti strampalati supereroi provenienti da una pletora di realtà parallele e anticipo, senza spoilerare, che la situazione sarà caotica e pericolosa. Miéville dà una risposta a tutte le domande in sospeso ma la story-line rimane a tratti sperimentale e cerebrale. Dial H si conferma dunque valida e interessante ma il difetto che gli si può attribuire è proprio l’eccessiva cerebralità che potrebbe lasciare indifferente una parte consistente dei lettori (e negli Stati Uniti, in fondo, è accaduto esattamente questo).
Tuttavia, testi e dialoghi sono ben curati e i disegni dell’ottimo Alberto Ponticelli valorizzano l’opera nel complesso. Il penciler italiano rappresenta in maniera efficace ogni personaggio, dando il meglio di sé con gli assurdi supereroi partoriti dalla fervida e perversa mente di Miéville, con uno stile che è un azzeccato mix di realismo e grottesco. Nel tp è inoltre presente un episodio tratto dal n. 23.3 di Justice League, dedicato proprio ai bizzarri protagonisti di Dial H, da considerare come il vero e proprio epilogo del serial. Ai testi c’è sempre Miéville e ai disegni è impegnato un nutrito gruppo di disegnatori che fa dell’albo un tripudio grafico e visivo.
Tra essi segnalo lo psichedelico Brendan McCarthy, l’oscuro Jock, il suggestivo Frazer Irving, gli indie David Lapham e Jeff Lemire e i nostrani Ponticelli e Burchielli. Insomma, Dial H, nel bene e nel male, è stata una serie diversa dalle solite e questo è di per sé un particolare da accogliere con favore.