Unico indizio le scarpe da tennis: recensione
Pubblicato il 24 Aprile 2014 alle 11:30
Un fumetto per celebrare Enzo Jannacci ma soprattutto per portarci 50 anni indietro nel tempo!!
Unico indizio le scarpe da tennis
Autori: Davie Barzi, Marco Villa, Sergio Gerasi, Riccardo Nunziati
Editore: Renoir Comics
Genere: poliziesco
Formato: 14.8 x 21, brossurato, 160 pp, b/n
Provenienza: Italia
Prezzo: 14.90 euro
Renoir Comics porta in libreria un’opera originale di sua produzione (cosa non comune in Italia), e solo questo meriterebbe attenzione. Ma “Unico indizio le scarpe da tennis” è un fumetto che mi ha stupito da tutti i punti di vista, non solo quello editoriale.
Presentato a Cartoomics 2014, e vuole essere appunto un omaggio a Jannacci, scomparso proprio un anno fa. Partendo da una delle sue canzoni più famose, Davide Barzi costruisce una storia piena di vita e identità, che rimanda solo concettualmente al brano, realizzando così un omaggio creativo e non solo celebrativo. Il cantautore tra l’altro fa solo una breve comparsa nella storia, anche se sarà impossibile non notare il cameo.
Ma di cosa parla Unico indizio le scarpe da tennis? La storia può essere incasellata nel genere giallo/poliziesco anni ’70, anche se non bisogna aspettarsi tinte eccessivamente noir o cruente. La trama ruota attorno all’omicidio di un senza tetto, la cui unica caratteristica particolare sono proprio le scarpe del titolo. La polizia non sembra particolarmente interessata alla morte del vagabondo, eccetto il maresciallo Vincenzo Mantuano, che deciderà di condurre di fatto privatamente un’indagine sull’accaduto.
Indagine che lo porterà in giro per tutta Milano e dintorni, tra cantieri, palestre poco raccomandabili e case di “appuntamento”.
Ma la vicenda in se è in realtà solo secondaria, quello a contare in questa storia sono i personaggi ma soprattutto l’atmosfera. Mantuano incontrerà una serie di figure tipiche della Milano dell’epoca e dei racconti gialli, dal pugile ex sportivo fallito alla donna attraente ma sfuggevole, fino alla scrittrice di fotoromanzi Linda di Dante, non altrettanto avvenente ma sicuramente intelligente, caparbia e impavida.
Un insieme di figure spesso poco raccomandabili che ci aiuteranno perfettamente ad inserirci nell’atmosfera di quella Milano parecchio diversa da quella di oggi, anche a livello urbanistico.
Saranno infatti numerosi gli episodi di discriminazione verso il maresciallo, la cui unica colpevolezza è quella di venire dal meridione (e così era davvero in quei tempi a Milano, dove capeggiavano cartelli con la scritta” non si affitta ai meridionali”). Stiano tranquilli però i non residenti nella pianura padana, tutte le espressioni dialettali sono comprensibili o quanto meno spiegate.
Ma veniamo alla parte grafica, quella che davvero mi ha colpito di questo volume. I disegni in bianco e nero sono abbastanza curati e sicuramente espressivi, con buoni momenti di dinamicità anche senza osare particolarmente con la disposizione delle vignette. Quello che ho trovato geniale sono stati i numerosi espedienti meta-narrativi: il fumetto è inframezzato da locandine, libri, riviste, e soprattutto fotoromanzi che compaiono nella storia, gettandoci in una prospettiva decisamente immersiva. Ricordate I Racconti del Vascello Nero di Watchmen? Qui è lo stesso concetto, solo che qui possiamo direttamente leggere con i nostri occhi.
E proprio Moore ha sempre tentato, infatti, di rivalutare i fotoromanzi, che qui sono realizzati in maniera ottima e hanno una storia tutta particolare dietro. Un mezzo che inoltre ci fa immergere ancora di più nel periodo del racconto: erano infatti allora molto popolari pubblicazioni, in realtà abbastanza dozzinali, in quella forma.
E geniale è la scena del cinema con veri e propri fotogrammi, incollati alla tavola, di un ben noto attore comico italiano.
Un omaggio a Jannacci che ha colto in pieno lo spirito della canzone: quella di dare una dignità anche a chi sembra essere stato dimenticato dalla società intera. A rafforzare questo intento, è stata realizzata un’edizione limitata, a prezzo leggermente superiore, che è servita a finanziare la rivista Scarp de’tenis, realizzata proprio da persone senza fissa dimora.
Il volume merita sicuramente una seconda lettura, in cui sarà magari meno presi dalla trama e dal mistero di fondo, per apprezzare e notare il riuscitissimo lavoro di caratterizzazione del periodo svolto dagli autori.