Recensione Vertigo Pop Tokyo – Planeta DeAgostini
Pubblicato il 28 Settembre 2010 alle 13:33
Autori: Jonathan Vankin (testi), Seth Fisher (disegni)
Casa Editrice: Planeta De Agostini
Provenienza: USA
Prezzo: € 8, 95
Che i manga siano i fumetti ormai più popolari in ambito mondiale è un dato di fatto. Che dominino il mercato internazionale, a livello di vendite, pure. Per alcuni forse era prevedibile. Ma di certo non era prevedibile che i fumetti del Sol Levante riuscissero a penetrare nel comicdom statunitense, tradizionalmente restio a farsi ‘influenzare’ da stilemi stranieri. Ma, come sanno molti lettori, ora negli Stati Uniti i fumetti giapponesi hanno un loro seguito e, soprattutto, si sono messi in luce cartoonists americani che rivelano, nei loro disegni, un indiscutibile stile manga.
Pensiamo a Joe Madureira, tanto per fare qualche nome; o a Humberto Ramos. In un continuo gioco di interscambi artistici e culturali, non è raro poi vedere disegnatori giapponesi alle prese con i classici super-eroi a stelle e strisce. Ma ci sono anche operazioni diverse, più inclassificabili; ed è il caso della miniserie Vertigo Pop Tokyo, pubblicata in un volume da Planeta De Agostini. Menti di tale operazione sono Jonathan Vankin e Seth Fisher.
I due imbastiscono una specie di fumetto manga, anche se filtrato da suggestioni occidentali, dando vita a un interessante prodotto ibrido. Vertigo Pop Tokyo è la storia di un ragazzo americano, Steve, che ha mollato all’improvviso il suo paese natale, la ragazza e il lavoro, per trasferirsi a Tokyo, attratto dalla cultura ‘tecnologica’, dai manga e dalle ragazze giapponesi. Qui incontra Maki, una studentessa che impazzisce per un cantante, e, suo malgrado, si ritrova invischiato in una divertente vicenda di killer yakuza, ricatti e pericoli di vario tipo.
Dal punto di vista della trama, Vertigo Pop Tokyo si fa leggere con interesse, pur non essendo un capolavoro. Ci sono però forse troppi luoghi comuni relativi al Giappone: la yakuza, appunto; la tecnologia che invade ogni particolare della vita quotidiana; le bands visual key, stile tipico del rock giapponese; il razzismo nei confronti degli stranieri, o ‘gaijin’, che dir si voglia. Insomma, è come se Vankin avesse voluto presentare un catalogo dei cliché che gli occidentali attribuiscono alla società giapponese (benché pubblicizzati proprio dai manga).
Molto più intrigante è l’aspetto grafico di Vertigo Pop Tokyo. Il compianto Seth Fisher, morto suicida, è stato senz’altro uno dei talenti più anticonvenzionali del fumetto USA. Personalmente di suo ricordo alcuni episodi di Legends of the Dark Knight e soprattutto una miniserie Marvel dei Fantastici 4, disegnata in manga style, che suscitò un putiferio tra i lettori più tradizionalisti, soprattutto nel forum Panini. I disegni di Vertigo Pop Tokyo, pur ispirati ai manga, appunto, sono però meno estremi e trasgressivi della storia dei Fantastici 4 da me rammentata.
Inoltre, qui gli influssi manga sono commisti alle suggestioni dell’arte pop tipicamente americana. L’impatto è senza dubbio curioso e non è male nemmeno il lay-out delle pagine. Però, nel complesso, Vertigo Pop Tokyo, pur essendo un esperimento in sé non peregrino, ha il problema di essere un mix eccessivo di svariate ispirazioni. Diciamo che c’è troppa carne al fuoco. Di conseguenza, credo che l’amante dei comics americani non possa gradirlo più di tanto. Il fan dei manga, dal canto suo, potrebbe considerarlo troppo poco ‘giapponese’.
Nel complesso, quindi, Vertigo Pop Tokyo va considerato con prudenza e io per primo, sinceramente, dopo aver finito di leggere il volume, sento di dover esprimere più che altro perplessità.
Voto: 6