47 Ronin – Recensione
Pubblicato il 15 Marzo 2014 alle 11:00
Giappone feudale. Il giovane nippo-britannico Kai viene accolto dal benevolo Lord Naganori nel villaggio di Ako. A causa delle sue origini, Kai viene emarginato da Oishi, leader dei samurai locali, ma diviene comunque un abile guerriero e s’innamora della bella Mika, figlia del lord. Quando lo Shogun giunge in visita ad Ako, il suo maestro di cerimonie Kira, coadiuvato da un perfida strega, riesce a prendere il potere con l’inganno. Kai e Oishi dovranno unire le forze e radunare altri ronin per ottenere la loro vendetta.
47 Ronin
Titolo originale: 47 Ronin
Genere: Azione, avventura, fantasy
Regia: Carl Rinsch
Interpreti: Keanu Reeves, Hiroyuki Sanada, Ko Shibasaki, Tadanobu Asano, Min Tanaka
Provenienza: USA
Durata: 118 min.
Casa di produzione: H2F Entertainment, Mid Atlantic Films, MPC,
Distribuzione (Italia): Universal Pictures
Data di uscita: 25 dicembre 2013 (USA), 13 marzo 2014 (Italia)
Subito dopo 300 – L’Alba di un Impero giunge nelle sale italiane 47 Ronin. I due film non hanno in comune solo il numero dei guerrieri presente nel titolo ma sono entrambi la rilettura in chiave fantasy di una battaglia storica. Con un budget di 175 milioni di dollari, il regista esordiente Carl Rinsch si cimenta quindi con l’epopea dei 47 guerrieri che, nel 1703, affrontarono Lord Kira per vendicare la morte del loro daimyo.
Oltre a concedersi alcune licenze narrative, perlopiù inutili, gli sceneggiatori cercano di rendere la vicenda più appetibile al pubblico occidentale inventandosi un protagonista nippo-britannico interpretato da Keanu Reeves che denota una back-story banale e scarsamente approfondita. Per il resto, il cast è composto totalmente da attori giapponesi tra cui spiccano alcuni volti noti come Hiroyuki Sanada (L’Ultimo Samurai e Wolverine – L’immortale), Tadanobu Asano (Hogun nei due Thor), Cary-Hiroyuki Tagawa (Shang Tsung in Mortal Kombat) e la bella Rinko Kikuchi (Pacific Rim) nel ruolo della strega.
Il canovaccio è quello ormai risaputo, sullo stile di The Avengers, che vede i protagonisti superare il reciproco astio per unire le forze contro il nemico comune. In questo caso si tratta di Kai e del capo samurai Oishi separati dalle differenti origini. I risvolti sono scontati e l’approfondimento degli altri 45 ronin è pressoché nullo. Anche la relazione sentimentale tra Kai e la bella figlia del Daimyo, che finisce immancabilmente preda delle brame del cattivo, è quanto di più convenzionale si potesse tirar fuori.
Il film è strutturato malissimo. Il regista si prende 45 minuti per descrivere l’antefatto e l’avventura dei ronin comincia molto tardi. Non c’è quindi tempo e spazio per tracciare le dinamiche interne al gruppo né per esplorare tematiche fondamentali insite nel codice d’onore del samurai. L’elemento fantasy è spinto dentro a forza sostenuto da effetti digitali di quart’ordine. Occhio all’invincibile Samurai “Lovecraftiano” che ricorderà il Silver Samurai di Wolverine – L’Immortale.
La storia leggendaria dei 47 Ronin, pietra miliare della cultura epica giapponese, viene banalizzata e piegata alle esigenze commerciali dell’industria cinematografica hollywoodiana. Un prodotto senza nerbo congegnato in maniera sgraziata e sviluppata con totale assenza di idee. Vuol essere un po’ chambara, un po’ wuxiapian, ma finisce per essere solo un noioso pasticcio.